Thriller nella movida: un gorilla a Lecce e il giallo è servito

Thriller nella movida: un gorilla a Lecce e il giallo è servito
di Claudia PRESICCE
6 Minuti di Lettura
Domenica 22 Aprile 2018, 18:38 - Ultimo aggiornamento: 19:11

E se i Sapiens non fossero gli unici uomini ad abitare il nostro grande pianeta? E se scoprissimo che la nostra specie si fosse macchiata all’alba dei tempi di un peccato originale orribile come il genocidio di massa di altri ominidi che coabitavano accanto alle nostre terre? I libri possono scuotere le nostre certezze, mentre fanno vibrare l’anima inseguendo visioni impreviste, aprendo scorci ignoti, stimolando il pensiero: e tutto questo, a volte, può provocare piccole grandi rivoluzioni.
Noir, horror, romantico, a tratti ironico, “Dottor Neanderthal. Il colore morto della mezzanotte” (Centoautori; 15 euro) è il nuovo romanzo di Francesco Costa ambientato in una Lecce inzuppata di misteri, dove gorilla inquieti compaiono dal nulla e una lotta per la sopravvivenza coinvolge mondi che potrebbero tranquillamente convivere. Ricorda qualcosa della nostra Storia? Molto più di quanto si pensi. 

Costa, dove nasce l’idea di questo singolare libro?

«Sono venuto a Lecce anni fa per incontrare studenti delle scuole per i miei libri e durante una pausa mi è stato suggerito di visitare il museo preistorico della vostra città. È stato lì che ho incontrato la statua di un uomo peloso un po’ animalesco e una di un uomo glabro con una lancia in mano. Avevo sempre pensato che i Neanderthal fossero nostri antenati, ma la guida mi ha spiegato che i Sapiens da cui discendiamo sono una specie diversa, seppur contemporanea per un certo tempo. Allora mi sono chiesto che fine avessero fatto i Neanderthal, perché e come si fossero estinti. Ho capito che c’era un mistero sotto e mi si è accesa una scintilla. Poi mi sono reso conto che con tutti gli Auschwitz, l’Inquisizione, gli eccidi di ogni tipo che hanno fatto nella Storia gli uomini, i Sapiens più grandi predatori del pianeta, poteva essere successo che li avessero sterminati loro (cioè noi). E poi ho letto che ci sono storici che stanno davvero studiando questa ipotesi. Così è nata l’idea di un libro fantastico in cui i Neanderthal, come gli ebrei al tempo della guerra o come tanti altri perseguitati per motivi religiosi, sessuali ecc, non fossero scomparsi, ma si fossero nascosti in mezzo a noi. Naturalmente ho ambientato tutto a Lecce dove tutto è nato e i miei accompagnatori sono finiti nel libro: la mia cara amica libraia ha qui un destino terribile, ma nella realtà assicuro che non le è successo niente e ride molto della sua trasposizione letteraria…».

Parliamo di Lecce con cui ha questo rapporto interessante.

«Credo che ci si possa innamorare dei luoghi come delle persone, come un colpo di fulmine al primo sguardo. Quando sono arrivato la prima volta qui e sono uscito dal vicolo dov’era il mio alloggio, seguendo le indicazioni per il ristorante, mi sono ritrovato all’improvviso in piazza Sant’Oronzo vicino all’Anfiteatro. È stato incredibile, mi sentivo abbagliato dalla pietra e ho pensato che sarei anche potuto morire. Una sorta di sindrome di Stendhal inspiegabile, ho sentito come se qui ci fosse qualcosa di me. Ho stretto bei rapporti di amicizia, con un giornalista e sua moglie, che è poi la mia libraia, con una scrittrice e altri, quindi ormai ho qui un pezzo della mia vita».

Questa storia è noir, ma non è questa città a ispirarle violenza…

«No infatti, Lecce è bellissima, io ho seguito la storia di una comunità che si nasconde, qui come altrove, e si difende dagli “altri”. Il senso del libro è spiegare la necessità dell’umanità di trovare un’altra via, di cambiare la Storia presente e futura: vediamo tutti che cosa sta succedendo in Siria in questi giorni, e tutto questo deve finire... Il Sapiens si è macchiato di troppi genocidi, è portatore di troppa rabbia, di troppe lotte per il potere: il rischio è di distruggerlo davvero questo pianeta. Mi piace pensare che invece il Neanderthal fosse anche più sognatore, artista: c’è una battuta su Michelangelo non casuale, come se quel genio fosse uno di loro».

Se li è ben raffigurati…

«I Neanderthal li ho immaginati molto coesi, perché da sempre si difendono da chi ha operato per il loro genocidio, il primo terribile atto della nostra storia. Dalle ricerche che ho fatto mi risulta che molti scienziati si stanno avvicinando alla tesi che il Sapiens abbia potuto sterminare i Neanderthal, cosa che ci vedrebbe mostruosi fin dalle nostre origini… difficile accettarlo. Prendere atto di quello che siamo stati però ci aiuterebbe a migliorare e ad evitare che si ripeta la stessa cosa continuamente, che il più forte prenda sempre il sopravvento come in questi giorni in Siria…».

È un libro anche sull’intolleranza.

«Sì, sul bisogno di cambiare strada su tante violenze. Ma è soprattutto un noir, un horror con le tappe canoniche che può piacere anche ai giovani. Il protagonista, lo scrittore di un libro che dà fastidio a sua insaputa, è l’unico a non capire niente di quello che succede intorno a lui e da solo, insieme al lettore, dovrà districare il mistero della situazione ingarbugliata in cui si trova».

Senza raccontare troppo si accenna anche al tema della violenza alle donne.

«Ci sono tante persone cattive tra noi che però hanno una vita normale, e ogni giorno scopriamo che c’è un tasso di omicidi di genere impressionante. Ho cercato di raccontarlo in un romanzo fantastico e in un modo del tutto originale».

L’originalità si evince subito, appena un gorilla irrompe in un ristorante...

«Eppure lo sa che le cose più strane del libro sono vere? È successo davvero ad Amsterdam che un gorilla fuggito da uno zoo abbia fatto un’irruzione tra i clienti di un locale. Le cose più “normali” sono inventate, quelle più incredibili invece sono prese da fatti reali».

Tuttavia una cosa la sveliamo: le donne Neanderthal appaiono più forti e in gamba dei loro uomini che invece si invaghiscono più facilmente di chi peggiorerebbe la specie. È un messaggio?

«Le donne sono sempre più strutturate secondo me, legate alle radici e meno propense ai voli pindarici. Insieme a questo ho voluto raccontare anche la difficoltà per gli amori tra “diversi”: ancora oggi un bianco che sposa una donna di colore o viceversa in alcuni luoghi suscita un certo fastidio, e di esempi se ne potrebbero fare altri. C’è tutta una metafora sulla diversità, che è vista dai Sapiens come una cosa orribile e dagli altri come un pericolo che potrebbe far scoprire il loro segreto. Nel prossimo libro, il secondo di una trilogia, si scoprirà che i Neanderthal sono pure molto strutturati in vari livelli, tra cui i guerrieri, come Nina uno dei personaggi horror della storia che quando compare… per qualcuno finisce male».

Il secondo libro che sta scrivendo comincia dove finisce questo?

«No, il protagonista dopo tante fughe lo ritroveremo a Lisbona, ma essendo lui un po’ come la “Signora in giallo” dove si trova c’è sempre un nuovo delitto».

Tra i tanti spunti di riflessione di una favola noir come questa c’è quello che intorno alla letteratura, cioè il libro del protagonista che è uno scrittore, si generi una sorta di rivoluzione. Oggi sembra assurdo pensarlo, ma è un’idea molto forte…

«Esatto, e siccome sulla cultura non investiamo c’è anche la metafora di come la cultura sia in pericolo: chi ha a che fare con i libri fa una brutta fine in questa storia. La simmetria è forte tra libri e delitti nel romanzo. Ma fa capire anche che i libri scuotono le coscienze e fanno aprire gli occhi. Anche quelli apparentemente più innocenti come questo».
 

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