Renzo Arbore: «Striminzitic show, ricominciamo a sorridere. Ironia ed educazione ci salveranno»

Renzo Arbore con Gegè Telesforo (foto Iwan Palombi)
Renzo Arbore con Gegè Telesforo (foto Iwan Palombi)
di ROSARIO TORNESELLO
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Lunedì 8 Giugno 2020, 17:00 - Ultimo aggiornamento: 9 Giugno, 12:33
Lo stile è quello, unico. La stoffa non cambia. Col tempo anche i vezzi diventano marchi di qualità perché superano la contingenza del momento e scavalcano gli imperativi delle mode. Il resto passa, lui rimane. E oggi torna in tv dal suo quartier generale, un attico affacciato su Roma, un po’ casa un po’ studio televisivo, molte luci, tanti colori, cimeli e souvenir dappertutto, una scrivania che è una consolle che sembra il banco di lavoro di un prestigiatore, lui da sempre apprendista stregone, perché le magie le fa, nuove e sorprendenti, ma con quel tocco travolgente di improvvisazione, l’irresistibile leggerezza di una festa tra amici, l’aria sorniona di chi è quasi di passaggio. Apprendista, appunto. E oggi si comincia (ricomincia no: è sempre un nuovo inizio). Prima serata, Rai 2. Mancano solo poche ore. “Striminzitic show” è il nuovo programma di Renzo Arbore.
Pronto, maestro?
«Eccomi, Quotidiano. La voce del Sud. Sono qui».
Il suo numero di casa non appartiene alla categoria dei misteri irrisolti d’Italia. Da sempre si difende così: la segreteria telefonica. Il messaggio registrato è uno spettacolo a parte. La voce è un omaggio a chi chiama. Se si è benvenuti, o anche solo semplicemente attesi, la risposta arriva al volo. Altrimenti si può sempre lasciare un saluto. Per fortuna arriva, la risposta. «Eccomi, Quotidiano...».
Stasera la prima di 21 puntate. Emozioni particolari?
«Ogni volta è una scommessa. La gente si aspetta sempre qualcosa di nuovo e di diverso».
Sbaglia?
«No. Ma stavolta il nuovo programma, “Striminzitic show”, è fatto in casa. Accanto a me un altro pugliese doc, Gegè Telesforo. Nel nome c’è il senso di questa nostra avventura, un neologismo italo-inglese maccheronico per avvertire gli spettatori di non attendersi l’evento televisivo del sabato sera. Se qualcuno si aspetta luci, lustrini, balletti, orchestra e ragazze Coccodè ne rimarrà deluso. Useremo una telecamera e poco altro. Un miracolo se riusciremo a vincerla, questa scommessa».
Tecnicamente sarebbe una produzione “Home made”. Venendo tutti dalla stessa area geografica, vale la pena chiamarla per quello che è: “Casa e puteca”. Lo spettacolo ha sede elettiva nel salotto di Arbore. Distanziamento, niente assembramenti e rispetto delle misure di sicurezza. Ogni nuova proposta è figlia del suo tempo, anche per questo sempre diversa. Avvisati tutti, ricominciamo (vale per l’intervista, non per l’idea di show).
Quale sarà il filo conduttore del programma?
«Ci divertiremo a presentare le cose più curiose, singolari e divertenti collezionate nella mia carriera. Le racconteremo in maniera sorridente e aneddotica. Attingeremo dal mio archivio personale e dalle trasmissioni alle quali ho partecipato, ma anche da internet: dalla tv d’autore ai nuovi talenti di oggi. E poi ci sono i concerti, oltre mille e cinquecento in giro per il mondo con l’Orchestra Italiana, tantissimi al Sud, Lecce, Gallipoli, ricordi straordinari. Ne avevamo altri in programma, ma a causa della pandemia ci siamo dovuti fermare, interrompendo le esibizioni in pubblico».
Torna in tv, a cinquant’anni dall’esordio, in un momento particolare. Con quale stato d’animo?
«Da “Speciale per voi” nel ‘69, inedito talk show musicale, a “L’altra domenica” nel ‘76, prima volta dello spettacolo nel giorno festivo, per arrivare a “Quelli della notte” nell’85 e a “Indietro tutta!” due anni dopo, ogni volta è stata una vera e propria sfida. Ho prodotto diciotto format differenti. Questo, il diciannovesimo, è diverso da qualsiasi altro: si rivolge a persone fin qui costrette a stare in casa, tutti noi avviliti allo stesso modo per quanto abbiamo passato».
Cosa resterà di questo periodo?
«L’ansia, la preoccupazione. L’apprensione per la salute, personale e degli amici, dei parenti e dei conoscenti. Il nostro compito, ora, credo sia quello di regalare spensieratezza e fiducia. Se vai sul “Renzo Arbore Channel”, vedi cosa mi sono inventato: un programma simpatico, “50 sorrisi da Napoli”. Lì c’è tutta la nostra arte di meridionali che escogitano cose, divertenti e intelligenti. Ci sono Massimo Troisi, Marcello Mastroianni, Renato Carosone, amici capaci di tirare fuori delle trovate sorprendenti, guizzi geniali, slanci poetici e fantasiosi. Ogni giorno proposte gratuite, un successo strepitoso. Avevo sottovalutato le potenzialità di internet. Quelli della mia età di solito non bazzicano molto la rete».
Da dove parte l’idea del nuovo programma?
«Esattamente da qui: così è nata la proposta di Rai 2 per una trasmissione quotidiana. Operazione complessa e complicata: è dai tempi di “Indietro tutta!” che manca un format giornaliero come questo. Ma col repertorio mio, e non solo mio, speriamo di ottenere un certo successo».
Come ha vissuto questo lungo periodo di lockdown?
«Potevo fare diverse cose, ho scelto di mettere mano al mio archivio per riordinarlo. Così, pian piano, giorno dopo giorno, ha preso corpo il nuovo programma. Mi sono svegliato come se dovessi uscire di casa, ma invece di andare fuori ho rivisto le scene meravigliose registrate in giro per il mondo. Mi sono portato appresso sempre una telecamera, dappertutto. Andavo in America e mi chiedevo: che viaggiamo a fare se non resta testimonianza di quello che c’è, di quello che vediamo? Ora tutto quel materiale, scelto e selezionato anche grazie agli stimoli di Gegè, verrà riproposto agli spettatori».
Quale sarà la leva da azionare per metterci alle spalle la sofferenza patita, tutto il dolore provato?
«Il sorriso. Ho visto la gente non sorridere più. In televisione sono rimaste pochissime testimonianze dello spirito al quale faccio riferimento. Penso a Nino Frassica ospite di Fabio Fazio e a poco altro... Peccato. Così mi son detto: qui ci vuole qualcosa. Da me la gente si aspetta il sorriso e le canzoni. In chiave sempre nuova, è quello che propongo. Non prendo parte alle dispute politiche, ai dibattiti da salotto, al gossip. Non sono il mio campo. Non mi interessano. Il sorriso è la migliore ricompensa per gli apprezzamenti e i ringraziamenti, in arrivo in particolare dal Sud».
Cosa abbiamo di speciale?
«La cultura. La nostra terra ne è dotata in quantità generose. Come l’ironia e il disincanto. È una visione particolare della vita. Totò, Eduardo... Nelle canzoni, poi, ci sono il sole e il sorriso. Nel programma cercherò di dare spazio anche alla Puglia».
Come?
«Con gli ospiti. Uccio De Santis è un mio carissimo amico. Al Nord non è popolare quanto lo è giù. Presenterò molte delle sue meravigliose scenette. Lui è un attore straordinario. Con i suoi compagni sembra veramente che improvvisino».
La Puglia avrebbe bisogno anche di molto altro. Il turismo, eccellenza della regione, è in sofferenza.
«Sto apprezzando la prudenza con cui è stata affrontata la fase più difficile dell’emergenza. Il turismo, certo: la Puglia è stata scoperta negli ultimi anni. Per vari motivi: innanzitutto la grande ospitalità verso il forestiero, un sentimento antico e meraviglioso».
E poi?
«Il nostro mare, straordinario dal Gargano al Salento. E di grande fascino è anche la cucina del Sud, le meravigliose verdure che si trovano qui ma non in altre zone d’Italia, i pesci e tutte le altre specialità. L’enogastronomia ci sta facendo diventare la regione più appetibile, se l’espressione è quella giusta».
Lo è. Garantisco.
«Tutto il meridione, a dire il vero, ha in questo settore specifico risorse sorprendenti. Tesori incredibili da mettere a frutto».
Da dove ripartiremo, noi, il Mezzogiorno, l’Italia, il mondo?
«Dal sorriso. Questo senza dubbio. E dall’educazione. Che significa esattamente quello che abbiamo dimostrato. Non è una parola da abbinare solo all’uso di forchette e posate, ai convenevoli e al bon ton. Educazione è aver seguito con scrupolo e attenzione quanto detto a proposito di igiene, distanze e mascherine. Dobbiamo ripartire da questo».
Lei è ottimista?
«Ho vissuto tanto, ho visto il dopoguerra. Dobbiamo recuperare la fratellanza tra settentrione e meridione, in Italia e nel mondo, mentre invece continuo a vedere delle lotte laceranti, delle contrapposizioni che non portano a nulla. Dobbiamo tornare a credere nella concordia, battere su questo tasto per ritrovare fiducia».
Lo crede possibile?
«Ho attraversato varie stagioni della vita, ai momenti duri ne subentrano altri, più facili, di slancio e armonia. Dopo la devastazione bellica, la ricostruzione e il boom economico; dopo gli anni di piombo, la Milano da bere: è stato il successo del sorriso. Con “Quelli della notte” ne sono testimone diretto: di quello che era e di quello che è stato dopo. Crediamoci».
Si comincia, allora: dal lunedì al venerdì su Rai 2, oggi in prime time, le altre venti puntate in seconda serata. “Striminzitic show” porta anche la firma di Ugo Porcelli, storico autore di Arbore, Giovanna Ciorciolini e Gegè Telesforo, per la regia di Gianluca Nannini. Lo “scelto pubblico” è avvisato: ironia e non-sense per sorridere alla vita. Bentornato, maestro. Finalmente.

 
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