Senatore: "Le mie luminarie, una scatola per contenere tutto"

Senatore: "Le mie luminarie, una scatola per contenere tutto"
di Marinilde GIANNANDREA
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Venerdì 24 Luglio 2020, 10:27 - Ultimo aggiornamento: 10:38
Marinella Senatore è l'autrice dell'installazione di luci per Dior. Tra le artiste italiane più note (è nata a Cava de' Tirreni nel 1977), protagonista di un'arte partecipata e relazionale che incrocia discipline diverse, arti visive, danza teatro. Nel 2013 ha fondato School of Narrative Dance, un progetto didattico incentrato su inclusione e crescita personale. I suoi lavori coinvolgono e muovono l'energia di migliaia di persone, ma non per questo perdono la dimensione poetica nella quale è sempre possibile ritrovarsi.
 

Partiamo dal cortocircuito tra le luminarie e la scrittura dei testi inseriti nell'allestimento.
«Lavoro da tempo con le luminarie e dal 2017 con i fratelli Parisi con i quali ho realizzato lavori in tutto il mondo intersecando elementi contemporanei e tradizione. Il lavoro sui testi fa parte della mia opera e nelle frasi usate a Lecce c'è una citazione di Carla Lonzi. Le altre frasi sono mie e le lettere si differenziano dal resto dell'apparato anche per creare anche un cortocircuito estetico. Delle luminarie mi interessa non tanto il fatto religioso, ma il loro essere spazio sociale, un'architettura effimera che facilita la socializzazione. Il progetto originale si estendeva alla città, era aperto al pubblico, doveva essere più inclusivo e costituire uno spazio temporaneo di aggregazione di persone. Purtroppo le condizioni determinate dal Covid hanno imposto una soluzione diversa».
Qualcuno ha obiettato che coprivano l'architettura.
«Ho saputo che ci sono state delle polemiche. Non si voleva assolutamente coprire, ma creare diversi strati di narrazione. Sotto c'è il meraviglioso strato dell'architettura leccese, poi ci sono le luminarie, che riprendono gli elementi barocchi, e poi ancora le frasi e gli interventi astratti. I Palazzi e la Cattedrale non sono stati completamente coperti, le luminarie sono state create calibrando le tutte le forme e i colori, abbiamo brevettato per la prima volta un rosone enorme, fuoco centrale dell'installazione, un rosone tridimensionale che è insieme tradizione e sviluppo della tradizione. Quello che volevamo creare era una sorta di scatola magica dove avvenissero una serie di cose, una festa di tutte le arti, gli abiti, i danzatori, la musica meravigliosa, i fiori, il grano, i simboli cari alla tradizione pugliese, ma cari anche alla tradizione di Christian Dior. Uno spazio energetico in cui tutti potevano contribuire con la loro energia».
Un lavoro collettivo, corale.
«Il senso della mia arte è l'empowerment, l'emancipazione delle persone attraverso la bellezza e le parole. Le parole che ho usato sono femministe ma non di un femminismo militante, sono piccoli lemmi che incitano allo sperimentarsi, al perdonarsi, al ritrovarsi. Poi c'è la frase di Carla Lonzi La differenza della donna sono millenni di assenza dalla storia, tradotta in tutte le lingue. Per me era importante far conoscere in una kermesse internazionale quella che io considero una delle più grandi scrittrici e studiose italiane, mi ha dato molto e volevo fosse ricordata. Maria Grazia Chiuri è interessata all'arte femminista e Carla Lonzi è una personalità fondamentale nel Femminismo italiano».
La sua è un'arte partecipata, che cosa succede in questa fase di distanziamento sociale?
«Devo dire che avevo già attivato per la School of narrative art una piattaforma digitale e il progetto su cui sto lavorando ,Sinfonia delle città, è un open call in cui le persone registrano i suoni quotidiani che vengono dati a compitori locali per comporre una musica. Il suono permette, anche a distanza, una partecipazione molto sensibile delle persone».
E i suoi prossimi progetti?
«Vivo a Parigi ma voglio ritornare in Italia, soprattutto al Sud, credo che sia il momento giusto per tornare a casa».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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