Stefania Rocca: «L'Offf è socializzazione, un’alternativa è difficile»

Stenia Rocca
Stenia Rocca
di Francesco DI BELLA
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Venerdì 1 Maggio 2020, 14:28 - Ultimo aggiornamento: 14:35
L'emergenza che stiamo vivendo, l'assoluta mancanza di certezze su ciò che sarà e su ciò che potrà essere, sta costringendo un po' tutti alla navigazione a vista. Nel campo delle rassegne e dei festival c'è chi pensa a edizioni ridotte, chi punta sull'on-line e sul virtuale, chi si rassegna a rimandare all'anno prossimo. Un dilemma che investe, ovviamente anche l'Otranto Film Fund Festival che solitamente si svolge a metà settembre e che da due anni è affidato alla direzione artistica dell'attrice Stefania Rocca.

Un festival, l'Offf, la cui impronta è quella di un coinvolgimento totale della città di Otranto, degli spazi, dei luoghi d'incontro, della popolazione. Purtroppo il contrario del distanziamento sociale ora imposto...

«Per quel che sappiamo ad oggi, probabilmente anche a settembre saremo in una situazione di emergenza o comunque di necessità di tutela della sicurezza e credo che ognuno di noi debba autodisciplinarsi non soltanto per se stesso ma per rispetto verso gli altri. Per il festival di Otranto anche io sto pensando a soluzioni alternative per non saltare l'edizione, ma è difficile perché il festival di Otranto è nato come un momento di socializzazione, di grande partecipazione e contatto non soltanto tra gli addetti o gli appassionati ma con tutte le persone che hanno voglia di esserci. Per questo al fianco delle proiezioni, la manifestazione è fatta anche di incontri con le scuole di cinema di tanti diversi Paesi, di corti realizzati all'uopo dagli studenti, di musica, teatro e danza che fanno da cornice ai film in concorso».

Tutte cose che al momento appaiono di difficile realizzazione...

«Appunto. Al momento mi sembra rischioso pensare a un festival di Otranto così come lo abbiamo visto nelle due ultime edizioni che ho diretto. Dovremo essere creativi, valutare delle soluzioni a partire dallo streaming ma cercando di andare oltre, coinvolgendo la rete o altri media, magari lavorando su micro eventi ed entrando nelle case, nelle piazze vuote o nelle chiese, o creando un drive-in del futuro. Non è facile, ci stiamo lavorando e vedremo se verrà fuori un progetto comunque emozionante, perché senza emozione il nostro lavoro non si può fare. E deve rimanere vitale».

Lo stop imposto dalla pandemia ha bloccato tutto e, nel mondo del cinema e degli spettacoli, non solo i festival ma anche tutta la filiera della produzione di nuovi film, un settore che stava vivendo una crescita notevole in Puglia. Quale futuro vede per questo comparto, ora?

«Non è certo un bel momento per il nostro settore. E non parlo solo di noi attori ma di tutti quelli che ne fanno parte. Tutto è stato annullato, contratti, opzioni, progetti. Tutto in fumo. La gran parte delle produzioni per cinema e tv che partono di solito in primavera, sono state annullate prima di essere contrattualizzate. Idem per gli spettacoli teatrali sospesi, così che i lavoratori dello spettacolo hanno perso quasi tutti i loro probabili introiti per l'anno. Senza però nessuna copertura, neanche una cassa integrazione, perché per noi non c'è. Si pensa spesso che la fama vada di pari passo con la ricchezza, ma spesso non è così nel nostro settore. Per non parlare di quanti, con tanta passione, lavorano in teatro a compensi sufficienti alla mera sussistenza che non consentono sospensioni di sorta».

E invece...

«Invece forse tutto sarà fermo anche nel 2021, perché le produzioni, con il Covid 19 equiparato a calamità naturale, non potranno avere la copertura dalle compagnie assicurative per gli eventuali danni. Si parla tanto degli stanziamenti per imprese e lavoratori di altre industrie, perché non possiamo perdere il tessuto produttivo del nostro Paese. Ci aspettiamo lo stesso trattamento a tutela delle professionalità della nostra industria per tutti i lavoratori dello spettacolo. Anche la nostra è un'industria che non può andare perduta».

Il settore dello spettacolo appare penalizzato anche nelle ipotesi di piani di ripartenza, relegato a una fase 4, se non addirittura dopo...

«Sarebbe augurabile invece che il settore potesse ripartire. Nel rispetto della salute ovviamente, ma anche del lavoro di tutti gli addetti, tantissimi se pensiamo alle persone coinvolte nella produzione, realizzazione e distribuzione dal cinema al teatro, alla tv, agli spettacoli musicali. Dobbiamo vedere se esiste una possibilità di riprendere il lavoro, magari eseguendo tamponi ed esami giornalieri, oppure come si sta valutando in altri Paesi, tenendo in quarantena le troupe prima delle riprese e poi isolarla per tutto il tempo di realizzazione. Mi renderebbe comunque più serena sapere che qualcuno stesse seriamente pensando a delle soluzioni, sia che si riparta, sia che si resti a casa, visto che ad oggi non c'è traccia di nulla in nessun decreto, ma neanche nessuna proposta. L'assoluta mancanza di un cenno sulla cultura da parte della politica lascia tutti un po' perplessi. Siamo di fatto ignorati, nessun accenno serio ai lavoratori dello spettacolo, salvo essere chiamati magari gratuitamente se serve un guitto o una faccia nota per alleggerire un momento».

E infatti in queste settimane di clausura forzata proprio il mondo della cultura è quello che si è dato più da fare per non rimanere fermo, attraverso la condivisione, lo streaming, la disponibilità di attori, musicisti, scrittori, artisti in genere a mettere a disposizione di tutti la loro professionalità, senza alcuna contropartita, solo per alleviare un po' la pesantezza dell'emergenza...

«Con la cultura non si mangia, diceva qualcuno. Di questo passo gli daremo ragione. Ma chi in questi giorni non ha preso un libro in mano o visto un film, o ascoltato una canzone o guardato un artista che leggeva qualcosa? Ciò che ci è capitato ci ha resi più consapevoli rispetto al valore della libertà, della socializzazione, del bisogno di cultura, creatività e solidarietà. L'epidemia ha avuto un impatto significativo sul settore culturale che ha però cercato altre soluzioni, aprendo per esempio gli archivi cinematografici, i musei o attraverso gli artisti che vivono le loro performance on line. L'Apulia Film Commission, per esempio, ha deciso di aprire un canale Youtube per permettere la fruibilità di masterclass e incontri con il pubblico realizzati nei festival prodotti dalla stessa Apulia. Il festival di Otranto, dal canto suo, ha una serie di masterclass molto interessanti registrate l'anno scorso alla summer school, da Greta Scacchi a Iaia Forte, Tommaso Ragno, Stefano Sardo, Giancarlo de Cataldo e tutti gli artisti che hanno partecipato l'anno scorso ma anche quelle dell'anno precedente con Alex Keshishian e Maurizio Nichetti, per citarne solo alcuni».

Questo però non risolve il problema della sopravvivenza di chi lavora nel settore, tanto per voler fare i conti della serva...

«Noi attori scontiamo anche l'estremo individualismo della nostra categoria. Sappiamo però quanto sia importante la solidarietà. Siamo partiti quindi dall'idea di tutelare quanti oggi sono più in difficoltà, per arrivare a pensare un progetto complessivo di tutela degli attori che porti alla stipula di un contratto nazionale di categoria per l'Audiovisivo e ad una rinegoziazione di quello dello spettacolo dal vivo salvaguardando le tutele nazionali minime degli artisti interpreti. Così abbiamo deciso di unirci con tutte le varie associazioni e creare un gruppo che in pochi giorni ha raccolto più di 5.000 attori e si chiama L'Attore Visibile. Il gruppo opera nel rispetto di un documento in 13 punti proposto da Vittoria Puccini, Fabrizia Sacchi, Giorgia Cardaci e Marco Bonini e pubblicato sulla pagina facebook L'Attore Visibile che in tanti abbiamo condiviso e sottoscritto».

Obiettivo?

«Il nostro intento è di rendere visibili tutti, lontano da pregiudizi che si creano usando parametri errati, spesso legati allo star system del cinema americano da persone che conoscono poco questo ambiente o che fanno finta di non conoscerlo. Dobbiamo poter avere anche noi voce in capitolo e fare modo che ci sia rispetto per tutta la categoria. Oggi siamo ignorati e oltre alla difficilissima contingenza che stiamo vivendo e per la quale aspettiamo soluzioni reali e umane, ricordiamo che le nostre pensioni sono vergognose, le nostre tasse altissime e il nostro welfare inadatto alla nostra professione. Molti doveri e pochi diritti. Ecco: noi chiediamo rispetto per la cultura in generale, per tutti quelli che ci lavorano, ma anche per gli artisti, cartina di tornasole dell'evoluzione di un Paese».
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