Vigneri, il medico buono che volle guarire i “folli”

Vigneri, il medico buono che volle guarire i “folli”
di Nicola DE PAULIS
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Giovedì 7 Aprile 2022, 05:00

«Una delle istituzioni più proficue e più umanitarie della nostra città e che merita l’attenzione e l’appoggio delle autorità provinciali e comunali, non che il plauso del pubblico, è la sala d’esperimento dei poveri folli, messa nei locali dell’Asilo di Mendicità. In questo luogo si rinchiudono i pazzi poveri, invece di mandarli direttamente ad Aversa, dove spesso, o sempre, lasciano la vita, anche se la malattia possa curarsi. (...) Un uomo solo, senza ajuti, senza reclame, senza protezioni, ma guidato soltanto da un sentimento umanitario, concepì e mise in atto la istituzione delle sale d’esperimento pei folli, ottenendo una sola stanza dalla provincia, come abbiam detto, presso l’Asilo di Mendicità. Quest’uomo, che i posteri, giustamente, chiameranno benefico, è il nostro concittadino Cav.Dott.Giuseppe Vigneri».

Era il 7 luglio del 1888 e così, in un articolo intitolato “Pei poveri folli”, scriveva la “Gazzetta delle Puglie” lanciando alle istituzioni della Città di Lecce un accorato appello perché dessero aiuto e sostegno a quel medico che da solo, affiancato da un esiguo gruppo di volontari, aveva creato un’alternativa alla morte per i malati di mente. «E dal 1885 (ma 1884), da che è surta questa istituzione, si incontrano soltanto quattro vittime e molte guarigioni, poiché dei ricoverati pochissimi andarono ad Aversa. Ed ora ce ne sono quattro, dei quali due in via di guarigione», continuava l’articolo.

Promotore di battaglie per la salute pubblica

Ma quel medico salentino, il dottor Giuseppe Vigneri, vissuto a Lecce nella seconda metà del 1800 (1843-1901), la sua opera instancabile non la dedicò solo ai “pazzi”. In nome della salute pubblica, in quel periodo cruciale per la sanità del Regno di Napoli, funestato da colera, mortalità infantile e altre malattie infettive, egli si fece promotore di battaglie e iniziative per “la cura e la prevenzione della sifilide, la tutela del parto attraverso la formazione delle ostetriche, l’impegno come consigliere scolastico per migliorare le condizioni igieniche delle scuole di allora, quello nelle strutture carcerarie, l’insegnamento e la divulgazione dell’Igiene come disciplina olistica, non circoscritta solo all’ambito strettamente sanitario, ma anche a quello etico e sociale, come prevenzione di comportamenti ritenuti a rischio”.

Un libro per celebrarne la figura e l'opera

Fu insomma “Medico di valore, cittadino intemerato”, come recita il titolo di un saggio pubblicato di recente dalle Edizioni Grifo con il contributo dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Lecce, i cui autori - Ennio De Simone, già docente di Scienze naturali al Liceo Banzi di Lecce, studioso da tempo impegnato nella rivalutazione di fatti e personaggi relativi alla storia della scienza in ambito salentino (da ricordare il suo saggio su Antonio Miglietta, insigne medico originario di Carmiano che ai primi dell’Ottocento introdusse nel Regno di Napoli la vaccinazione antivaiolosa), e Mario Vigneri, medico e pronipote dell’illustre personaggio - rendono ora omaggio alla memoria di quel «medico di valore per gli uomini dell’epoca in cui ha vissuto, che finora però non ha ricevuto la dovuta attenzione dagli storici del nostro tempo, anzi in realtà, è stato ignorato», come spiega lo stesso De Simone.

Il saggio peraltro, oltre a descrivere la figura di Giuseppe Vigneri, ne illustra anche i legami familiari e amicali, fornendo così un interessante quadro sociale della Lecce fra Ottocento e inizi Novecento. Egli, come si legge nel libro, appartenente da parte paterna a una famiglia di giuristi, tra cui quel Paolino Vigneri difensore di illustri antiborbonici come Sigismondo Castromediano, e di artisti da quella materna come i pittori Saverio, Mosè, Rachele Lillo e i musicisti Giosuè e Giuseppe Lillo, fu “uomo probo ed onesto, cittadino intemerato, medico di valore, ingegno versatile”, per riprendere le parole a lui rivolte all’annuncio della sua morte comparso sulla stampa leccese.

Ma soprattutto fu medico con numerose cariche professionali, direttore delle Sale Celtich (dove si curavano le malattie trasmesse per via sessuale), delle Sale di Custodia dei Folli, del Brefotrofio. Fu inoltre impegnato in attività politica e amministrativa come Deputato Provinciale e componente del Consiglio Sanitario della Provincia.

E occupandosi fattivamente di psichiatria, di malattie veneree e di ostetricia, cercò di correggere e migliorare la situazione sanitaria di quei tempi, spesso precorrendo leggi, come nel caso dei malati di mente che volle affrancare dalle terapie coercitive che si praticavano nei manicomi e che erano tipiche dell’epoca e degli anni successivi.

Progettò una Scuola pratica di Ostetricia a Lecce

Fu suo il progetto, mai realizzato però, per istituire una scuola pratica di Ostetricia, per dare assistenza alle partorienti e ai neonati in modo da sottrarli alle insidie delle prestazioni delle “mammane” che ne mettevano seriamente a rischio la vita. Egli, attento lettore delle opere dei maggiori esponenti del positivismo, intendeva la medicina come una “Scienza sociale”, ritenendo l’essere umano un’entità che si pone ben oltre il suo mero confinamento all’ambito delle funzioni biologiche, per inquadrarlo in maniera più complessa dal punto di vista psicologico, antropologico e sociologico, come chiaramente espose attraverso i suoi scritti. Fu divulgatore e conferenziere molto apprezzato, e anche docente presso la Scuola Normale Femminile di Lecce dove si formavano le future maestre.

I due autori di questo saggio, inoltre, nel mettere a fuoco l’immagine di Giuseppe Vigneri si sono volutamente sospinti a dare uno sguardo più ampio rispetto alla sua sola persona. E’ stata quindi presa in considerazione anche la figura della moglie Natalia Rosen, di Odessa, valente violinista, e quelle del figlio Luigi, medico anch’egli, e altri membri della famiglia, imparentati con altre personalità tra le più importanti del tempo, come le famiglie dei Verderamo e dei Moschettini. Questo ha consentito loro d’incontrare lungo il percorso storico fatti e personaggi che hanno avuto ruoli fondamentali nel contesto cittadino della Lecce dell’epoca, e nel saggio si ritrovano nomi, date ed eventi che via via si sono intrecciati fra di loro nelle vicende, nelle situazioni e nei fatti che hanno interessato grandi e piccoli momenti di vita della società leccese.

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