Taranta, parte l'appello alla Regione: «Spettacolo mercificato»

Taranta, parte l'appello alla Regione: «Spettacolo mercificato»
di Alessandra LUPO
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Martedì 28 Settembre 2021, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 08:28

Questa volta non si tratta della solita scia di polemiche che segue il concertone, dividendo il pubblico tra delusi ed entusiasti dalle sorti della Notte della Taranta. E sul tavolo non ci sono solo il rispetto della tradizione, auspicato da quelli che un tempo si chiamavano “puristi” contro la sperimentazione instancabile e le concessioni al pop che negli anni hanno permesso alla Taranta di farsi conoscere ben oltre i confini della world music. Questa volta in ballo ci sono la funzione stessa della Fondazione e la sua gestione. In una lunga e dettagliata lettera appello inviata alla Regione Puglia, che non solo fa parte del Cda ma finanzia in buona parte l’evento, una serie di studiosi tra cui diversi “ex” della Taranta (più altri semplici cittadini) puntano ferocemente il dito sulla “Notte”, alla luce di quella che viene definita “la deriva commerciale e televisiva” del Concertone negli ultimi anni. Una “deriva” a loro dire cominciata ben prima della pandemia, dalla famosa ospitata della showgirl Belen Rodriguez e Stefano De Martino, narratori del concertone in diretta Tv nel 2019. Tra i firmatari del documento, indirizzato al presidente Michele Emiliano ma anche all’assessore alla Cultura Massimo Bray che della Fondazione è stato presidente prima di Massimo Manera, figurano un nutrito gruppo di studiosi tra cui l’ex presidente del comitato scientifico Sandro Cappelletto, che all’epoca venne chiamato proprio da Bray, lo studioso di tarantismo Vincenzo Santoro, il docente universitario Andrea Carlino, l’attore Brizio Montinaro e una sfilza di operatori del settore come i musicisti Lele Marchitelli, Alfio Antico, Nandu Popu dei Sud Sound System, la danzatrice Maristella Martella, il regista Don Pasta e tanti altri. Alcuni di loro un tempo vicini alla Taranta ma che oggi non si riconoscono più nel progetto della Fondazione e chiedono chiarezza su quello che sta accadendo all’ombra del Convento degli Agostiniani di Melpignano. 

Le critiche nella lettera: deriva pop


«Nelle serate del 28 agosto e del 4 settembre scorsi - scrivono -, la deriva commerciale e televisiva della Notte della taranta ha segnato forse il punto più basso nel baratro della mercificazione e dello snaturamento della cultura immateriale salentina, suscitando una indignazione ampia e trasversale, anche per i risultati in termini musicali, troppo legati ai modelli del pop televisivo e di bassa qualità.

La Notte della Taranta - proseguono - è stata in breve colonizzata (in senso proprio) dalla RAI, che la smercia riattivando, forse inconsapevolmente, un folklorismo paternalista e macchiettistico nei confronti del Sud». La “logica dell’evento” e “l’esclusiva ricerca di visibilità” senza un lavoro culturale più vasto avrebbero creato «un profondo snaturamento e svilimento del “patrimonio” che si vorrebbe “valorizzare”». 

I dubbi sul contratto Rai


Per questo i firmatari della lettera chiamano in causa la Regione, che destina un cospicuo budget all’evento, per chiedere anzitutto una maggiore trasparenza sugli accordi che la Fondazione ha stretto con la Rai, sia in termini di diritti d’autore e accordi con i discografici sia sulla scelta dei maestri concertatori di quest’anno (Madame ed Enrico Melozzi, entrambi freschi di partecipazione a Sanremo).
I firmatari dell’appello chiedono a Emiliano e Bray se ritengono che La Fondazione, oltre a creare occasioni di spettacolo, stia perseguendolo lo scopo per cui è nata, lavorando alla difesa delle tradizioni e della cultura popolare (ad esempio portando a termine la biblioteca e l’archivio sonoro e visivo di cui si parla da anni). 

Lo statuto e il comitato scientifico mancante


Su questo piano, infatti, la lettera sottolinea che nell’organigramma della Fondazione, a dispetto di quanto previsto dallo statuto, manca del tutto il Consiglio Scientifico (da cui si dimise anche l’antropologo Eugenio Imbriani). Per questo i firmatari chiedono che la Regione «apra un tavolo di discussione sulle “promesse tradite” delle istituzioni pubbliche rispetto a un movimento culturale nato dal basso» e avanzano alcune proposte concrete: dalla modifica dello Statuto della Fondazione, «che preveda esplicitamente una percentuale minima del bilancio annuale (ad esempio il 30%) da destinare a progetti culturali che non siano il Concertone e il relativo festival». La lettera auspica anche la ricostruzione di un Comitato Scientifico «autorevole e messo in condizione di svolgere dignitosamente i propri compiti». Per quanto riguarda il Festival poi si chiede «una maggiore autonomia fra il management culturale e gli organi di indirizzo politico (che di fatto - scrivono - ora gestiscono la totalità dell’evento). Probabilmente anche in questo caso potrebbe essere utile una revisione statutaria che dichiari l’incompatibilità fra cariche elettive ed appartenenza agli organi della Fondazione». Un tasto quest’ultimo piuttosto dolente, che in passato ha creato diverse rotture. 
L’appello alla Regione è decisamente circostanziato, insomma. Chi scrive dimostra di conoscere bene le maglie della Fondazione e la fitta trama di rapporti tra il mondo della politica e quello della cultura che nel corso di oltre un ventennio hanno visto nascere e trasformarsi l’evento fino a diventare la realtà di oggi. Una realtà di portata enorme, punto di riferimento irrinunciabile per il territorio, sopravvissuta a duri colpi e a numerosi allontanamenti, basti pensare allo storico “divorzio” dal suo creatore Sergio Blasi. E al raffreddarsi dei rapporti con vari artisti diventati nel tempo sempre più critici. 

La trasformazione in pandemia


Negli ultimi anni poi la Taranta ha dovuto fare i conti con qualcosa di molto meno suggestivo del tarantismo, costringendosi a rinunciare al suo pubblico a causa della pandemia. Messo da parte il format consolidato, che lavava via le polemiche con il catartico bagno di folla finale ha dovuto rifugiandosi nell’unica realtà possibile: lo show televisivo - con i suoi modi e i suoi tempi necessariamente imposti - andato in onda lo scorso 4 settembre. Una scelta obbligata, certo, così come quella di affidarsi a un cavallo di razza come Al Bano per tenere in piedi il tutto con ottimi risultati in termini di ascolti. Tuttavia nella lettera si chiede un deciso passo indietro riportando la Taranta a essere «un luogo di incontro della vasta comunità di appassionati della musica popolare salentina. Senza trascurare, nel disegno dello spettacolo, nella scelta del maestro concertatore e degli ospiti, un più alto standard qualitativo e una attenzione particolare alle “musiche del mondo”» .
Dalla Fondazione per ora nessuna replica. I destinatari della lettera, d’altronde, sono Michele Emiliano e Massimo Bray. Ed è a loro che spetterà decidere se recepire l’appello e aprire un confronto oppure difendere l’operato della Fondazione dalle bordate esterne aspettando che la bufera passi. Almeno per quest’anno.

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