Le musicassette e i pirati della musica anni '80. «Ma eravamo più liberi»

Nelle sale il film “Mixed by Erry” che racconta il successo delle registrazioni fai da te e delle compilation su nastro: un fenomeno che ha segnato un’epoca anche in Puglia. Parlano dj, negozianti e creativi “borderline”: «In casa e in auto, cantavamo insieme»

Alan Campobasso e la sua bancarella a Lecce
Alan Campobasso e la sua bancarella a Lecce
di Vincenzo MARUCCIO
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Sabato 4 Marzo 2023, 04:35 - Ultimo aggiornamento: 5 Marzo, 12:17

Compatta, tascabile, comoda. «Più piccola di un pacchetto di sigarette», come recitava lo slogan pubblicitario. Eppure dentro ci trovavi un mondo: la musica più amata, l’indizio di uno stile, scoperte che ti avrebbero cambiato la vita. Aprivi l’involucro di plastica trasparente, inserivi la cassetta nello stereo, premevi il tasto play e il nastro avvolto su due microbobine faceva magie. Avanti e indietro quante volte volevi per riascoltare un assolo o il ritornello in inglese anche se ci capivi poco.
Molto più di un oggetto vintage e la premessa è doverosa. Non è una tendenza che ciclicamente torna in auge come un particolare taglio di capelli, il colore di un abito, un tipo di orologio. Quella è nostalgia che va a braccetto con il marketing. La musicassetta è ciò che siamo stati e come siamo cresciuti: troppa roba per ridiventare una moda. Difficile da spiegare a chi non l’ha vissuta. Se ci provi con un nativo digitale ti guarda come un marziano ed è normale (e giusto) che sia così, ma accadrà anche a loro quando fra 40 anni proveranno a spiegare TikTok ai loro figli. Si può ricostruirne la cronologia, ma restituirne l’emozione è impossibile: o c’eri o niente.


Mixed by Erry” è il film arrivato nelle sale che riaccende i riflettori su questa epopea: l’esplosione delle musicassette attraverso la storia dei giovanissimi fratelli Frattasio che a Napoli (quartiere Forcella) trasformano in pochi anni una passione in un piccolo impero. Aprono un negozio, copiano di tutto ed esportano in tutto il mondo prima che la Finanza lo chiuda e scattino gli arresti. Il titolo del film diretto da Sydney Sibilia è il marchio che compariva sulle cassette duplicate a decine di migliaia: inizialmente l’intero disco, poi le compilation “rubando” qua e là singoli brani. Erry, il più geniale dei fratelli, ci metteva del suo con accostamenti creativi e in coda qualche bonus track. L’Lp, spesso costoso, non era roba per tutti. Con le cassette, “democraticamente” fuorilegge, ti bastavano 2.500 lire.


«In un’intervista Miles Davis ci disse che durante una vacanza in Sicilia aveva scoperto Nino D’Angelo da una musicassetta pirata»: Ernesto Solimene, storico conduttore di Ciccio Riccio che da Brindisi ha fatto la storia delle radio in Puglia, svela il fenomeno in un aneddoto. «Alzi la mano chi non ha mai regalato alla fidanzata una cassetta personalizzata - dice Solimene - e oggi si chiamano playlist. La differenza? Ora ti vengono imposte, noi lavoravamo di fantasia e ci andavamo a cercare la musica. Eravamo più liberi, magari anche di sbagliare». Certo, i falsari erano dietro l’angolo: mezza Brindisi “tappezzata” di abusivi e il contrabbando di sigarette a fare da apripista. «La pirateria delle cassette era un’appendice - conclude - ma non la condanno perché bisogna tener conto del contesto sociale. Non giustifico nessuno, ma era meglio quella dello spaccio o del racket. Si tirava a campare».
Maurizio Macrì, giovane dipendente del negozio Pick Up a Lecce e ancora oggi dj tra i più richiesti, se lo ricorda bene: «Il fratello di un mio amico portò dall’America le prime cassette e fu una rivelazione. Non era solo un modo per risparmiare, era musica fruibile con pochi mezzi. Ho cominciato con le cassette registrate per la fidanzatina. Ogni canzone al suo posto, una scaletta studiata nei minimi particolari per far colpo». Ce la potevano fare tutti, nessuna lezione da imparare. «Si registravano - aggiunge Macrì, oggi titolare del negozio Youm in piazza Mazzini a Lecce - anche le hit parade dalle radio. Si registravano i concerti e con il walkman a metà anni Ottanta il fenomeno diventò di massa». Lunghezza 46 minuti, 60 minuti, oppure 90 e perfino 120 minuti per gli album doppi. Chi poteva acquistava le cassette al cromo, qualità sopraffina, o addirittura metal. L’arrivo del dolby - un sistema per valorizzare le basse frequenze - fece impazzire gli appassionati. «A turno si comprava il disco - ricorda Macrì - e lo duplicavamo per il resto del gruppo. Facevo il dj e mi chiedevano le cassette con la top ten della dance. Ne circolarono a centinaia».
La Casa del Disco è punto di riferimento a Taranto. Tonio Farina, al timone nella centrale via di Palma, riavvolge il nastro: «Era una città di militari, ancora più di adesso, e la musicassetta era l’ideale per chi non aveva lo stereo con il mobiletto. Ne ho visti tanti di ragazzi in divisa arrivare con il walkman e acquistare il Festivalbar diviso in più volumi oppure le raccolte rock. La pirateria? In negozio no, fuori sì. Ma la differenza di qualità c’era eccome». Il pubblico non tradiva: cantautori, popband, star della consolle. «Ma il record fu con la lambada - conclude Farina - non facevi in tempo a fare il ricarico che le cassette erano già finite. Intere famiglie, non più solo 18enni. Poi, arrivò la musica sul digitale e finì tutto».
A Bari la tappa obbligata è il negozio Centro Musica in Corso Vittorio.

Per Vito Causarano, il titolare, «il periodo d’oro delle cassette è irripetibile perché non si è mai visto un prodotto più trasversale. Ricchi e poveri, ragazzi e padri di famiglia. Senza dimenticare il radioregistratore da portare in spiaggia». La pirateria “di strada” non mancava neanche a Bari, ma per Causarano la concorrenza non era un problema: «Alle feste patronali era un’invasione, ma le copie sulle bancarelle erano di qualità inferiore. E quando usciva Mixage, l’attesa compilation dance annuale della Baby Records, non ce n’era per nessuno».

La storia di Alan, da Bologna alle mitiche compilation


C’è chi la storia l’ha vissuta e c’è chi l’ha fatta. Da protagonista, non solo da consumatore. Alan Campobasso è uno di questi: 70 anni ben portati e la musica nel sangue come quando, nella sua cameretta, si immedesimava in James Brown o in Jimi Hendrix contorcendosi al punto che i genitori decisero di portarlo dal medico. Era solo “malato” di musica fino «al punto di sposarla», dice oggi seduto al tavolino di un bar, «e non c’è matrimonio meglio riuscito». Con in tasca poche lire prende un treno e sbarca il lunario a Bologna tra alloggi di fortuna e piccoli lavoretti, fino all’incontro con le radio libere: performance in piazza Maggiore, il primo programma a Teleradio Bologna, la folgorazione a Londra per il punk, e di giorno, perché bisognava pur guadagnare, un lavoro di rappresentante di dischi e cassette per lo store Nannucci. Tra l’amicizia con Red Ronnie, una chitarra spaccata in casa di Vasco Rossi e il mestiere di grossista borderline sospeso tra mercatini ed esercenti furbastri.
Quando torna a Lecce e in zona Porta San Biagio apre il primo negozio “New York City” in stile Usa, la sua seconda vita è già lì che lo aspetta. Music by Alan, basta la parola: il “re” delle musicassette, duplicate a casa o in negozio. «Ma io - racconta - ci aggiungevo sempre qualcosa in più, la grafica sperimentale, le copertine in bianco e nero, qualche pezzo “in regalo” se sul nastro restava spazio. Il giorno dopo erano già a lì a chiedermi una seconda copia per l’amico o per la compagna». Un successone come per i fratelli napoletani del film, decine di piastre per la registrazione e i clienti in coda: i negozi - dal minuscolo “Discovery” all’omonimo “Music by Alan” in viale Cavallotti - alternati alle bancarelle perché il gusto per il lavoro on the road non l’ha mai perduto. Qualche guaio giudiziario risolto e gli stessi capelli lunghi. «In alcune periodi ho anche guadagnato bene - dice e un po’ si commuove - ma la gratificazione più grande è quando incontro qualcuno e mi parla di una cassetta acquistata dalla mia bancarella e gelosamente custodita. Delle canzoni che gli hanno cambiato la vita, di quando si cantava insieme». 
Lo invidiavamo un po’, Alan, per il suo piccolo, grande tesoro. Centinaia di cassette “apparecchiate” sul tavolo o impilate sugli scaffali con il nome della rockband stampigliata sul dorso. Si aspettava il sabato pomeriggio per mettersi all’opera a casa con gli amici fidati: i dischi da una parte, le Tdk dall’altra. Play e Rec premuti contemporaneamente, il momento più desiderato. “I can’t believe the news today”. E, in un attimo, sparivano le interrogazioni andate male. “Because tonight we can be as one” e chi se ne importava della ragazza che ti aveva appena lasciato. “Sunday, Bloody Sunday” e la felicità si toccava con mano. Non ci interessava diventare ricchi o realizzarci professionalmente. Erry voleva solo fare il dj, Alan il musicista. Noi, in fondo, volevamo solo essere gli U2.
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