Il Touring racconta la Puglia scomparsa

Il Touring racconta la Puglia scomparsa
di Carmelo CIPRIANI
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Giovedì 17 Settembre 2020, 13:02
È una Puglia suggestiva, in bianco e nero, sospesa tra tradizione e modernità, passato e futuro, quella che traspare dalla mostra fotografica allestita dal Touring Club Italiano a Martina Franca, nelle sale al piano nobile di Palazzo Ducale. Una mostra più sentimentale che scientifica, com'è negli intenti del Club che da oltre un secolo alimenta la passione dei viaggiatori, esperti e non. Oltre cinquant'anni di storia raccontati dalle fotografie selezionate dal Touring all'interno del suo sconfinato archivio. Testimonianze di un'altra vita rispetto al presente, profondamente diversa anche da quella cortese e galante riprodotta sulle pareti dai variopinti affreschi del Carella, ai quali gli scatti si sovrappongono visivamente nel semplice allestimento, in un parallelismo temporale ampio tre secoli, dal XVIII ad oggi.

Cinquantacinque fotografie, riprodotte e ingrandite per agevolarne la lettura, disposte lungo le sale senza un ordine preciso, né tematico né geografico (il solo scopo dichiarato è quello di emozionare), scelte per raccontare una Puglia non inedita ma certamente distante da quella odierna, celebrata dalle patinate guide turistiche di mezzo mondo, oramai considerata meta occidentale con un tocco di esotico (che per i più distratti coincide con folkloristico) e per questo letteralmente travolta dal turismo di massa. 

Scatti di professionisti ma anche di semplici turisti, soci del Touring, che dal club ricevevano non solo guide appassionate, ma anche suggerimenti su cosa e come guardare. Un approccio antropologico, che nel monumento e nel paesaggio riconosceva l'uomo, ne ricostruiva le gesta e ne esaltava la fatica. Ed è soprattutto quest'ultima, estenuante ma sempre dignitosa, a trapelare dalle molte immagini di lavoro, effigi collettive di contadini e allevatori, eroi del quotidiano con esistenze tranquille, ancora regolate dai ritmi lenti della natura. Immagini poetiche come quella delle essiccatrici di fichi secchi a Ostuni, donne tenaci, invecchiate precocemente, le stesse celebrate in pittura da Domenico Cantatore, o delle raccoglitrici di grano a Lecce, colte in più occasioni da Giuseppe Palumbo in letterali quanto involontarie trasposizioni dei quadri di Millet, o ancora quella dei lavoratori nelle Saline di Margherita di Savoia o dei tosatori di Brindisi, i cui abiti sono gli stessi di quelli indossati dagli spaccapietre di Courbet.

Una liricità sottile che trapela anche da immagini genericamente definibili sociali per la difficoltà di incasellarle in una specifica tipologia eppure fortemente connotate per la particolarità del soggetto. È il caso ad esempio degli ospiti dell'Istituto per ciechi di Lecce alle prese con esercizi ginnici in terrazza, dell'adunata di carri alla Fiera della Candelora a Martina Franca, della scena di vita marinaresca nel porto di Taranto o di convivialità collettiva di fronte alla Chiesa di San Vito a Lequile, o ancor di più della famiglia greco-salentina di Calimera in lutto, in cui uomini e donne appaiono pesantemente ammantati, coriacei come cariatidi, ma anche del pellegrinaggio al santuario di san Cosimo alla Macchia ad Oria, ripreso nel 1958 in un raro scatto aereo, in cui le decine di bus e auto parcheggiate testimoniano una Puglia ancora differente, già alle prese, seppur moderatamente, con il consumismo e i flussi turistici, incipit forse di quella che è oggi. 

Non solo uomini, ma anche spiagge, città e monumenti. Vedute da cartolina, molte delle quali all'epoca degli scatti già consacrate all'immaginario collettivo: i trulli di Alberobello, la facciata della cattedrale di Ruvo, la Torre federiciana di Lucera, Castel del Monte (poco dopo la sua acquisizione al demanio con le pareti consunte da secoli di incurie e saccheggi), la Cripta della Basilica di San Nicola (ancora ricoperta dai marmi e dagli stucchi barocchi), gli archi a tutto sesto dell'anfiteatro di Lecce e altre ancora, testimonianze di una Puglia grande, da conservare e tramandare, ma anche una Puglia meno nota, proiettata al futuro, come quella che ritrae la stazione delle ferrovie Apulo-lucane ai suoi albori, la Fiera del Levante in pieno stile razionalista, l'aeroporto principe Umberto a ovest di Bari, e il viadotto di Castellaneta sulla linea ferroviaria Bari-Taranto, realizzato nel 1868, per conto della Società Italiana per le strade ferrate meridionali, da Alfredo Cottrau, autore anche del ponte girevole di Taranto; un'opera colossale, costituita da una travata continua di 230 metri sostenuta da pile metalliche a traliccio alte fino a 70 metri. Segnali di un deciso slancio verso il futuro, che subito dopo il cinquantennio preso in esame dalla mostra avrebbe portato a quel processo di industrializzazione che con l'insediamento dell'Ilva a Taranto ha conosciuto il suo apice. 

Si è accennato alle guide, testimonianze preziose quanto le foto, stampate dal Touring lungo tutto il Novecento, attraverso le quali, comparandole, è possibile leggere non solo l'avanzamento delle ricerche storico-artistiche, ma la nostra stessa storia politica, tra annessioni e protettorati, vittorie mutilate e imprese coloniali. Un viaggio scritto che va dalla guida azzurra pubblicata in volumi (l'ottavo era quello  dedicato a Puglia, Basilicata e Calabria) a quelle rosse, assai note, passando per pubblicazioni tematiche come quelle dedicate ai possedimenti d'oltremare o ai luoghi di soggiorno e di cura, e piccoli gioielli come la rivista pubblicata negli anni venti in collaborazione con le Ferrovie dello Stato, sulla cui copertina campeggiano Castel del Monte, il più metafisico dei nostri monumenti, disegnato da Duilio Cambellotti, e la scritta Puglie quasi a ribadire l'esistenza di tre subregioni (Capitanata, Terra di Bari e Salento), sorelle diverse, contigue e distanti al tempo stesso, unite in comune destino tra oriente e occidente.

La mostra Puglia 1900-1950. Lo sguardo del Touring Club Italiano, allestita nell'ambito del Festival dei Sensi svoltosi in Valle d'Itria a fine agosto, è visitabile tutti i giorni fino al 27 settembre, dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 17 alle 19.

 
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