Tornano in Italia 5mila reperti rubati, un tesoro archeologico da 50 milioni

Tornano in Italia 5mila reperti rubati, un tesoro archeologico da 50 milioni
di Laura Larcan
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Martedì 20 Gennaio 2015, 10:22 - Ultimo aggiornamento: 11:39
Prima che scoppiasse il fenomeno della fuga dei cervelli all’estero, c’è stata un’altra grande fuga oltralpe: quella dei capolavori d’arte italiani. Ma non certo per scelta loro. Sono rimasti fuori confine per decenni, trascinati nelle trame di mercati illeciti, frutto di scavi clandestini in Italia, veicolati da trafficanti di opere d’arte senza scrupoli che gestivano la rete di tombaroli fidati, dalla Puglia, alla Sicilia al Lazio. Ma a volte ritornano. Un tesoro d’arte antica del valore di 50 milioni di euro è appena sbarcato a Roma, custodito a vista nei caveau del Museo nazionale romano delle Terme di Diocleziano. Si tratta di un repertorio mozzafiato di ben 5mila reperti archeologici, tutti trafugati dal territorio italiano a partire dagli anni ’80 del secolo scorso. Riportati a casa grazie ad una complessa indagine e vicenda giudiziaria internazionale condotta dal Comando dei carabinieri Tutela patrimonio culturale, dove la stessa Fbi aveva messo le mani.



Un patrimonio mai svelato prima, "talmente imponente che i depositi del Comando dei Carabinieri non riusciva a contenerlo tutto", come qualcuno si lascia sfuggire. E che sarà illustrato per la prima volta mercoledì 21 gennaio alle Terme di Diocleziano alla presenza del ministro per i Beni culturali Dario Franceschini. Un tesoro che è rimasto a lungo nascosto in Svizzera, chiuso in cinque magazzini, finalmente confiscati dalle forze dell’odine dopo una lunga trattativa burocratica. Magazzini che rimanderebbero ai traffici di un noto mercante d’arte originario di Castelvetrano, con il quartier generale in una galleria d’antiquariato di Basilea.



Caso emblematico delle traversie di questo tesoro italiano, è la vicenda di una straordinaria “Pelike Apula”, il tipico vaso dipinto a figure rosse (utilizzato come contenitore di liquidi, con imboccatura larga e profilo continuo e con il massimo diametro del corpo in prossimità del piede). I Carabinieri sono riusciti a ricostruire la storia di questo reperto, trafugato da uno dei tombaroli più conosciuti della Puglia, che ha poi “venduto” l'opera (o sarebbe il caso di dire "svenduto") al mercante d’arte il 5 marzo del 1988 per 25mila lire dell’epoca (come testimonia una ricevuta di pagamento).



La Pelike “sparirà” subito in Svizzera. Sarà intercettata solo nel 2013 dai Carabinieri, dopo aver fatto la sua comparsa sul catalogo dei lotti da mandare all’asta nella sede di Christie’s a New York. Pulita, restaurata, immessa nel mercato. Prezzo base d’asta di 12mila dollari. Riconosciuta dagli agenti, sono scattate le verifiche. Dalla documentazione della casa d’aste emerge una provenienza da una collezione privata canadese. Origine del tutto falsa. La "Pelike Apula" diventa manifesto del percorso tipo delle opere rubate dall'Italia. Prima che il martelletto battesse l’aggiudicazione, il vaso è stato sequestrato dai Carabinieri. E ora rientra a casa. In mostra alle Terme di Diocleziano.