Regine, sante, nobile: le donne salentine raccontate in un prezioso volume, in edicola con Quotidiano

Regine, sante, nobile: le donne salentine raccontate in un prezioso volume, in edicola con Quotidiano
di Eleonora Leila MOSCARA
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Mercoledì 2 Marzo 2022, 16:36 - Ultimo aggiornamento: 16:49

Il Salento storico visto da un punto di vista prettamente femminile, quello descritto nel libro a cura della professoressa Rosanna Basso dal titolo: “Salentine. Regine, sante, nobili, borghesi e popolane. Una terra, cento storie” edito nella sua seconda ristampa da Grifo e in vendita in abbinamento con il Quotidiano a partire da venerdì prossimo (9,90 euro più il prezzo del giornale).

Le cento donne che cambiarono La terra d'Otranto


Il libro racconta e custodisce con orgoglio la storia di cento donne salentine che hanno contribuito a plasmare la fisionomia del Salento nel corso dei secoli. Donne che oggi abbiamo l'opportunità di conoscere, grazie all'impegno e alla passione di Rosanna Basso, ex professoressa di Storia contemporanea dell'Università del Salento: «Quando ho intrapreso questi studi, per me è stato importante guardarmi indietro - racconta -. Ai miei tempi si diceva che era importante costruire una genealogia femminile, avere delle figure di riferimento positive, si diceva anche che la storia fosse fatta di papi, sovrani e condottieri, figure tipicamente maschili. Le donne in realtà non c'erano, e questa ricerca mi ha dato la possibilità di percepire il genere femminile anche nel presente. Per le giovani generazioni questa uniformità del passato è quasi inconcepibile, le bambine, le ragazze e le giovani donne hanno modelli di riferimento diversi e non credo si percepiscano più come intruse nel mondo».


Il libro ripercorre la storia e l'evoluzione secolare della società di Terra d'Otranto attraverso il racconto di donne che hanno retto le sorti di un regno, della pietà feconda di monache e di laiche devote, di pioniere nel campo dell'arte, di pasionarie e di lavoratrici della terra e della fabbrica e molto altro. Regine ma anche sante, nobili, borghesi e popolane delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, di cui la professoressa Basso in collaborazione con accademici e studiosi, traccia magistralmente le vicende e la biografia, non solo attraverso le parole, ma anche mostrandone documentazione fotografica. «La donna che mi ha appassionato di più non è presente nel libro, è colei che mi ha dato l'ispirazione e il coraggio di affrontare questo bellissimo viaggio. sorride l'autrice -. Si tratta di Maria Domenica Cretì, una giovane maestra di Calimera che mi ha spiazzato, quando ho trovato in biblioteca un libricino a sua firma risalente ai primi del Novecento, intitolato Le donne celebri in Terra d'Otranto. Da lì è nato tutto, questo ritrovamento mi ha messo in crisi, lei si poneva le stesse domande che mi ponevo io. La sua dedica era rivolta alle insegnanti alle quali diceva: Voi avete il diritto di conoscere».

Le leccesi


In territorio leccese il libro affronta molte figure che meritano di essere ricordate: da Antonietta De Pace a Renata Fonte, passando per Rina Durante. Maria d'Enghien, contessa e regina che fu promotrice dello sviluppo economico e culturale della città di Lecce, ma anche figure meno conosciute come quella di Teresa Paladini, nata a Lecce nel 1629, che fondò il Conservatorio di Sant'Anna destinato ad ospitare vergini, vedove o malmaritate di famiglia nobile e di nascita leccese. Nelle stanze del Conservatorio albergò anche la malmaritata Isabella Castriota Scanderbeg, nata a Lecce nel 1704 da Alessandro e da Irene Pieve Sauli di Gallipoli. Isabella era l'unica superstite di un parto gemellare in cui soccombe, per febbre puerperale, anche la madre Irene, che lascia la neonata sua erede universale. Alessandro Castriota, «uomo freddo e calcolatore» desideroso di rientrare nel possesso dei beni, progetta per Isabella un futuro da monaca. Ma lo zio materno, Giovanbattista Pieve Sauli, si adopera per il matrimonio della nipote, allo scopo di dare una discendenza al suo casato. Sceglie per lei Filippo Guarini, barone di Tuglie, sessantenne. Isabella ha sedici anni e le logiche patrimoniali e patriarcali hanno deciso della sua vita. Per sette anni subisce una convivenza matrimoniale insopportabile, fino a che non si separa dall'anziano coniuge e con il consenso di lui si ritira nel Conservatorio di S.

Anna. Una volta uscita, la donna frequentò la colta società leccese e si legò al poeta Pietro Belli.

Le brindisine

Ciò che colpisce di più all’interno del libro è la massiva presenza delle donne in campi diversi, uno fra tutti era il mondo dell’arte. La città di Brindisi ad esempio, non trascura le forti relazioni con le culture del Mediterraneo come ad esempio quella spagnola. In questo contesto nasce il racconto della figura di Eleonora Barosa alias la flamenga, moglie dell’alfiero del castello di terra della città Giovanni Horlando trombettiere. Sono spagnoli. Amano il ballo. Si vogliono bene. Sappiamo questo di loro attraverso i loro atti di morte del 1636. Eleonora Barosa vive nel castello di terra della città e lì balla la danza gitana con il compagno Giovanni, che invece vive nel quartiere antistante al castello. Con questo ardore, nello stile elegante e sacrale della danza, Eleonora e Giovanni hanno ballato nelle stanze di un antico castello eseguendo quei passi che gli ricordano la loro terra lontana, che non avrebbero più rivisto. Nasce a Ostuni nel 1888 invece, Maria Tanzarella Panese, una delle prime attiviste femministe, dirigente dell’Azione cattolica di Ostuni, segretaria di propaganda per l’Arcidiocesi, ebbe il merito di spronare le giovani a rompere gli schemi rigidi della tradizione vincendo timidezze e paure, lo fece attraverso la sua attività didattica e attraverso il testo di un discorso scritto per la Settimana della Donna tenutasi a Bari nel 1938, conservato nel fondo Tanzarella della Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo”. È uno scritto argomentato, ricco di citazioni in cui Donna Maria esprime la sua posizione sulla donna, osservando come essa non abbia «un posto nella vita, influenza nella famiglia, nella società»; - si legge nel testo- è come se fosse «una bestia senza origine e senza destino perché un destino non sa di averlo». Proprio questa consapevolezza spinge Maria Tanzarella a reclamare per le donne una «santa libertà di creature libere».

Le tarantine

Figura di rilievo nella società di Taranto della prima metà del Novecento descritta nel libro è Anna Caggiano, donna dal forte senso e impegno civico. Dopo essersi formata a Lecce, diventò insegnante e nel 1916 pubblicò un saggio su La delinquenza dei minorenni e i doveri della società nel quale indicava chiaramente la sua propensione verso i problemi dell'infanzia e dell'educazione affrontati in chiave socio-politico-culturale. L'avvento del Fascismo trovò in Anna Caggiano un'adesione pressoché totale, al punto da farla diventare attiva propagandista anche all'interno del mondo scolastico e sindacale. Il ricordo della sua attività educativa e didattica, viene richiamato costantemente sulla stampa locale del tempo.
Una singolare figura di donna, dall'intelligenza non comune, sensibile e profondamente religiosa, invece era Elena dell'Antoglietta, magistrale talento di donna della legge, nata a Monteparano nel 1779. In tempi in cui imperava un'atavica e malefica cultura misogina ossia, quando alle donne erano preclusi i più elementari diritti di uguaglianza giuridica, la marchesa dell'Antoglietta scrisse una luminosa pagina di storia dell'emancipazione femminile, studiando e formandosi autonomamente. Nel libro si racconta quando, impavida, nel giugno del 1816, fece la sua comparsa nelle aule della Corte di Appello di Napoli per difendersi dai soprusi subiti dai familiari che l'avevano raggirata e privata del suo patrimonio, lasciando sbigottiti i principi del foro e i giuristi partenopei e del Mezzogiorno, con il suo genio oratorio e la sua cultura giuridica sulle leggi del Regno. La donna, certa di tutti i suoi diritti, andò di persona a chiedere giustizia per rivendicare il suo patrimonio, usurpatole dal cognato e dalla sorella Marianna, dimostrando emancipazione e coraggio.

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