"Nella buona e nella cattiva sorte": Irene, una moglie in fuga dalla violenza domestica

"Nella buona e nella cattiva sorte": Irene, una moglie in fuga dalla violenza domestica
di Claudia PRESICCE
6 Minuti di Lettura
Domenica 4 Luglio 2021, 21:10 - Ultimo aggiornamento: 21:31

Nella buona e nella cattiva sorte. È una promessa solenne, solitamente in un felice evento. Eppure se letta sul frontespizio di un romanzo noir assume i colori dell'inquietudine, dà l'idea di una gabbia claustrofobica da cui fuggire. È quello che cerca di fare Irene, 35enne in fuga dal marito violento, in un thriller mozzafiato in cui compaiono e scompaiono alleati, e fino alla fine si ribaltano i possibili finali. È frutto di una penna animata da vera passione per il thriller, cioè da un'affamata lettrice di gialli e noir diventata poi scrittrice assennata. Una che crede molto nelle donne e che insieme è sicura che possano salvare il mondo (lo ha dimostrato nella vita, anche per come ha cresciuto le sue figlie, una delle quali è l'influencer Chiara Ferragni) e che il valore della memoria ha bisogno di luoghi in cui germogliare per sempre. C'è tutto questo, e anche tanto altro, in "Nella buona e nella cattiva sorte", ultimo libro di Marina Di Guardo.

Marina ancora una volta alle prese con una trama noir. Dove nasce la sua scelta del thriller?

«Mia madre era un'appassionata giallista e io già a otto, nove anni divoravo i Gialli della collana Mondadori per ragazzi che i miei genitori mi compravano, non ne perdevo uno: amavo sia le storie della detective Nancy Drew che quelle dei tre fratelli investigatori. Crescendo ho cominciato, sempre con la mia mamma, a vedere anche i film, da Hitchcock a tanti thriller d'autore, cercando sempre di indovinare il finale. Spesso avevamo paura e ci facevamo coraggio a vicenda sul divano. Quando ho iniziato a scrivere mi sono cimentata sui drammi relazionali inizialmente, perché sapevo che il noir non è un genere semplice, ci sono regole, meccanismi e tecniche da rispettare. Poi Sergio Altieri, scrittore e sceneggiatore, leggendo i miei lavori mi incoraggiò molto, ravvisando in me questa capacità. Così nel 2015 ho provato con il terzo romanzo, Bambole gemelle pubblicato da Feltrinelli nella collana digitale ZoomFiltri, ed è stato scelto per la raccolta dei Best of Zoom che raccoglie i titoli migliori, accanto a grandi nomi. È stata una conferma importante per me, ho continuato. Dal 2017 pubblico con Mondadori, e sono tre con questo che presento in Salento, e un altro uscirà a ottobre».

La protagonista Irene è una donna in fuga costretta a cambiare vita. Vuole dimostrare intanto che amore non fa rima con dolore e che un marito violento si deve lasciare.

«Assolutamente, certo. È un tema che mi è molto caro quello della violenza sulle donne, l'ho già affrontato in Come è giusto che sia che era la storia di una giovane serial-killer, una sorta di giustiziera contro gli uomini violenti. Qui invece all'inizio c'è la classica storia di una donna soggiogata dalla violenza sia psicologia che fisica del marito che, aiutata da un'amica che vive a Londra, decide di scappare con la figlia per iniziare una nuova vita lontano».

...e non sa tutto quello che poi accadrà. Si incontrano subito dunque Irene e la figlia, poi l'amica del cuore da Londra, la vicina Lucia che arriva come una sorta di angelo custode: una storia di donne che dimostra che unite sanno costruire famiglie, fortezze...

«Ne sono convinta, adoro l'idea della sorellanza. Se ci rendessimo conto dell'importanza di fare squadra e accudirci l'un l'altra come facciamo con le nostre figlie, sorelle o madri, conquisteremmo il mondo e andrebbe molto meglio una società in mano a chi per natura dà la vita. La competizione che invece scatta tra le donne è una conseguenza di una società arcaica declinata al maschile nella quale mogli, amanti e concubine erano costrette a contendersi le attenzioni di uomini sultani, principi o comunque potenti, per salvarsi. È un retaggio culturale, imposto dall'uomo nella storia che però ancora resiste e danneggia le donne e i loro obiettivi, mentre gli uomini fanno squadra e vanno avanti nei posti di potere».

Poi nel romanzo torna la vecchia casa di famiglia in cui andare a rifugiarsi, c'era anche nel romanzo precedente. C'è qualcosa di personale nel ripalesarsi di questa suggestione?

«La casa di famiglia nella mia vita non è mai esistita, perché mio padre era un medico in carriera e quindi ha spostato tutta la famiglia continuamente seguendo i suoi concorsi di primariato vinti in ospedali diversi.

Ho sempre cambiato abitudini, amici, compagni di scuola e per noi figli è stato davvero difficile. Forse proprio perché non ho avuto per più di tre anni la stessa casa, sento dentro l'importanza di un luogo della famiglia, come una presenza che contenga il vissuto, i ricordi e le situazioni condivise nel tempo. Credo che la casa di famiglia sia un personaggio a se stante dei miei romanzi. In fondo è quasi un'estensione di noi stessi il luogo in cui abitiamo, entrando in una casa si capisce molto del proprietario, della sua personalità, delle sue abitudini, è una narrazione in sé».

Anche il bullismo è entrato nel romanzo naturalmente con la figlia della protagonista: è vero che lei l'ha provato sulla sua pelle?

«Sì, proprio a causa dei tanti traslochi da bambina, almeno una decina. Ogni volta entravo in un ambiente nuovo come l'estranea di turno e non venivo riconosciuta come una del gruppo. Il bullismo nasce dalla paura del diverso che mette in crisi chi non riesce a mettere in discussione le proprie certezze...».

Il libro segue tante altre direzioni diverse ed è pieno di colpi di scena, fino al finale, e non ne parliamo. Lei ha un bel rapporto con il Sud: le piace tornare in Salento?

«Le mie origini siciliane, date da genitori catanesi, mi fanno sentire una del Sud. Appartengo a questo modo di vivere, di essere e di pensare, i miei parlavano in dialetto con noi e quando torno in Sicilia mi sento una del luogo. Il Salento poi è una terra meravigliosa, bellissima, con paesaggi incredibili che mi ha conquistata, e ho grandi amicizie qui, cominciando da Mario e sua moglie (Carparelli; ndr) e tanti altri, anche a San Pancrazio. La gente da voi è accogliente e cordiale, trasmette calore».

Magari prende appunti per il suo prossimo romanzo un po' salentino, che dice?

«Perché no, certo. In quello in uscita in autunno ci sarà il mondo della moda di Milano, e poi Noto. Ma il Salento perché no, chissà che non ambienti una storia in questa terra incantata».

Cinema e letteratura: so che ha dei programmi...

«A ottobre inizieranno le riprese del film tratto dal mio precedente libro "La memoria dei corpi", una produzione cinematografica statunitense con un cast italo-americano».

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Marina di Guardo con il suo romanzo sarà uno dei tre ospiti della rassegna “Libri sotto gli ulivi di Vivosa” promossa dal Vivosa Apulia Resort di Marina di Ugento.

Martedì 6 luglio, alle 19, l’attore e influencer Paolo Stella firmerà le copie del suo secondo romanzo “Per caso (tanto il caso non esiste)”, una risposta poetica, potente e magica alle domande sull’amore e sull’identità.

Mercoledì 7 luglio, sempre alle 19, saranno invece Marina Di Guardo e Gianrico Carofiglio che presenteranno “a quattro mani” “Nella buona e nella cattiva sorte”e “La disciplina di Penelope”: un thriller sulla violenza domestica sulle donne e un giallo d’inchiesta la cui protagonista è una figura femminile dai tratti epici.

Gli incontri saranno introdotti dai saluti di Silvio Grilli (General Manager Vivosa) e moderati da Mario Carparelli. Ingresso gratuito. Prenotazione obbligatoria su Eventbrite. 

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