Addio a Tonino Caputo il pittore di paesi e città

Addio a Tonino Caputo il pittore di paesi e città
di Claudia PRESICCE
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Venerdì 6 Agosto 2021, 05:00

Quando pensavi di conoscerlo e di sapere tutto della sua vita artistica, di viaggiatore affamato di mondo, delle sue amicizie con personaggi che hanno fatto la storia del Novecento (italiano e internazionale), ecco che Tonino Caputo tirava fuori dai ricordi, come se niente fosse, una nuova incredibile storia vissuta dall’altra parte dell’oceano tanti anni fa. Quando, ad esempio, nell’ultimo giorno di una mostra americana arrivò quel collezionista che comprò tutte le tele e, non sapendo come fare con i tanti contanti ricevuti, li aveva distribuiti tra giacche, cappottini e borse di moglie e bambine per non dare nell’occhio in aeroporto rientrando in Italia.

Gli incontri "importanti"

Dal nulla, durante una conversazione con lui, spuntavano celeberrimi artisti con cui aveva esposto in collettive nel mondo, oppure galleristi, attori, registi, autori che hanno “inventato” la Rai e giornalisti, persone con cui aveva: lavorato, viaggiato oppure cenato dal “fasolaro” vicino a via del Babbuino a Roma (come un giovanissimo Domenico Modugno), o in qualche bettola di Trastevere con gli incassi di uno spettacolo, o, anni dopo, nella sua villa in campagna alle porte di Roma dove era stato felice nel periodo dell’agiatezza delle vendite con Telemarketing. 

Anche dalla sua stanzetta di universitario a Roma erano passati tutti, soprattutto i “fuori Lecce” come diceva lui, chi cioè dal Salento si avventurava nella capitale. Tra i tanti, a lungo Tonino aveva ospitato un tal Bene Carmelo da Campi Salentina con cui aveva condiviso mille avventure. Con Tonino c’erano nuove narrazioni ogni giorno, ed era difficile davvero poter parlare di altro se non della sua incredibile avventura umana, cominciata nella sua Lecce nel 1933. Parlava senza freni se capiva che aveva di fronte qualcuno in grado di ascoltarlo... 

La malattia e la scomparsa

Ieri se n’è andato con tutto il suo carico di disegni nella testa e di storie da raccontare: il pittore nomade è morto a Lecce dove era tornato esattamente un anno fa, per trascorrere le sue ultime stagioni. Sapeva di essere malato, ma progettava mostre e dipingeva ogni giorno. Pennelli in mano senza sosta dalla mattina alla sera, nella sua stanza studio della casa leccese dove, con la moglie Maureen Walsh, era andato ad abitare. Stava nei pressi di Porta Rudiae, vicino ai luoghi in cui tutto era cominciato quasi 70 anni prima. Era tra quelle stradine infatti che abitavano due tipi un po’ allampanati, tali Antonio Massari ed Edoardo De Candia, e lì alla fine degli anni Quaranta col compagno del Liceo De Giorgi Ugo Tapparini, il quindicenne Tonino era andato a cercare quei ragazzetti abbastanza scapestrati per essere reclutati per il famoso progetto dei cartoni animati, che avrebbe dato vita al gruppo di artisti di cui si sarebbe presto e a lungo parlato. 

Il rammarico più grande è che Tonino se ne sia andato con il sogno nel cuore di una mostra istituzionale insieme a Lecce, con tutti e quattro gli amici di una vita “finché ancora almeno io e Massari siamo vivi – ripeteva come un mantra, inascoltato dalle istituzioni che ora speriamo che lo celebreranno – e magari mettiamo anche qualcosa di Carmelo (Bene; ndr)”. 

Non è stato un caso se a Lecce nel luglio 2020 ha scelto di andare a vivere proprio nella piccola palazzina dove già abitavano il suo amico di sempre Massari e, un piano sopra, il figlio di Tapparini, Vittorio con cui in quest’ultimo anno spesso progettava cose da fare, scrivere, disegnare. Non c’è stato più il tempo però. Andato a Roma nei mesi scorsi per controlli medici, Tonino era tornato con il Covid. Da lì tante tribolazioni e trasferimenti tra ospedali (indegni per un anziano signore alla fine), poi una casa di cura e poi niente, a casa non è più tornato. Maureen e le figlie Tracy e Chiara, rispettando le sue volontà, presto daranno notizia della cremazione. 

I viaggi intorno al mondo

È vero che Tonino Caputo era legatissimo a Lecce, ma la storia della sua vita in realtà va molto lontano. Era partito da qui dopo il liceo “con la scusa dell’università a Roma, Architettura, sapendo di non voler studiare, ma dipingere – diceva – era una copertura per evadere, e nel ’55 la mia prima mostra importante a Roma con nomi come Burri, D’Orazio ecc mi incoraggiò a proseguire”. 

Da lì casa a Montesacro a Roma (dove si è spesso riunito il gruppo dei quattro) e poi i viaggi e la permanenza fuori dall’Italia: del ’65 è la prima mostra a Parigi cui ne seguirono altre europee. Il critico Fortunato Bellonzi lo definì ‘neo metafisico’, e per Tonino lui fu come un padre. Ma c’è stato di mezzo anche il giornalismo nelle sue mille vite: “Vladimiro Greco, con cui Tapparini lavorava al Borghese, introdusse me e lui nel ‘57 al “Pensiero Nazionale”, un giornale dell’Eni di Mattei. E poi da Rossana Rossanda ci facemmo finanziare “Nuovi racconti italiani” di cui uscì solo un numero con le nostre firme insieme a Piero Manzoni nostro amico. A Lecce negli anni Settanta con “Cooperazione Sud”, settimanale diretto da Raffaele Beli, facemmo una guerra spietata ai brogli delle case popolari e scoppiò uno scandalo”, spiegava. 

Ma la pittura diventò presto l’unica occupazione. Approdato a New York nell’82, quella fu la sua seconda casa per 30 anni: lo studio sempre aperto a Manhattan dove volava da Roma sei mesi all’anno e dove sono nati la maggior parte degli scorci dei suoi ponti rossi newyorchesi che hanno girato il mondo come lui.

E, come lui, non si fermeranno qui.

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