Dalla carità alla sanità, la storia degli ospedali

Dalla carità alla sanità, la storia degli ospedali
di Claudia PRESICCE
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Venerdì 18 Febbraio 2022, 05:00

Pure se i letti di quelle stanze dalla luce lattescente sono il primo luogo in cui ci addentriamo tutti, inesorabilmente, poi per tutta la nostra esistenza coltiviamo il desiderio di non entrarci più. Mai più lì dentro, anche se il nome di quei luoghi deriva dal latino “hospes”, che è una parola geniale che significa “ospite”, o colui che ospita e che, piaccia o no all’etimologia più ortodossa, contiene dentro anche una parola bellissima, come “spes” ossia “speranza”. E la speranza c’entra molto in questa narrazione, perché è il comune denominatore delle altre variabili che lì dentro si enfatizzano, cioè la cura, la vita, l’amore e anche la morte… 

Storia degli ospedali della Provincia di Lecce” a cura di Luigi Alfonso e Gino Peccarisi (con la presentazione di Donato De Giorgi, presidente OMCeO Lecce) è il nuovo grosso volume che raccoglie una lunga storia fatta di storie della terra di Puglia. Una regione dall’anima lunga e distesa tra i mari come la nostra nasce già, per un patto geografico, con la vocazione all’accoglienza ed è facile quindi immaginare che l’ideazione di numerosi “ospizi” per accogliere sofferenti, ma anche viandanti o poveri sia stata una necessità da sempre avvertita. E infatti questo excursus ricostruito tra le strutture antiche (e qualcuna più recente) disseminate sul territorio salentino, dal vecchio Vito Fazzi di Lecce allo storico Galateo, dal Santa Caterina Novella di Galatina all’Ospedale Civile di Campi Salentina, dal Michela Tamborino di Maglie al Sacro Cuore di Gesù di Gallipoli, e così via, lo dimostra. Dimostra anche che, nelle varie epoche c’è stata una crescita di strutture proporzionale a quella del territorio, come se ai cambiamenti del tessuto connettivo delle città andassero rispondendo nuove costruzioni più aderenti alle nuove esigenze (al contrario di oggi). 

Ma non solo. C’è tra queste pagine la storia umana di medici che hanno contribuito al benessere del territorio salentino cercando di trasferire, in questa porzione di Sud, ritmi della crescita scientifica al passo con regioni che viaggiavano a ben altre velocità, in quanto a infrastrutture e mezzi. Si potrebbe fare un orgoglioso elenco di uomini, di idee solidali e di grandiosi progetti ideati per il bene comune che potrebbero dare lezioni ai nostri tempi inariditi.

La straordinaria avventura del Centro Trapianti

Basterebbe pensare, ad esempio, all’avventura straordinaria che portò Lecce, dopo anni di collaborazione “subordinata” con il Centro trapianti di Roma, a vedere il 4 dicembre del 1990 riconosciuta dal Ministero della Sanità all’Ospedale “Vito Fazzi” l’autorizzazione al trapianto di rene. Fu l’inizio di una grande storia (caldeggiata negli anni precedenti dalla nefrologia diretta da Francesco Mastrangelo) che vide l’équipe trapiantologica formata dal professor Angelo Civino e dal dottor Roberto Calvo al centro di una grande stagione. Ne parla uno degli autori del libro, Luigi Alfonso che non nasconde la commozione per aver vissuto parte di quella storia da vicino, sin da un lontano giorno dell’83 quando a Lecce arrivarono “due cattedratici dell’Università “La Sapienza” di Roma, che chiedevano una collaborazione attiva per far decollare, prelievi e trapianti nel Sud Italia”. Questo incontro proseguì nel reparto di Rianimazione per coinvolgere il primario Antonio Gismondi, e poi man mano tante altre menti entrarono nell’operazione che portò risultati eccellenti.

Però, conclude Alfonso “La chiusura non ufficiale del Centro trapianti ha oggi delle motivazioni apparentemente inspiegabili, e dopo essere stato inserito nel Centro regionale trapianti ha chiuso i battenti…”.

Molte le storie "interrotte"

Ci sono infatti molte storie interrotte (indigeribili) in questa narrazione che passa da un centro all’altro del Salento e che parte da molto lontano. Gino Peccarisi nella ricca Premessa al testo ricorda, tra tante cose, anche da dove la storia degli Ospedali di Puglia è partita. Erano strutture, scrive “più a carattere caritatevole che sanitario, erano luoghi di approccio istintivo, dove le pratiche e i rimedi erano dominati dall’empirico, condizionato dal tempo. Si moltiplicarono gli ospedali, spesso luoghi ricavati in strutture monastiche e religiose già esistenti, talora luoghi di esigua sopravvivenza per le carenti conoscenze dell’epoca. Per rendere più efficiente la rete assistenziale molti ospedali furono centralizzati, acquisirono specificità nelle cure e cominciarono a caratterizzarsi per funzionalità e architettura”. Ma bisognerà aspettare il XVI secolo per capire la necessità di estendere il diritto alla tutela della salute e trasformare gli ospedali: dal carattere caritatevole assistenziale allora diventarono istituzioni pubbliche, regolamentate da concezioni più scientifiche intorno ai secoli XVII e XVIII in cui si andò sviluppando l’ingegneria ospedaliera.

Tra i tanti interventi pertinenti del libro sulla storia degli Ospedali di casa nostra e sulle speranze del futuro di questo settore, risulta piuttosto diretto, e quindi utile come un monito acuto e intelligente quello di Suor Margherita Bramato, Direttore Generale dell’Ospedale “Cardinale G.Panico” di Tricase. Nella chiosa del suo articolato intervento scrive: “Considero questa pubblicazione non la ricostruzione storica museale solo di un passato, ma un ‘ritorno al futuro’ un leggere il passato per trovare in esso disseminati i semi di speranza per un nuovo domani, per impiantare nuove presenze e nuove strutture sanitarie a favore del popolo salentino che ancora soffre di un sistema sanitario frammentario e atomizzato”. Ed ecco come ripartire: come sempre dalla Storia e da un ampio senso della cura.

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