Paolo Giordano, la pandemia e la memoria necessaria

Paolo Giordano, la pandemia e la memoria necessaria
di Claudia PRESICCE
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Martedì 17 Agosto 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:07

Rifugiati. Ci siamo ritrovati come profughi nelle nostre stesse case, alla ricerca di cogliere spiragli di luce da sfruttare per dissodare i territori di una speranza nuova che, poco prima, non sapevamo neanche di dover coltivare. E stiamo continuando ancora a capire come muoverci in questo labirinto che dovrebbe riportarci verso la luce di quella “normalità” che un tempo non lontano ci appariva così scontata. Così normale.

Un racconto non facile

Tuttavia non è facile raccontare la storia della pandemia (che da febbraio 2020 ci ha travolti) prima ancora che diventi Storia. È una narrazione che diventa facilmente sfuggente, a momenti scivolosa come le cose insopportabili, come la cronaca da spazzare via a ogni ora per far spazio alle novità fresche del giorno, magari migliori, o forse no, diverse però da questa materia appiccicosa e asfissiante. L’urgenza di liberarsi da quella sensazione di impotenza e paura, di incertezza e voglia di andare avanti, tende a obnubilare la memoria, scolorirla già nel presente.

Le cose che non voglio dimenticare” è il libro di Paolo Giordano che verrà presentato oggi a Lecce per la rassegna “Agostiniani Libri”. Si parte dall’idea che il passare di quei giorni maledetti, e di questi in cui ancora sentiamo come una corda al collo che si allarga e si stringe e non ci libera mai del tutto, non debba coincidere con la dimenticanza. Questo mondo, l’autore e fisico 38enne già Premio Strega nel 2008 con “La solitudine dei numeri primi”, lo ha cominciato ad osservare da subito, lo ha trovato “minaccioso e alieno”.

Scrittore e uomo di scienza

Ma Giordano non è solo uno scrittore che guarda al mondo, è in qualche modo anche un uomo di scienza con una particolare capacità di mettere a posto i numeri, calcolare il senso delle cose anche da un certo punto di vista matematico. “Dobbiamo quindi scavarci uno spazio per dei ragionamenti diversi, per osare domande grandiose che trenta giorni fa ci avrebbero fatto sorridere per la loro ingenuità: quando sarà finita, vorremo davvero replicare un mondo identico a quello di prima?”, si legge tra le pagine di questa sorta di diario in diretta composto da articoli usciti sul Corriere della Sera da quel maledetto marzo 2020.

Sono nati così questi fogli di diario, privato prima e poi collettivo, diventati libro. Giordano è stato lì da subito a farsi delle domande in più, chiamato a cercare di capire che cosa significavano in quel momento alcune parole che mutavano di senso. La “fiducia”, quella nel futuro, e soprattutto nella Scienza fino a poco prima assoluta, iniziò presto a traballare irreversibilmente e in modo inaspettato.

Poi la parola “responsabilità” civile è diventata enorme: non era più soltanto inerente alla politica più stretta, a quei ‘piani alti’ di colpo diventati bersaglio di feroci stilettate di favorevoli e contrari ad ogni passo. Essere responsabili è diventato presto un argomento che andava cambiando la storia di tutti, di famiglie intere prima e poi di città, territori, del pianeta stesso. Come ritrovare l’equilibrio in questo mare magnum è stato (ed è ancora) un esercizio del tutto inusitato, un balletto tra ragione, emotività, atteggiamenti privati e collettivi.

Il messaggio di Papa Francesco

E allora, quante cose non dobbiamo dimenticare di questi giorni per fare quello che ha chiesto in quei giorni Papa Francesco: capire come diventare migliori. Quando ti arriva una matita in mano per disegnare il futuro è davvero tempo di mettersi a tavolino come mai prima: e la parola va data ai visionari, agli artisti, ai creatori di utopie, insieme agli scienziati e a chi ha la capacità di sentire realmente il polso della Terra.

“I dispacci di Paolo Giordano, da quel suo speciale osservatorio all’incrocio tra scienze matematiche e umane, sono continuati con regolarità segnando tutti i passaggi di questa lunga crisi modulata da picchi e valli – scrive nella prefazione al libro la giornalista Barbara Stefanelli, vicedirettore del Corriere della Sera e direttrice del settimanale “Sette”, e aggiunge dopo – articolo dopo articolo, riattraversiamo questa strana mono-stagione incurante dei calendari, sezionata piuttosto dalla cadenza dei lockdown. Una stagione che ha mutato in perturbante la familiarità con i nostri corpi o le nostre città, durante la quale ci siamo sorpresi a domandarci “ma che giorno è oggi?” e a chiederci “state tutti bene?” temendo il peggio”.

Non dimenticare tutta l’acqua che è passata sotto i ponti in questi mesi (sin dai primi avvisi del triste primato dell’Italia che era, per prima dopo la Cina, entrata nella pandemia), è anche un’operazione rispettosa per chi è rimasto indietro, soprattutto per i morti della prima ora, quelli travolti senza capire, nei giorni senza mezzi e senza vaccini, senza parole spese o da spendere. Vanno ricordati soprattutto oggi che i vaccini ci sono e anche tante parole, forse troppe, alcune davvero da dimenticare.

Giordano, nato a Torino nel 1982, con un dottorato in Fisica delle particelle e quattro romanzi al suo attivo, per Einaudi ha pubblicato anche “Nel contagio” nel 2020 dedicato agli stessi temi.

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