Raeli: «Teniamo duro, il 2021 sarà il nostro anno. Ma Puglia e Salento facciano sistema: l'eccellenza è un'abitudine»

Bruno Vespa e Pamela Raeli
Bruno Vespa e Pamela Raeli
di ROSARIO TORNESELLO
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Giovedì 30 Aprile 2020, 18:34 - Ultimo aggiornamento: 1 Maggio, 11:48
«Fortunati voi, che siete al Sud. Qui è un disastro». Ecco. Come inizio non è male. La voce squillante parte da Asti, attraversa l’Italia, si infila nel cellulare, risale dagli auricolari, rimbalza sui timpani e plana morbida tra i neuroni, solleticando l’orgoglio dopo giorni non proprio simpatici quanto a invettive, contumelie e luoghi comuni su noi, sul Sud. La bussola di questo tempo crudele ribalta i poli dell’eccellenza. Se nulla sarà più come prima (vero, falso, chissà), questa nuova geografia della qualità e dell’efficienza comincia ad avere implicazioni interessanti. Intanto, però, c’è una battaglia in corso; una lotta da vincere. Troppo presto per lanciarsi in bilanci, figurarsi in fugaci e illusori trionfalismi. «Qui dalle mie parti, in Piemonte, piccoli paesini, molti anziani e ancora troppi lutti». Piedi per terra. E comunque, opportuna avvertenza: la donna - ché di donna si tratta - è nata e cresciuta lì ma ha solide e profonde origini qui, zona Capo di Leuca, buen retiro estivo al cospetto delle Maldive del Salento, a Pescoluse, sicché sotto sotto un po’ parteggia per questo angolo di mondo. Dal 2015 con la sua società, la “+39 Mediacom” (all’origine tutta al femminile «perché le donne sono punto di forza del mondo», spiega), pubblica l’edizione italiana di “Food and Travel”, 600mila copie in 18 paesi di tutto il mondo: cibo, vino, viaggi gourmet e lifestyle. E dal 13 aprile, nel lunedì dell’Angelo, risvolto molto laico della rinascita, è on line con “Wine and travel”, addentellato “spiritoso” e sagace, testimonial d’eccezione Riccardo Cotarella, presidente mondiale degli enologi, e Donatella Cinelli Colombini, presidente nazionale Donne del vino. Un viaggio esperienziale in Italia ad adeguata gradazione alcolica. Si parte.
Pamela Raeli, come sta?
«Bene, grazie. Al lavoro, ma da casa. Sento i collaboratori, rispondo alle lettere. Pianifico l’attività per non perdere tempo e programmare la ripartenza».
Una nuova avventura in piena emergenza Covid. Il mondo in lockdown, ma idee in libera uscita.
«Dovevamo fare qualcosa. Non si può trascorrere il tempo aspettando novità. Le occasioni vanno create. Il team è composto da eccellenti professionisti, amici innanzitutto. Abbiamo escogitato il modo di avviare delle iniziative per sentirci uniti e operativi».
Partire a metà aprile, in queste condizioni, è un brindisi all’ottimismo o all’avventatezza?
«Il varo non era previsto adesso, ma a noi è sembrato il momento giusto. Le cose accadono al di là di qualsiasi programmazione. Di “Wine and travel” parlavamo già la scorsa estate proprio giù in Salento, a Guagnano. Quella sera incontro Cotarella, l’idea gli piace. “Molto bella”, dice. Pochi giorni ed eccolo che firma una sua rubrica su “Food and travel”. Ora anche il sito».
Sempre così caparbia e tenace?
«Quando si vuole qualcosa bisogna darsi da fare. Quindici giorni per il decollo. Ho preso il telefono, chiamato tutti. Luca Gardini, grandissimo sommelier e comunicatore, resta di sasso non appena mi sente: “Quando mi telefona una pazza scatenata non si può resistere”. Siamo una squadra, non c’è alcun vincolo gerarchico. Un fermento continuo. Gli articoli arrivano anche alle due di notte».
Voi spumeggianti, noialtri qui in un decanter.
«Guardiamo il lato positivo. Il vino rappresenta storia, scienza, arte, agricoltura, economia ma è sinonimo anche di tradizione, territorio, famiglia, convivialità, passione, divertimento, formazione, crescita, lifestyle e molto altro ancora. C’è tutto. Mettiamo a frutto quello che abbiamo, conosciamolo a fondo, valorizziamolo. Può essere una metafora dei tempi».
Da dove nasce questa sua vocazione?
«Ho studiato Legge, ma non era la mia strada. Avevo una grande passione per gli immobili. Mio nonno era un imprenditore edile. Si chiamava Giuseppe, era di Ruggiano, frazione di Salve, il paese di mia madre, mentre Presicce lo è di mio padre. Io, invece, sono nata in Piemonte, ma per me l’estate è mare, sole, Salento».
Ottimo. Ma l’editoria? Da dove comincia l’impresa?
«Un’idea in età adulta. Mi sono innamorata della carta stampata. Può sembrare folle, ma non lo è. Alla fine del 2015 cominciano le pubblicazioni di “Food and travel” Italia. Dopo due numeri, la presentazione al pubblico: una guida e un’ispirazione per tutti gli appassionati di viaggi ed enogastronomia, punto di partenza per un progetto molto più ampio: raccontare il Made in Italy e valorizzare territorio ed eccellenze».
Nell’ottobre scorso, in Sardegna, avete premiato la Puglia come regione dell’anno per gli Awards 2019.
«Scelta ponderata e imparziale, anche se gli amici mi accusano sempre di parteggiare per la terra dei miei genitori. Sa come abbiamo motivato il premio?».
Facciamoci del male.
«Ecco: “Una terra armonica, equilibrata, decisa; tutto è da vedere, toccare, respirare, gustare lentamente, con il vento fra i capelli. Un’esperienza che non si dimentica: siamo in Puglia e non vorremmo essere altrove”. Questa la motivazione».
Lei parteggia, non c’è dubbio.
«Mi creda: l’imprenditoria pugliese è molto apprezzata. I suoi luoghi e le sue risorse ancor di più».
Qui tremiamo alla vigilia della nuova stagione turistica.
«Io dico che occorre stare tranquilli. La Puglia è senza dubbio la regione più bella. Non le manca nulla».
Ma davvero ne è convinta?
«Dovrebbe solo assumere consapevolezza del suo valore, proponendosi sui mercati con un unico brand. Nel 2018, a Cagliari, siamo riusciti a scattare una foto tutti assieme con gli imprenditori pugliesi. L’assessore regionale Loredana Capone era raggiante. Quell’anno, oltre alla Puglia, abbiamo assegnato gli Awards anche al Salento come territorio e a Lecce come destinazione».
Lei è recidiva.
«Guardi, io sono convinta di questo: noi, voi, tutti gli operatori della comunicazione dovremmo far capire l’importanza di fare sistema. Non si può andare avanti ognuno per sé. In Puglia c’è un numero considerevole di imprenditori importanti, ma farsi la guerra non serve a molto. Insieme e uniti si può lavorare a un grande progetto».
Qual è la regione meglio attrezzata sotto questo profilo?
«La Toscana, senza dubbio. Si propone come meta tout court. Come il Chianti. All’estero sono richiestissimi. Lavorano con obiettivi comuni e i risultati si vedono. Posso fare un esempio di sinergie?».
Solo se depone il vessillo della partigianeria.
«Una delle migliori novità del 2019 è il Terregiunte, un progetto di Bruno Vespa, con la sua azienda Futura 14, e Sandro Boscaini, con la Masi Agricola: un blend di primitivo e amarone, un vino che mette insieme la Puglia e il Veneto. Avere idea, unire sforzi e competenze: ecco l’esempio».
E tuttavia un unicum, senza richiami all’amaro.
«L’Italia ha tutto. Fuori dai confini ci percepiscono come sintesi di arte, cultura, eleganza. All’estero possono avere delle belle strutture, ma non il nostro paesaggio, non le nostre bellezze. Non la nostra storia. Se marciassimo compatti, non ce ne sarebbe per nessuno».
Però l’accoglienza non si improvvisa. Su questo spesso lasciamo a desiderare, e da queste parti soprattutto.
«La Puglia, e il Salento in particolare, ha lunghe distese di sabbia, un mare bellissimo, una campagna da riscoprire e centri storici affascinanti. Il boom turistico è stato inaspettato; investimenti imponenti hanno catalizzato attenzioni da tutto il mondo; le strutture ricettive sono cresciute in numero e in livello. Ho visto l’amore e la cura nel recupero dei piccoli borghi. Ma ci vorrà ancora del tempo per raggiungere standard adeguati alle potenzialità del territorio».
Intanto molti, con la stagione alle porte, non sanno neppure se potranno riaprire. O se varrà la pena farlo.
«La pandemia ha ridimensionato le ambizioni di tutti. Stiamo ripartendo quasi da zero. Occorre tenere duro. Il mondo intero, ora più che mai, ha voglia di tornare a emozionarsi. L’Italia vivrà un nuovo boom ed esploderà a livello mondiale. Il 2021 ci appartiene. Alle regioni il compito di lavorare per alzare il target: più servizi e di qualità migliore. Il turista ben accolto ritorna e, soprattutto, ne parla».
C’è grande voglia di ripartire. Ma proprio il settore turistico sarà l’ultimo a poterlo fare.
«Nessuna fretta. Le prescrizioni sanitarie incidono pesantemente sui bilanci: 30% di spese in più e 70% di incassi in meno. Chi entra in un ristorante vuol godersi la cena, non vivere l’apprensione dei centimetri che lo separano dagli altri. Sono convinta che è meglio resistere adesso per ripartire meglio dopo».
I clienti persi difficilmente tornano.
«Ne è convinto? Io trovo sia una questione di sistema ma anche di qualità. Lo dico con una frase di Aristotele: “Noi siamo quello che facciamo, sempre. L’eccellenza non è un atto ma un’abitudine”. Lo avevo capito osservando mio nonno».
Un riferimento costante.
«Per me un mito. L’eccellenza si raggiunge mettendo insieme un mattone sopra l’altro, giorno dopo giorno, con pazienza, senza fretta. È il tempo la sua misura».

 
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