L’occhio del fotografo sull’arte e sugli artisti

L’occhio del fotografo sull’arte e sugli artisti
di Carmelo CIPRIANI
4 Minuti di Lettura
Venerdì 8 Aprile 2022, 05:00

Cosa vuol dire fotografare un artista? Domanda che nel corso dell’ultimo secolo devono essersi posti in molti, desiderosi di cogliere le peculiarità emotive di personalità notoriamente complesse e allo stesso tempo di sondare i meccanismi segreti della creatività. Ritrarre un artista è cosa diversa dal riprodurre un qualsiasi altro soggetto: significa indagare un’anima sensibile, penetrare in una mente creativa.

Aurelio Amendola è tra i maestri del genere, esponente di spicco del ritratto ambientato, genere fotografico con una sua specificità e con precedenti importanti anche nella cultura visiva italiana, in particolare tra anni Sessanta e Settanta. È il caso su tutti di Ugo Mulas, il fotografo che ha reso immortale la scena dell’arte di quegli anni. Da Bertolt Brecht a Carlo Carrà, da Pier Paolo Pasolini a Cleas Oldenburg, da Alberto Giacometti a Piero Manzoni, sconfinata è la serie dei protagonisti ritratti da Mulas. Ma non è il solo. Come dimenticare gli scatti dedicati da Lisetta Carmi a Ezra Pound o i fascinosi ritratti di Sandro Becchetti che in quegli stessi anni ha ripreso molti personaggi del panorama artistico romano (iconica e indimenticabile l’immagine di Mario Ceroli fotografato, simile a una sagoma di legno, sul tetto di casa sua)?

Oltre 200 opere in mostra

In questa schiera di fotografi che hanno il merito di aver restituito oltre alle sembianze degli artisti anche le loro anime, si inserisce con una propria cifra stilistica Aurelio Amendola, a cui è dedicata l’ampia antologica visitabile da oggi al Castello Svevo di Bari. Oltre duecento opere, dal 1960 a oggi, riunite in un’unica mostra, per celebrare i sessanta anni di carriera di colui che è passato alla storia come il fotografo di Michelangelo. 

A partire dagli anni Novanta, infatti, Amendola si è concentrato sulla scultura di Buonarroti cogliendone il pathos oltre che la bellezza formale. Un lavoro condotto attraverso un uso sapiente del bianconero utilizzato come strumento di indagine interiore oltre che fisica, in uno scavo dell’anima oltre che della materia. 
Chiaroscuri esaltati anche da Antonio Paolucci nel testo contenuto nel volume “Un occhio su Michelangelo” dedicato alla cappella medicea di San Lorenzo a Firenze, con cui Amendola ha vinto il premio italiano per il miglior libro fotografico dell’anno.

Certamente egli non è stato il solo ad aver fotografato le opere immortali del grande artista rinascimentale, ma sicuramente è tra quelli che meglio ne hanno saputo individuare e riprodurre visivamente le qualità più significative: il titanismo, l’introspezione, la levigatezza delle superficie alternata all’asperità della materia.

Un percorso di ricerca lungo 60 anni

La mostra barese costituisce un omaggio alla ricerca di Amendola, autore di grande intensità che approda in Puglia dopo la mostra tenuta a Pistoia, sua città natale, nel 2021, oggi arricchita da un’inedita selezione di fotografie della Cattedrale di San Sabino di Bari. Fotografo dell’Ermitage di San Pietroburgo, degli Uffizi, dei Musei Vaticani, della rivista FMR, del Vittoriale degli Italiani e di numerose altre istituzioni museali nazionali e internazionali, 
Amendola da sessant’anni ritrae opere antiche ma anche protagonisti e momenti significativi della sperimentazione contemporanea, dagli happening degli anni Settanta al Cretto di Gibellina. Una parabola creativa iniziata nel 1969, quando illustra la pubblicazione dedicata da Electa al pulpito di Sant’Andrea a Pistoia di Giovanni Pisano. Quel lavoro colpisce Marino Marini che decide di affidargli la sua prossima monografia. Inizia così la sua carriera, da quel momento in poi portata avanti alternando lavori su opere antiche a scatti eseguiti su artisti contemporanei, colti in posa, come Andy Warhol, o in pieno atto creativo, come Alberto Burri, immortalato a dare fuoco al cellophane in una delle sue “Combustioni”. 

Senza soluzione di continuità, nel corso del secondo Novecento e dei primi Duemila, è passato da Canova a Fausto Melotti, da Jacopo della Quecia a Giorgio de Chirico, da Bernini a Mario Schifano, da Donatello a Luigi Ontani e poi ancora Carla Accardi, Jannis Kounellis, Julian Schnabel, Antoni Tàpies, Roy Lichtenstein e tanti altri.
Curata da Paola Goretti e Marco Meneguzzo, la mostra raccoglie i ritratti più celebri di Amendola ma anche altri scatti, testimonianze dei molteplici generi da lui praticati. Tra tutti il ritratto d’artista (o d’arte, se i soggetti sono le opere di autori antichi) è sicuramente il più celebre, praticato spesso negli atelier, ambiente naturale degli artisti e luogo di genesi creativa. 
Lontano da ogni intento documentaristico Amendola spinge l’obiettivo oltre l’apparenza, compiendo con il clic un gesto poetico e seduttivo, capace di restituire in una sola immagine la bellezza della visione e la complicità con l’effigiato.

La mostra, visitabile fino al 25 giugno, è ideata da Pistoia Musei e promossa da Regione Puglia, Poli Biblio-Museali di Puglia, Teatro Pubblico Pugliese e Pugliapromozione in collaborazione con Pistoia Musei, Direzione Regionale Musei Puglia e Castello Svevo di Bari.
 

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