Quei merletti di pietra nella luce del Signore

Quei merletti di pietra nella luce del Signore
di Leda CESARI
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Mercoledì 13 Ottobre 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15 Dicembre, 16:31

I magnifici 33. O 36, si vedrà: difficile scegliere tra tanta bellezza. Su cui pure noi pugliesi abbiamo a volte sorvolato: un po’ perché ci si assuefà anche al sublime, un po’ perché l’epoca è di quelle distratte. Sono le meraviglie candide del progetto “I rosoni di pietra”, lanciato nei mesi scorsi a Bari dalla “Compagnia degli Exsultanti” per dare avvio all’iter di richiesta e riconoscimento agli stessi del titolo di Patrimonio Mondiale Unesco. Da considerare appunto tasselli di un mosaico artistico che forse gli antichi avevano scientemente elaborato e cui di noi abbiamo smarrito la visione: e questa potrebbe non essere New Age da supermercato.

Testimoni della Storia

Sono tanti, tutti spettacolari, e non sono neppure gli unici di Puglia, ma forse i più significativi sì; e sempre muti testimoni oculari un po’ misteriosi, nei secoli, delle vicende che hanno costruito la storia di Puglia. C’è quello della Cattedrale di Gravina, che rievoca l’antico luogo di culto costruito nel 1095 per volontà di Unfrido d’Altavilla, signore normanno della città, e distrutto nel 1456 da una calamità naturale: ventiquattro raggi e al centro il bassorilievo della Madonna Assunta. C’è quello dell’Abbazia di San Leonardo di Siponto, a pochi chilometri da Manfredonia, che esattamente a mezzogiorno del solstizio d’estate viene trafitto dal Sole, delineando sulla volta al centro della navata principale una rosa luminosa di undici petali che si proietta su una croce intagliata nel pavimento; identica magia che si produce nello stesso giorno a Carovigno, dove il Sole, a partire dalle ore 16.30, proietta attraverso il rosone della Chiesa madre il suo disco infuocato al centro della vecchia navata e indi sul pavimento, creando una sfera luminosa. Abbacinante per la sua bellezza quasi francescana, a Laterza, anche il rosone della Chiesa di San Lorenzo Martire, armoniosa fusione tra elementi di architettura dalmata e il romanico pugliese. Semplicità che richiama quello della Cattedrale di Trani, a sedici raggi come quello della Chiesa madre di Matera. E poi, a contrasto, l’opulento rosone barocco di Santa Croce a Lecce, ricamo di pietra probabilmente tra i più fotografati al mondo: di esso si sa pressoché tutto, o almeno così ci illudiamo.

Meno famoso, ma forse non meno importante, quello della Chiesa madre di Minervino di Lecce, eretta nel 1573 ad allargamento di un precedente luogo di culto sempre dedicato all’Arcangelo con la spada, racconta il parroco don Antonio Cagnazzo. «E anche se non ci sono notizie scritte al riguardo, gli studiosi concordano sul fatto che gli architetti di avvio dei lavori furono il leccese Gabriele Riccardi e il suo allievo scultore neretino Giovanni Maria Tarantino, che furono poi tra i primi progettisti a lavorare a Santa Croce, realizzata alcuni decenni dopo. In questo senso il rosone di Minervino, di fattura proto-barocca in una chiesa tardo-rinascimentale, può essere considerato una sorta di antifona, di prova generale di quello poi realizzato nella basilica leccese».

Il fenomeno dell'Equinozio d'autunno

Anche in questo caso è presente uno di quei fenomeni che fanno la gioia degli appassionati di archeo-astronomia. Nei giorni intorno all’equinozio di primavera e d’autunno, infatti, il Sole al tramonto colpisce esattamente la parte alta dell’abside, racconta il parroco, penetrando appunto attraverso il rosone e disegnando un disco luminoso sulla parte orientata a est del tempio: «In direzione della Terra Santa, ma anche a rappresentare Cristo nella sua gloria».

Quegli architetti, insomma, furono assai competenti, conclude Don Antonio. «E la comunità minervinese molto fortunata, perché non furono costruiti edifici successivi di fronte alla chiesa».

Effetti speciali o meno, resta il miracolo di una produzione artistico-architettonica che aspettava solo di essere “scoperta”, ovvero guardata con occhi totalmente nuovi: «Perché ogni rosone vive della propria identità, ma riesce a esprimerla al meglio in un contesto plurale - spiega Antonio V.Gelormini, presidente della “Compagnia degli Exsultanti” - e soprattutto accrescendo il livello di consapevolezza delle comunità locali che “possiedono” da secoli questi manufatti preziosi, che stanno lì da secoli ma che spesso guardiamo distrattamente».

I rosoni inseriti nel progetto saranno appunto 33 o 36 - «toccherà al Comitato scientifico del sodalizio decidere al riguardo» - e saranno comunque idealmente disposti lungo un asse territoriale che comprende tre punti forti: il rosone della Cattedrale di Troia, quello del Duomo di Ostuni e quello della Chiesa madre di Otranto. Ma il progetto, le varie iniziative di promozione al riguardo e gli itinerari artistici che ne potranno scaturire saranno di quelli per cui i turisti che chiedono molto a una vacanza farebbero follie: «Una presa di coscienza collettiva di tanto valore, un nuovo modo di narrare la Puglia», conclude Gelormini.
I rosoni, con la loro straordinaria bellezza che racconta stili ed epoche diverse, faranno il resto.

Da Foggia a Leuca, sono tanti e "unici"

Sono tanti, ognuno con le sue caratteristiche che lo rendono unico. E magico. Raccontano la storia di Puglia, quella religiosa, ma anche quella artistica, in un ideale percorso lungo tutta la regione. 
In provincia di Foggia ci sono il rosone della Cattedrale di Troia, quello dell’Abbazia di San Leonardo di Siponto, quello del Duomo di San Pietro a Cerignola e della Cattedrale di Bovino, quello di San Francesco Fasani a Lucera e di San Severino abate a San Severo; nella Bat i rosoni della Cattedrale di Trani (lato mare) e di Barletta; nel Barese, i due della Cattedrale di Bari (facciata e abside) e quello di Ruvo di Puglia, della Cattedrale e della Madonna delle Grazie di Gravina, di Sant’Eustachio ad Acquaviva delle Fonti, delle Cattedrali di Bitonto, Altamura e Conversano, della Madonna della Greca di Locorotondo, di San Domenico a Monopoli, di Santa Lucia a Gioia del Colle, della Chiesa della Madonna di Loreto a Mola di Bari, del Duomo e dell’Assunta di Giovinazzo, della Chiesa madre di Noci, della Chiesa di San Michele a Bitetto e della Madonna Veterana a Triggiano. E, ancora più giù, quelli della Chiesa del Cristo di Brindisi, della Cattedrale di Ostuni, della Chiesa madre di Carovigno, di San Giovanni Battista a Fasano; di San Domenico Maggiore a Taranto, della Cattedrale di Manduria, della Chiesa matrice di Grottaglie, della Chiesa di San Lorenzo a Laterza. 
E poi Lecce: il rosone della Cattedrale di Otranto, quello della Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina, quello della Chiesa di Cristo Re a Santa Maria di Leuca, di Santo Stefano a Soleto, della chiesa di San Michele Arcangelo a Minervino, e quello - celeberrimo - della Basilica di Santa Croce nel capoluogo salentino.

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