Vecchie storie di Puglia sulla giostra dei ricordi

Vecchie storie di Puglia sulla giostra dei ricordi
di Claudia PRESICCE
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Domenica 22 Agosto 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 14:43

Fermare il tempo e trattenere momenti sfuggenti, epoche che se ne vanno per sempre con lo scolorire del teatrino animato dai loro protagonisti, dà il senso di un’impotenza che va disinnescata. Come? Con l’esercizio della memoria. Costante, tenace. Tutto così resta fra noi, rimane come le tante persone che ogni giorno ci sentiamo accanto anche se appartengono ad un altrove lontano. 

“I ricordi sono la nostra fortuna: c’è in loro tutta la bellezza del mondo. Odio il pensiero di perderli, di lasciarli svanire”: sceglie queste parole dello scrittore Arthur Miller per introdurre al viaggio racchiuso nel suo libro il giornalista parlamentare Mario Nanni. Lo ha voluto sottolineare già dal titolo il senso del suo ultimo lavoro: “Sulla giostra della memoria”, sottotitolo “Persone e parole di sei generazioni”. Il libro parla di tanti colori salentini, pugliesi, riaccende cromie velate di stagioni di un Salento lento, genuino quanto ingenuo, anche ammaliante nella sua semplicità. Ma parla anche del riflesso che questo lascia dentro anche a chi prosegue altrove la sua storia. Il progetto che sottende questi racconti intrecciati, in uno stile un po’ da docu-fiction, la spiega lo stesso Nanni. 

«È l’idea che la cosiddetta cultura popolare, fatta di aneddoti, motti, detti sapienziali, proverbi, tramandati lungo generazioni da nonni e bisnonni, abbia una sua dignità e nobiltà non meno della cosiddetta cultura alta che si apprende nelle scuole e nelle università», dice.

Al centro, come nelle narrazioni più scenografiche, c’è un luogo da cui si parte e a cui si ritorna, un microcosmo dentro e intorno al quale tutto accade: la masseria del Fiume che, dopo le confische avvenute al tempo del Regno d’Italia, era di proprietà di tre famiglie di Neviano e un tempo comprendeva anche l’abbazia di Santa Maria de Balneo. I protagonisti si aggirano nel tempo, dai tempi della scuola dell’autore fino ai giorni del mondo della politica e del giornalismo parlamentare, tra “location esistenziali” scrive Nanni nell’introduzione e veri paesaggi dell’entroterra salentino. E poi, sempre nell’introduzione, ribadisce ancora l’essenza ricercata in queste scritture, di un lavorio legato alla memoria (personale, ma alla fine generazionale) che non si vuole perdere.

Inevitabilmente l’operazione genera nostalgia. «La verità è che si rimpiange la gioventù – scrive – e quindi se di nostalgia si tratta, è soprattutto legata allo scorrere degli anni e al dipanarsi della matassa delle varie vite narrate, alla ineluttabilità della finitezza della vita umana».

Le storie e la Storia

E di questo se ne ha presto contezza quando ci si accorge che degli abitanti di quel grande paesaggio dei propri ricordi non è rimasto più quasi nessuno. Il massaro Paolo dominus gestore della masseria del Fiume è la figura centrale della prima parte di queste narrazioni ed è lui che, come indossando un grande mantello, si trascina dietro un intero mondo, fatto di abitudini e dignità antiche. È abitato dal fattore, ad esempio, di cui vengono spiegate le mansioni oggi un po’ difficili da individuare in una società non contadina: «Questo tipo di persona fiduciaria era il fattore, una specie di alter ego del proprietario – scrive – quando nelle masserie egli compariva, il massaro si metteva all’erta e stava in campana».

Controllava i raccolti, gli incassi e aveva in mano praticamente la gestione economica della masseria. Era il massaro poi che nelle sere d’estate si metteva a raccontare, mentre tutti seduti intorno cercavano di godere del fresco notturno.

L’arte di saper narrare cose semplici, tramandate o esperienze proprie, che diventavano consigli per i giovani presenti, è descritta con il sapore di una sorta di monologo teatrale. «Un’arte quasi naturale – spiega Nanni – fatta di pause sapienti, di colore, di ritmo e forza evocativa, tale da dare all’ascoltatore la sensazione di essere stato presente e di aver visto con i propri occhi le scene descritte e raccontate…».

La cultura orale

E in fondo questa è la chiave di tutto il libro, recuperare l’atmosfera di un racconto che un tempo era anche cultura orale, storia di un luogo e quindi custodia di memoria. La giostra della memoria però gira in questo lungo libro e prosegue con memorie del tempo della formazione dell’autore, seguendo incontri con “altri” insegnanti (perché in fondo pure il massaro Paolo lo era stato un maestro). Per esempio, tra tante avventure studentesche, e anche quella politica, c’è in prossimità della laurea in Filosofia la partecipazione al Rischiatutto di Mike Bongiorno, con la domanda su uno strano trattato non pervenuta su nessun libro di Storia. Sarà quindi un sogno sfumato presto, ma con onore. 

La quarta parte invece segna un’altra fase della vita dell’autore (che alla fine è un uomo dalle mille vite), quando da insegnante diventò giornalista parlamentare: «Un giorno di settembre del 1977 il direttore Sergio Lepri mi chiama per dirmi che mi manda in Parlamento…». Fu l’inizio dell’avventura che ha portato Nanni a seguire le azioni delle Commissioni d’inchiesta epocali, da quella Moro a P2 e Sindona, a quella Antimafia, alla Bicamerale. Con il tempo è diventato capo della redazione politica e poi caporedattore centrale dell’Ansa. Ma la solidità del pensiero, la costanza nel lavoro, un dinamismo che non conosce indolenze hanno tutti i colori degli insegnamenti tratti dalle storie contadine di quel lontano entroterra salentino in quei giorni in cui batteva un altro Sole.

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