Tim Burton: «Dumbo mi somiglia: vince con i suoi difetti»

Tim Burton: «Dumbo mi somiglia: vince con i suoi difetti»
di Francesca SCORCUCCHI
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Lunedì 25 Marzo 2019, 21:34
Sull'onda delle trasposizioni cinematografiche in live action che Disney sta compiendo da qualche anno a questa parte dei suoi capolavori cinematografici arriva al cinema, il 28 marzo Dumbo, con una firma importante alla regia: Tim Burton. Dopo Cenerentola, Il libro della giungla e La bella e la bestia, è ora infatti il turno dell'elefantino dalle lunghe orecchie che fu uno dei primi film di animazione della casa di Topolino, datato 1941. E non è tuto, già annunciato da un trailer il prossimo film Disney live action tratto da animazione del passato sarà Aladdin, con Will Smith.
Tim Burton è un outsider a Hollywood, autore di lungometraggi più artistici che commerciali, e dunque non poteva esserci firma migliore per un film che celebra un outsider: «Dumbo mi somiglia - ha ammesso Burton durante la conferenza stampa di promozione del film - ho amato fin da subito l'idea di raccontare un protagonista che non si sente a proprio agio nel mondo, che deve combattere per essere accettato ma che alla fine riesce a trasformare a proprio vantaggio il suo peggior difetto».
Le moderne tecniche di Cgi, computer graphic animation, fanno la magia: Dumbo si muove (e lo fa volando leggiadro) in mezzo a Colin Farrell, Eva Green e a due vecchie conoscenze di Burton, Danny De Vito e Michael Keaton che tornano a lavorare insieme al regista di Burbank a 17 anni da Batman return. «Quando Burton mi ha chiamato a far parte del cast - spiega De Vito - Michael Keaton era già della partita ed è stata questa una delle ragioni per cui ho detto di sì».
Questa volta, però, i due attori giocano a parti invertite. Michael Keaton, indimenticato Batman nella saga di Burton, ora interpreta il villain, il perfido Mr.Vandevere. De Vito che era il diabolico Penguin nel film del '92, è ora l'eroe positivo, il proprietario del piccolo e sgangherato circo Medici, e si trova dunque a capo di una famiglia allargata fatta di eroi di serie b: c'è una sirena obesa, un forzuto che solleva pesi di latta e c'è Colin Farrell, padre e soldato di ritorno dalla guerra senza un braccio. «Anche il mio personaggio, vedovo, con due bambini a carico, menomato dalla guerra, cerca un posto nel mondo, esattamente come Dumbo», dice l'attore irlandese.
La storia del Dumbo di Burton si dipana fra l'adattamento del film del '41 e una coda che fa da sequel all'originale e che racconta del ricco Mr.Vandevere che mette gli occhi sull'elefantino volante e cerca di portarlo fra le attrazioni del suo parco giochi e di farlo esibire insieme alla sua stella, Colette (Eva Green) acrobata in grado di volare quasi quanto Dumbo. «E pensare che ho sempre avuto paura delle altezze - commenta l'attrice - ho sempre sofferto di vertigini. Ora, grazie a Tim Burton ho vinto le mie paure. Come ho fatto? Ho iniziato a piccoli passi, librandomi prima a pochi metri d'altezza e poi andando sempre più in alto. Se vinci la paura, da lassù riesci ad avere una sensazione di libertà incredibile».
Della storia originale il regista di Edward Manidiforbice e Nightmare before Christmas, ma anche di Alice in Wonderland, conserva la brutale separazione dell'elefantino dalla madre. Una storia che in molti ha ricordato la triste vicenda dell'allontanamento dei bambini dagli adulti immigrati, al confine con il Messico, separazione forzata messa in atto dall'amministrazione Trump e avvenuta la scorsa estate: 2000 furono i bambini coivolti, molti dei quali aspettano ancora oggi di essere riuniti alla famiglia. «Sì, ho pensato a quella storia mentre giravo il film - ha confermato Burton - fa parte della mia rappresentazione, ma in una maniera molto semplice e spirituale. Sento le notizie, cosa succede nel mondo, e questo ha un impatto nei miei film, ma la trasposizione non è mai letterale. È una favola, e le favole parlano della natura delle cose che sono intorno a noi. Le favole toccano certi argomenti senza che siano necessariamente strappate dagli avvenimenti del giorno».
Per De Vito la scena ha più a che fare con l'originale d'animazione che con la cronaca americana contemporantea: «Anche il capolavoro del 1941 parlava di una separazione forzata fra madre e figlio, quindi il riferimento non è necessariamente legato a quell'orribile, disgraziato fatto di cronaca». Keaton però sottolinea quanto importante sia continuare a parlare di certi argomenti: «Per favore, continuate a parlarne, non dimentichiamoci di quella vicenda perché quello che è successo è criminale e crudele e merita la nostra viva attenzione».
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