Viaggio nei campi colpiti dalla xylella, paesaggio deturpato Il reportage: 8 marzo 2015

Viaggio nei campi colpiti dalla xylella, paesaggio deturpato Il reportage: 8 marzo 2015
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Giovedì 24 Febbraio 2022, 15:44 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 16:47

Pubblichiamo ampi stralci del reportage uscito su Quotidiano l’8 marzo 2015 dai campi del Salento colpiti dalla xylella, articolo inserito nel volume in uscita

Renato MORO

Di là il Mare Azzurro. Di qua il Mare Verde. Ondeggiante se soffia il vento e luccicante d’argento se picchia il sole dell’estate, quando chi vive e lavora di campagna stacca la spina e lascia i tratturi alle quattro ruote motrici dei turisti che abitano masserie e casolari riportati a nuovo. Le tre torri dell’ospedale di Gallipoli segnano il confine tra un Salento e l’altro. L’asfalto si solleva e l’auto sembra navigare in un mare di chiome verdi che accompagna lo sguardo fino alla riva dello Jonio. Sono gli ulivi. Migliaia di ulivi. Giovani, meno giovani e vecchi. Tanto vecchi che hanno tronchi modellati dal tempo come opere d’arte e raccontano di storie che non hanno trovato libri dove posarsi. Sono gli ulivi che rinfrescavano il viaggio in carrozza di signori e servitù che a giugno si trasferivano nelle ville di Leuca per restarci fino a settembre, quando le vacanze erano roba di pochi e per raggiungere il mare ci volevano due giorni e una notte. Gli ulivi che hanno dato da mangiare ai nonni e ai padri di chi negli anni Cinquanta e Sessanta ha scelto la via del Nord e che ora sono la ricchezza dei nipoti tornati a casa per lavorare e investire con nuove idee e nuovi progetti. Ma il Mare Verde è malato. Di una malattia in parte ancora misteriosa e implacabile che violenta il paesaggio e la storia. E la meraviglia, quella che ti prende in consegna una volta superate le torri dell’ospedale, dopo un paio di chilometri lascia il posto allo stupore, alla tristezza e alla rabbia. C’è chi dice anche al dolore, perché davanti a un ulivo che muore qualcuno giura di aver visto gente piangere. Ed è così. È la terra di mezzo tra le serre di Gallipoli e i promontori di Leuca. La terra in cui il Mare Verde sta morendo. Basta rallentare e guardarsi attorno. Lì dove c’erano chiome rigogliose ci sono scheletri senza foglie o ancora chiome che al verde delle foglie affiancano il marrone dei rami già secchi. Ciuffi come bubboni che stanno per esplodere.

(...) È la xylella. La chiamano “fastidiosa” e sembra una presa in giro perché più che fastidiosa è devastante. C’è chi dice che non sia vero, che la malattia è un’altra e richiede cure diverse da quelle pensate finora - poche - nel tentativo di aggredire il batterio. C’è chi parla di un disegno criminale contro il Mare Verde del Salento. Della gelosia di altre terre, meno baciate dal sole e da TripAdvisor, che hanno inviato fin qui micidiali scie chimiche. (...) L’unica certezza in questo momento è che la xylella sta facendo morire gli ulivi e tanti altri ne farà morire se non si corre ai ripari. E con gli alberi rischiano di morire decine di aziende agricole. Piccole e grandi, fondate dai figli dei figli dei figli o da imprenditori venuti per scoprire il Salento e mai più tornati al Nord. Stregati dal Mare Verde prima, infuriati ora perché l’impotenza lacera l’anima degli alberi e degli uomini.

(...) Pozzo Pasulo, nei pressi di Torre Vado, è a una manciata di chilometri da Leuca.

Prima dello svincolo, la statale che scende a Sud ha una piazzola di sosta. È un panorama mozzafiato, con gli ulivi che lambiscono il mare all’orizzonte. Non ci sono panchine e nemmeno chioschi con la Coca Cola gelata, soltanto pochi metri quadrati per cambiare una gomma o rispondere al cellulare. Ma se vi fermate non abbassate lo sguardo. Per terra, oltre il guardrail e giù per la scarpata è una immonda discarica di rifiuti. Stanno lì da sempre, forse in attesa del vincolo della Soprintendenza come riconoscimento alla loro età. Ma sono anche nella piazzola precedente e in quella più avanti e ancora nelle altre. Il fatto è che la statale corre nel mezzo di una discarica. Funziona così: l’auto rallenta, il finestrino s’abbassa, il sacchetto vola via e quindi gas al motore. Lo fanno, impuniti, ogni santo giorno e tutti fingono di non vedere. I primi esperti, quelli mandati l’estate scorsa, lanciarono l’allarme: “attenti, i rifiuti che si ammassano nelle campagne favoriscono il diffondersi del batterio”. Allarme caduto nel vuoto, ovviamente. E così la Fastidiosa divora rami e foglie e nel tempo libero si trastulla tra pannolini sporchi, avanzi di frittate, kleenex usati e altre schifezze.

Vincenzo Manni ha la sua azienda a Racale, una delle zone più colpite. «Qui è pieno di produttori che hanno investito i soldi guadagnati in Svizzera o in Germania negli anni Cinquanta e Sessanta. Figli di emigrati che hanno scelto di tornare nel Salento e che ora vedono andare in fumo tutti gli investimenti. Ci sono terre distrutte, agricoltori che piangono a vedere gli alberi divorati dalla malattia (...)». 

Giovanni Melcarne nel suo frantoio è arrivato a dar lavoro a venti dipendenti. «Ora - dice - siamo rimasti io e la mia segretaria. È un disastro. Questa storia non mi fa dormire e sono stanco di vedere tanta indifferenza. Qui la gente piange. Pensate cosa può provare un uomo, un anziano, davanti alla morte degli ulivi piantati dal padre o dal nonno. Quelle piante sono la loro vita. Siamo arrabbiati, ci stiamo organizzando per farci sentire. I politici non vengono da noi e noi andremo da loro. Vedrete che manifestazione riusciremo a organizzare a Roma». 

In piazza, a Racale, raccontano di anziani agricoltori pronti a legarsi agli alberi se qualcuno dovesse presentarsi per abbatterli. Altri sono pronti a farlo a Ugento, Taviano e Gagliano. Sono quelli che con gli alberi ci parlano e non c’è niente di strano. Perché se ci sembra normale digitare una password a gridare all’untore nell’infinito del web, ancor più normale dev’essere chiedere perdono a un tronco d’ulivo per non averlo potuto e saputo salvare. Racconteranno di questa rabbia e di queste lacrime, i produttori, quando a Roma riusciranno a parlare col Papa. Il vescovo di Ugento ha già pronta la lettera con la richiesta di un incontro. Del resto anche Francesco deve fare i conti con la Fastidiosa. Fino allo scorso anno gli ulivi del Salento sono stati tra i protagonisti della benedizione pasquale in Vaticano. Quest’anno non se ne farà nulla. Vietato. E non sarebbe una bella cosa mandare la Forestale a sequestrare i ramoscelli nel bel mezzo della cerimonia.
 

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