Rosario Coluccia, un linguista e il viaggio infinito nel cuore dell'Italiano

Rosario Coluccia, un linguista e il viaggio infinito nel cuore dell'Italiano
di Ilaria MARINACI
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Giovedì 19 Aprile 2018, 22:29
Rosario Coluccia è stato il secondo linguista pugliese dopo Nicola Zingarelli, autore del noto dizionario, ad essere nominato accademico della Crusca. Un ruolo di grande prestigio a cui si somma oggi, oltre agli incarichi che ancora ricopre in seno alle più autorevoli istituzioni di filologia italiane e internazionali, anche il titolo di “professore emerito” per aver insegnato più di vent’anni, fino al 2016, all’Università del Salento come ordinario di Linguistica Italiana. 

Questo ulteriore traguardo, in una carriera accademica caratterizzata da passione, dedizione e successo, viene celebrato con la pubblicazione di una ricca miscellanea, edita da Franco Cesati e curata da Vito Luigi Castrignanò, Francesca De Blasi e Marco Maggiore, tre dei suoi allievi più giovani, che hanno terminato con lui l’ultimo dottorato. Il titolo, “In principio fuit textus”, richiama, non a caso, una delle frasi più ricorrenti citate da Coluccia ai suoi studenti. «È una sua coniazione – spiega Maggiore, uno dei curatori – una frase che diceva spesso a lezione per sensibilizzarci a non inseguire libertà interpretative o retoriche, ma a contestualizzare e decodificare sempre con accortezza».   

Il volume raccoglie studi di linguistica e filologia offerti a Coluccia da altri colleghi rinomati in Italia e all’estero che hanno voluto così rendere omaggio a un uomo che ha dedicato la sua intera vita allo studio della lingua, senza mai perdere la curiosità per la sua costante evoluzione. Come dimostra la rubrica domenicale che tiene su “Quotidiano”, dedicata proprio a questo fenomeno. 

«Abbiamo chiesto ai più autorevoli esponenti della linguistica italiana anche stranieri – aggiunge Maggiore – di mandarci un articolo sugli argomenti che Coluccia ha seguito di più durante la sua carriera da inserire in una raccolta che celebrasse la conclusione dei suoi anni d’insegnamento all’Università. Abbiamo ricevuto, come risposta, oltre 50 contributi e ci abbiamo lavorato circa due anni. Poi, di recente, è arrivata anche la nomina a professore emerito e questo omaggio ci è sembrato ancora più dovuto». 

All’interno della miscellanea, i contributi sono suddivisi secondo le varie aree tematiche di studio predilette da Coluccia: analisi, quindi, su lingue e testi del Medioevo e del Rinascimento, sulla storia linguistica dell’Italia Meridionale e della Sicilia, per continuare poi con gli studi sull’italiano nell’età moderna e nella contemporaneità e, infine, interventi su lessicologia, etimologia e lessicografia. Proprio fra questi ultimi, spicca il saggio di Max Pfister – fondatore e a lungo direttore del Lessico Etimologico Italiano, il più monumentale vocabolario etimologico del mondo con cui Coluccia collabora da anni – venuto a mancare lo scorso ottobre proprio mentre il libro era in fase di stampa.  «Le linee guida della sua produzione scientifica – continua il curatore – che corrispondono poi alle diverse sezioni del libro sono l’italiano antico con Dante e la scuola siciliana, i testi delle origini, la storia linguistica dell’Italia Meridionale, in cui lui ha fornito i contributi più importanti, e la lingua dioggi». 

Ma questo volume è anche e soprattutto un gesto di stima e gratitudine nei confronti di un maestro che, dalla cattedra, ha sempre saputo impartire insegnamenti capaci di andare oltre la linguistica. Secondo Maggiore, «Pino (così lo chiamano familiarmente i suoi allievi, ndr) ci ha trasmesso un modello di impegno sotto il profilo culturale e sociale con la sua attività all’interno dell’ateneo. Come preside di facoltà è stato sempre molto attento alle esigenze degli studenti, qualità non comune nel corpo docente. Ci ha insegnato a non arrenderci di fronte alle difficoltà, come la mancata collaborazione delle istituzioni, che tante volte capita di affrontare soprattutto qui al Sud. Studiare, poi, con lui le nostre radici, i testi medievali salentini, che proponeva come tesi di laurea, era un modo di dirci che anche la cultura secolare della nostra terra meritava di essere indagata al pari di altre. Un invito costante, il suo, a riflettere su noi stessi e sulla nostra storia senza lasciarci scivolare addosso il presente».      

La miscellanea è stata presentata a Lecce dal presidente onorario dell’Accademia della Crusca, Francesco Sabatini, legato a Coluccia da una lunga amicizia, iniziata alla fine degli anni Sessanta, quando Sabatini insegnava Storia della Lingua Italiana nel neonato ateneo leccese e il docente salentino era all’epoca suo allievo. Il linguista leccese è tuttora l’unico pugliese in seno all’istituzione che si erge a baluardo della nostra lingua.
E intanto proprio in queste ore dall’Accademia è arrivata una “bacchettata” al Miur, colpevole di usare troppi anglicismi, abbandonando l’italiano. Una battaglia giusta per Maggiore. «Si dice che le idee camminino sulle gambe delle persone ma vale la stessa cosa per le lingue. Se depauperiamo l’italiano usando le parole di un’altra lingua, il risultato finale è un impoverimento culturale. Non ci impadroniamo dell’altra lingua­ – conclude – e perdiamo la nostra». 
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