Arte, la primavera pop di Tapparini a Roma

Arte, la primavera pop di Tapparini a Roma
di Giorgia SALICANDRO
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Domenica 24 Aprile 2022, 05:40 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 10:04

Ciò che in noi è ferito chiede asilo alle più minute cose della terra, e lo trova» scrive Christian Bobin. Al tempo del “grande isolamento”, il cui timido affrancarsi dalla pandemia porta ancora con sé i postumi della paura, al tempo della precarietà, dell’iniquità tra Nord e Sud del mondo e nello stesso Occidente agiato, dove i nuovi sottoproletariati urbani fanno da contraltare al brillio della pubblicità, al tempo della guerra e della minaccia nucleare, piombate non senza sbigottimento nelle vite di tutti, l’artista Vittorio Tapparini torna al tempo dell’essenziale, quello candido e immacolato delle “cose minute della terra”. 


“Il tempo delle rose” è il titolo della personale che il pittore e scultore leccese ha appena inaugurato a Roma presso la Galleria dei Miracoli (la mostra resta aperta tutti i giorni fino al primo maggio dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 20). 

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Colori e rimandi all'infanzia 


In mostra una ventina di coloratissimi olii delle ultime collezioni, caratterizzate da uno stile pop surreale e fiabesco, “maxi-pop”, come lo stesso artista ama definirlo, nel quale protagonisti sono gli oggetti comuni del quotidiano, pescati dall’immaginario dell’infanzia e dal paesaggio “domestico” delle gite fuori porta, osservati, espansi, messi in posa, mescolati in dialogo tra loro per indagarne i significati acquisiti e sollecitare un ritorno al mondo interiore primigenio, abbandonato tra le insistenze della modernità. 
Sulle tele, un polpo “incantato” in un mare di bollicine, navi che ondeggiano adagio tra pesci multicolor, casette volanti, fioriture discretamente attraversate da granchi, rane, pappagalli, e poi ancora coniglietti, pinguini e altri animali di un bestiario sospeso tra reale e immaginario, icone di giocattoli o immagini “a memoria” rinate dall’infanzia. Sono alcuni dei soggetti protagonisti della mostra, nella quale confluiscono le ultime opere dedicate alla natura, al mare e al “tempo delle rose” e tele scelte delle collezioni precedenti, legate da un fil rouge stilistico e concettuale. 
Tra queste, le Vespe che attraversano paesaggi e monumenti storici, e le opere ispirate alla scrittura di Gianni Rodari, espressioni della poetica recente partita proprio da Roma, con la mostra “Favole d’amore” nel 2016.
“Maxi-pop”, come anticipato, è lo stile assunto da Tapparini in dialogo con il “micropop”, la corrente stilistica giapponese che ripropone le icone della modernità in chiave manga e cartellonistica. 
Come questo, sulle tele esposte a Roma si annidano oggetti del landscape visivo quotidiano, i quali tuttavia non vi stazionano come elementi inerti: nella loro provenienza dal vissuto comune, portano piuttosto con sé rimandi simbolici collettivi. 

Gioia contro la tristezza della guerra


«Queste collezioni pittoriche ridondanti di richiami all’infanzia, di echi poetici e surreali sono nate dalla mia inquietudine, concepite nei periodi più bui della pandemia – spiega Tapparini - nel nostro silenzio interiore, a volte sepolte da ansie o macerie del presente, ognuno di noi ha dentro la sua pace, la sua gioia di vivere e di amare.

E bisogna andare a riprendercele queste gioie, con la concretezza ottimista dell’infanzia. Oggi, subito: perché il tempo delle rose passa, il nostro tempo sta correndo via ogni giorno e dobbiamo impiegarlo al meglio. Un tempo si mettevano le rose nei cannoni, perché non ricominciamo a farlo?». 


Il riferimento è, naturalmente, alla guerra in corso tra Russia e Ucraina, che scuote da dentro il cuore dell’Europa, riportando alla luce pericoli e ansie che si credevano ormai passati. 
“Il pane e le rose” è un noto slogan delle battaglie sindacali e femministe negli Stati Uniti dei primi del Novecento. Le rose erano allora – e sono state nel secolo successivo – simbolo dei bisogni fondamentali che vanno oltre la semplice sopravvivenza. 
Le rose, i piccoli pesci del mare, i compagni preziosi del tempo del gioco sono anche gli oppositori minuti, i protagonisti di una piccola resistenza contro la bruttezza della prevaricazione, della mancanza di empatia, dello scollamento dai bisogni dell’interiorità.
Pittore e scultore, figlio d’arte, Vittorio Tapparini ha una storia ricca di partecipazioni in rassegne d’arte e personali nazionali e internazionali che segna l’evoluzione del suo percorso narrativo dall’informale ad un personalissimo espressionismo pop. Tra le ultime esposizioni “Favole d’amore” (2016), “C’era una volta il sogno” (2017), “Made in Salento” (2018), tutte a Roma, la partecipazione alla Biennale di Barcellona (2019), la personale “Favole Metropolitane” (Roma, 2019), l’esposizione a Parigi presso la Galleria Thuilliers (2019), la personale “La terra di mezzo” (Milano 2022).

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