Cotroneo: «A Lecce sfida persa per mancanza di visione»

Cotroneo: «A Lecce sfida persa per mancanza di visione»
di Alessandra LUPO
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Domenica 20 Gennaio 2019, 10:43 - Ultimo aggiornamento: 10:46

«Lecce non è Parigi né Francoforte ma ha una sua identità culturale. Dovrebbe fare un bagno d'umiltà e cominciare a lavorare in modo più strutturale. Avere un'altra visione di sé».
La critica è severa ma non arcigna e arriva dallo scrittore Roberto Cotroneo, salentino d'adozione e spesso impegnato in un dialogo con il territorio al di là delle tentazioni retoriche. Nel 2018 con il memoir Niente di personale (La nave di Teseo) Cotroneo ha ancora una volta confermato la sua preziosa profondità di osservazione, anche sulle cose care.
Con la cerimonia di ieri comincia l'anno di Matera capitale europea della cultura, come giudica questa opportunità per una città del Sud?
«Sono ovviamente molto contento per Matera e credo che sia una grande possibilità per la Basilicata, una carta certamente importante. Sono anche campanilista, però, è ovvio che avrei preferito che vincesse Lecce, ma lo ha fatto Matera, quindi - come si dice - viva Matera!».
Crede che questa opportunità avrà in qualche modo un effetto positivo sul resto del Sud?
«Ormai sono anni che ogni iniziativa sembra che possa mettere il Mezzogiorno al centro del discorso, in questo caso sulla cultura. Ma io non credo che sia così e vorrei che questa sorta di eventismo smettesse una volta per tutte».
Crede che una volta passata la festa poi tornerà tutto come prima?
«Matera è sempre stata molto svantaggiata in materia di infrastrutture: arrivarci è un viaggio della speranza. Invece di fare i fuochi d'artificio per un anno bisognerebbe pensare investimenti seri: musei, accessibilità, cultura locale. Tutto meno spettacolare forse ma nessuno può pensare che un evento, per quanto ben pensato, cambi davvero il futuro di un luogo e della sua gente: senza opere strutturali che restino alla comunità e non solo su pagine di giornale non c'è vero sviluppo».
Impossibile non tornare con la mente alla candidatura di Lecce, che pure passò la prima selezione. Che cosa le mancò per farcela?
«Probabilmente si è dato importanza a cose futili. Il Salento non è solo pizziche, enogastronomia e tarallini. Lecce è una città di straordinaria ricchezza artistica e di cultura profonda. Una città che può dare molto. Ma non è il centro del mondo, è una città lontana da tutto e che ha bisogno di un bagno di umiltà per ripartire da quello che realmente è».
Una città di provincia?
«Sì, ma con potenzialità enormi: tra le città di provincia del Sud Lecce ha un ruolo importante ma non è Roma, né Parigi, né Francoforte. Se i leccesi ne prendessero atto ci si lavorerebbe molto meglio».
A cosa crede che sia dovuta questa percezione da parte dei salentini?
«Credo che faccia parte della storia di isolamento del territorio che da una parte ne ha rafforzato l'identità, permettendogli di sviluppare un proprio clima, una sua cultura affascinante. Dall'altra gli ha impedito di mettere a fuoco alcune cose. Non basta atteggiarsi a Firenze del Sud come la si è sempre ritenuta: Lecce non lo è deve sapersi mettere in gioco basandosi sulle proprie reali caratteristiche. È necessario rimboccarsi le maniche e lavorare con serietà, solo così Lecce potrà diventare una città interessante a molti livelli».
Da cosa occorre partire secondo lei?
«Devo dire che negli ultimi tempi, con il governo cittadino di Carlo Salvemini, ho visto la prospettiva culturale della città mutare. Adesso si tratta di lavorare in maniera ragionata a uno sviluppo cultuale solido e non per l'apparenza che si vuole dare a chi arriva».
La lezione crede che sia servita?
«Voglio sperare che se ci sarà un'altra occasione Lecce sarà pronta a prendersi la sua chance».

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