La Storia in riva al mare a Santa Maria al Bagno

La Storia in riva al mare a Santa Maria al Bagno
di Claudia PRESICCE
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Martedì 5 Ottobre 2021, 05:00

Pensare ai milioni di profughi scampati alla persecuzione nazifascista quando ormai erano stati strappati alle proprie case, fu negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale un problema che si pose sul banco della politica, degli alleati soprattutto. E furono proprio quegli anni Quaranta del ‘900 che videro passare i progetti della storia da un territorio antico e defilato, un nucleo poco abitato affacciato sullo Ionio dove il riverbero del sole ogni giorno sul mare al tramonto stordisce anche i meno romantici. “Santa Maria al Bagno e l’accoglienza ai profughi ebrei” di Paolo Pisacane e Marcello Gaballo, con interventi di Salvatore Inguscio, Emanuela Rossi e Alfredo Sanasi e l’introduzione di Giancarlo Vallone, è un corposo libro (anche carico di immagini d’epoca) che ricostruisce le tante facce storiche della marina neretina. Ma soprattutto riprende il filo spezzato con la storia recente di Santa Maria al Bagno, Santa Caterina, Cenate e Mondonuovo quando dall’aeroporto Palese di Bari già nel ’43 arrivarono prima i soldati inglesi e americani, e subito dopo intere famiglie di profughi in fuga dalla furia nazifascista.

Quella notte del Natale del 1943

Era la notte di antivigilia del Natale del ’43 quando arrivarono i primi slavi, ebrei provenienti dalla Jugoslavia, e inizialmente non fu una convivenza facile, tra sgomberi e case occupate, con oltre duemila presenze sempre in crescita. Fino al ‘45 gli arrivi furono continui e tutta la zona con un grande campo profughi (con campi di addestramento e anche di calcio), vide la vita cambiare, mentre lentamente tornavano dal fronte i soldati salentini. È così che pian piano la storia di queste convivenze divenne storia di incontri, di uomini e di donne come Hermann e Giulia, che nel libro vengono ricordati, tra tumulti, amicizie e amori, vere avventure di arrivi e partenze per la lontana Palestina (dove nel ’48 sarebbe nato Istraele) che movimentarono il piccolo borgo di pescatori e che oggi trovano una narrazione nel Museo della Memoria e dell’Accoglienza.

Ma gli strati della storia sui quali si affastellano le varie epoche di questa costa spalancata sul mare Ionio sono davvero cornucopie di vicende e accadimenti che vanno ormai sbiadendo. A guardarla oggi infatti Santa Maria nella sua veste rinnovata di ospite di vacanzieri, di mercatini, di locali e attrazioni turistiche (che si riavvolgono con la stagione invernale), appare meno incline alla riflessione sulla sua storia (o piuttosto lo è forse chi la amministra). Il substrato storico culturale su cui è poggiata, sembra considerato marginale: restano pochi ricordi attaccati ai “ruderi” e un museo della Memoria poco valorizzato, e tutta la storia riposa sepolta e stordita dai karaoke estivi.

Una storia che parte da molto lontano

Questo libro invece parte da lontano, dai messaggi nelle pietre dei reperti di epoca neolitica, dalla grotta del Fico che unisce il passato della calcarenite miocenica che l’ha “costruita” con il presente, perché era usata come rifugio antiaereo durante la seconda guerra mondiale (come spiegano Rossi e Inguscio nel loro saggio, e riprende poi Pisacane nella ricostruzione della storia che precede il dopoguerra). 

Proseguendo tra le pagine, Sanasi aggiunge analitici tasselli sulla storia romana di Nardò, un capitolo ancora da analizzare fino in fondo. L’antica Neretum, municipio romano secondo la storia scritta da Plinio, con la sua probabile “colonia” vicina al mare, l’emporium marittimo Nauna compare al centro di un articolato studio. I tanti reperti ritrovati nel tempo a Santa Maria al Bagno fanno pensare che si possa identificare proprio in questa insenatura l’antico porticciolo romano della bella Neretum. Gli studi sulle tracce dei cavalieri teutonici, qui poi intessuti da Gaballo, portano direttamente all’analisi della remota masseria Fiume, di cui viene ricostruita la lunga e composita storia con i suoi riflessi anche molto lontani da qui. Era posta a Sud a circa 700 metri dalle Quattro Colonne verso le ultime Serre Salentine, e oggi è sepolta tra abitazioni “irrispettose” del paesaggio e restauri selvaggi. In pratica si intravede poco più della torre con le caditoie, ma è noto che è riconducibile all’abbazia di Santa Maria Theotonicorum sulla quale è stata costruita.

Parlando di una località protesa sul mare salentino non si poteva non parlare poi della storia della difesa organizzata con le torri costiere, anche visto che a Santa Maria resta il più singolare esempio.

Della seicentesca Torre del Fiume, oggi chiamata Quattro Colonne “per le caratteristiche torrette angolari del fortilizio crollato nella sua parte centrale”, se non si conosce l’esatto momento del cedimento interno, si sa però che sin dal primo cantiere è stata motivo di discordie. Analizzata la rinascita di Santa Maria al Bagno nel corso del 1800 e l’arrivo dei villeggianti già verso la fine del secolo, nel suo saggio ricco di immagini del tempo, Pisacane ricostruisce la storia delle famiglie che abitarono per prime stabilmente in questi luoghi, dei pescatori che crearono una certa economia, dei primi lavori di urbanizzazione e della necessità di viabilità migliore per i traini. Se la Prima Guerra mondiale frenò lo sviluppo del paesino ionico, il primo dopoguerra restituì nuovo fermento. 

«A Santa Maria ci si reca non solo per il mare – scrive Pisacane ricostruendo quel tempo – ma anche per curare alcune malattie broncopolmonari, ma anche reumatismi e artrosi, con i cosiddetti bagni di sabbia». Ma non solo: «Altra importante peculiarità di Santa Maria sono le acque diuretiche delle sorgenti delle Quattro Colonne – aggiunge – moltissime persone, anche dai paesi vicini, con bottiglioni, taniche e damigiane, anche d’inverno, raggiungono, con qualsiasi mezzo, le sorgenti per fare scorta della preziosa acqua».

Ecco gli anni dello stabilimento balneare dei Pisacane, del caffè ristorante Sammartino, della Speziera Luceri (e di tanti altre botteghe o ristori): fu il trionfo dei camerini in muratura per fare il bagno, delle prime signore in costume e del Circolo delle due Marine che vide pure l’arrivo della luce elettrica. Durante gli scavi per l’acquedotto poi, negli anni Trenta, andarono emergendo reperti archeologici di sicuro valore che però vennero per lo più distrutti per non interrompere i lavori.

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