In un libro, le ultime tarantate tra foto e memorie

In un libro, le ultime tarantate tra foto e memorie
di Eugenio IMBRIANI
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Sabato 7 Gennaio 2023, 04:40 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 04:37

Nel panorama, molto ampio, dei lavori dedicati al fenomeno del tarantismo, si inserisce questo nuovo contributo, a firma di Angelo Angelastro e Pierpaolo De Giorgi, “Le ultime tarantate”. 
Il suo nucleo centrale è costituito dalle fotografie che il noto giornalista della Rai scattò nel giugno del 1978, ritraendo la postura di alcune tarantate all’ingresso della cappella di san Paolo, dove si recavano per chiedere la grazia al santo nel giorno della sua festa; accanto ad esse i familiari che le accompagnarono, e nei pressi curiosi e qualche rappresentante delle forze dell’ordine con il compito di trattenerne l’invadenza (e la maleducazione che tante volte abbiamo registrato). 

Il reportage per la Rai del 1978


Le immagini sono molto belle, in bianco e nero, frutto di un raffinato lavoro di recupero. I soggetti sono ripresi da lontano, da un balcone di fronte, all’insaputa dei protagonisti, come si è fatto per molto tempo; esse raccontano un dolore, ma anche un sentimento di pietà, di calma sollecitudine, in un contesto in cui la ritualità è quasi inesistente, non c’è la guida della terapia domiciliare, così complessa, articolata, diversificata nei luoghi e nei tempi, come risulta dalle testimonianze precedenti e peraltro nel ’78 già disgregata.
Angelastro racconta che, all’epoca giovane redattore, chiese di recarsi a Galatina per realizzare un servizio, più che sul tarantismo, sulle donne tarantate che vi si recavano, voleva documentare un antico rituale, sollecitato dalle suggestioni derivanti dalla lettura di Cristo si è fermato a Eboli di Levi (che comunque non parla di tarantismo) e dal commento di Salvatore Quasimodo al film di Gianfranco Mingozzi “La taranta” (1962). Il Salento, inoltre, suscitava in lui un certo fascino perché Eugenio Barba con il suo Odin Teatret vi aveva qualche anno prima inscenato i primi spettacoli di strada. Stranamente, non cita tra le sue letture “La terra del rimorso” (il testo fondamentale di riferimento per gli studiosi del fenomeno), di cui era uscita nel 1976 una nuova edizione, anche se ne ricorda l’autore, Ernesto de Martino; e soprattutto non indica tra le opere che hanno attivato la sua attenzione un programma televisivo molto seguito apparso in quattro puntate sulla Rete 2 della Rai proprio nella primavera del 1978, una memorabile inchiesta dal titolo “Sud e magia” realizzata da Claudio Barbati, Gianfranco Mingozzi e Annabella Rossi, in cui gli autori tornavano sulle vie percorse da de Martino per condurre le sue ricerche e si chiudeva con lo sfogo di Assuntina (alias Maria di Nardò), la più famosa delle tarantate, ancora piena di rabbia per il male che gli studiosi le avevano fatto entrandole in casa, esponendola agli occhi del mondo, mentre discinta, scalza, con le chiome arruffate, era impegnata a domare la tempesta che la travagliava. 

L'accoglienza delle tarantate


L’interesse del giornalista, insomma, non era ancora maturo, doveva alimentarsi: altrimenti non sarebbe andato a cercare il rito dove non poteva trovarlo; ma ciò nulla toglie alla portata evocativa di quelle fotografie: nelle quali più volte compare il ritratto della straordinaria Michela, l’autrice delle “Lettere da una tarantata” pubblicate da Annabella Rossi, minuscola, filiforme, interamente vestita di bianco, capace di raccontare la propria vita e i propri sentimenti con gli strumenti elementari che possedeva, ma in modo decisamente efficace. 
Tra le guide che Angelastro nomina per la comprensione del fenomeno, troviamo l’etnomusicologo Diego Carpitella, che collaborò strettamente con de Martino, e Georges Lapassade che ha legato molta della sua attività al Salento: quando vi giunse per la prima volta, ormai oltre quarant’anni fa, Lapassade non aveva nessuna conoscenza del tarantismo, ma aveva da poco pubblicato il suo “Saggio sulla transe”, che era stato appena tradotto in Italia; egli era convinto che il ruolo dello studioso doveva consistere nel provocare atti sociali, e infatti la sua presenza non passò inosservata (qui ricordo la sua collaborazione con il sociologo Piero Fumarola), e, a proposito della transe, invitava a rivolgere lo sguardo non solo verso il lontano passato, al menadismo, a Dioniso, ma a guardarsi attorno, alle pratiche di tipo religioso, ai culti di possessione presenti nell’area del Mediterraneo, con i quali il tarantismo mostrava di avere certamente una parentela, con tutte le variazioni e le differenze riscontrabili.
Il secondo autore, Pierpaolo de Giorgi, nel suo saggio presenta la sua visione spiritualista del tarantismo, tornando su temi che gli sono cari, con riferimenti alla dimensione femminile del fenomeno (che però toccava anche gli uomini, tra vittime, musicisti, guaritori…), alla mitica grande madre, all’armonia degli opposti, agli errori che attribuisce a de Martino (il quale non seguiva certo questa prospettava); gli aspetti interpretativi risultano forse ridondanti nell’economia del volume, i cui intenti sono dichiaratamente divulgativi e forse avrebbe avuto bisogno di qualche altro dato di contesto.

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