Mogol-Battisti, la casa salentina del mito sarà un parco

Mogol-Battisti, la casa salentina del mito sarà un parco
di Giuseppe TARANTINO
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Mercoledì 3 Settembre 2014, 23:59 - Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 15:25

NARDO' - Sulla spiaggia di Torre Squillace esiste una casa che � leggenda. Tra le sue mura sono state scritte pagine storiche della musica leggera e della cultura popolare italiana. Poesie e musiche ormai legate indissolubilmente al Dna italiano. Questa casa, una grande villa immersa nei pini, si affaccia sulle acque azzurre e chiare del mare Jonio di Nardò, in contrada “Scianuli”, e rappresenta un “luogo sacro” per la musica italiana, fulcro intorno al quale ruota la leggenda raccontata per decenni e ora tornata ad essere storia: in questa villa ci hanno abitato Lucio Battisti e Giulio Rapetti, in arte Mogol. Qui i due hanno trascorso diverse estati, tra gli anni ’60 e ’70, godendosi sole e mare e componendo alcune tra le più belle canzoni del loro sconfinato e preziosissimo repertorio. È una villa in stile mediterraneo, tutta bianca e con un porticato ad arco ribassato tipico di quegli anni, costruita sul finire dei ’50 sulla scogliera ai piedi di Torre Squillace, a pochi passi dalla piccola insenatura sabbiosa situata tra Sant’Isidoro e Porto Cesareo.







Probabilmente la casa fu una delle pochissime case costruite regolarmente, a fronte delle migliaia di villette abusive che dalla metà degli anni ’70 avrebbero poi caoticamente invaso la zona. Un grande fabbricato, circa 300 metri quadrati, con porticati e terrazze, immersa in una pineta di 3mila metri quadrati. Oggi i proprietari dell’immobile sono tre fratelli leccesi: Anna, Wanda ed Ennio Ruberti che, con le rispettive famiglie si alternano nella villeggiatura. In questo paradiso trascorrono le estati godendosi la pensione e ogni tanto si ritrovano a raccontare volentieri la storia di quella casa e dei suoi precedenti illustri abitanti. «Di questa villa, in famiglia, si cominciò a parlare nel 1973, -racconta Franco Està, marito di Anna- quando lessi sul Corriere della Sera una annuncio immobiliare: “Vendesi sontuosa villa nelle marine di Nardò”. Incuriositi, ci mettemmo in contatto con gli intermediari. Insieme ai miei cognati, in quel periodo stavamo cercando proprio una soluzione sul mare per trascorrere la villeggiatura restando vicini. «Venimmo a vederla – continua Franco - e dopo qualche mese, prima dell’estate del ‘74, riuscimmo a trovare un accordo con la “Prato verde srl”, società proprietaria dell’immobile».



Ma la sorpresa arrivò nel momento di chiudere la trattativa: nella nostra casa di Lecce venne a trovarci Mogol in persona e con lui stringemmo l’accordo e poi firmammo l’atto di vendita». Il prezzo? «Una somma considerevole per l’epoca, equivalente a circa 1 milione e mezzo degli attuali euro, ma quell’immobile aveva un “valore aggiunto”, era di proprietà di Mogol e Battisti». I due artisti erano arrivati nel Tacco d’Italia qualche anno prima, sul finire degli anni ’60. Era stato Adriano Pappalardo, che all’epoca frequentava il giro milanese della “Numero Uno”, l’etichetta discografica di Mogol, a convincerli a fare un giro nella provincia di Lecce, che ancora non si chiama Salento. E da buon copertinese, Pappalardo fece visitare a Mogol e Battisti le marine di Nardò frequentate dai villeggianti di Copertino: Porto Cesareo (all’epoca ancora frazione di Nardò), Sant’Isidoro e li “Scianuli”, Torre Squillace, ancora davvero selvaggia ed incontaminata. I due artisti si innamorano del luogo: il mare trasparente, le rocce bianche e poi la villa, praticamente l’unica costruzione di fronte alla torre, tanto lontana dalla caotica e logorante Milano. Un particolare non da poco per i due artisti, in quegli anni già al top della loro carriera. Decidono che quel posto è l’ideale per i “ritiri” creativi insieme ai loro amici, musicisti e collaboratori. Comprano la villa e la ristrutturano completamente: pavimenti di ceramica di Vietri, mobili, tanti letti.



Ci aggiungono anche una piccola piscina per figli, nipoti e bambini degli amici. E, soprattutto, allestiscono all’interno uno studio di registrazione dove suonare e comporre in assoluta tranquillità e lontani da orecchie indiscrete. E ci restano fino al 1973, anno in cui Battisti e Mogol decidono di venderla proprio perché l’abusivismo edilizio ormai dilagante aveva profondamente trasformato il posto, componendo molti dei loro capolavori: una leggenda raccontava che “Acqua azzurra, acqua chiara” sarebbe stata ispirata proprio dal mare cristallino di Torre Squillace. Mogol, invece, qualche anno fa ha rivelato che, più probabilmente, sono “La canzone del sole” e altre dello stesso periodo, ad essere state scritte in quella villa. In ogni caso, i proprietari intendono valorizzare questo tempio della musica italiana. Un progetto del geometra Gianni Pellegrino, parente dei proprietari, prevede infatti la trasformazione della villa e dell’area intorno in una sorta di “parco letterario”, con una piccola struttura ricettiva. Un luogo che può comunicare e far rivivere ai visitatori le sensazioni che hanno ispirato Mogol e Lucio Battisti nella composizione delle loro opere. Una porta di ingresso nella leggenda.

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