Nel romanzo d'esordio di Giannone la storia di una postina nel Salento anni '30

Nel romanzo d'esordio di Giannone la storia di una postina nel Salento anni '30
di Claudia PRESICCE
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Venerdì 6 Gennaio 2023, 05:00

“La corriera blu, malandata e arrugginita, si fermò stridendo sull’asfalto rovente del primo pomeriggio. Umido di afa, il vento faceva oscillare le foglie della grande palma al centro della piazza deserta. Gli unici tre passeggeri a bordo scesero: Carlo per primo, sigaro spento tra i denti, vestito di tutto punto col gilet e con le Oxford di pelle marrone tirate a lucido, uscite indenni da un viaggio che, prima in treno e poi in autobus, era durato due giorni...”. Era il mese di Giugno del 1934 e il viaggiatore sceso dall’autobus riconobbe subito l’odore del suo paese “un miscuglio di pasta fresca, origano, terra bagnata e vino rosso” . Tornava a Lizzanello dalla Liguria in cui lavorava e portava con sé, Anna, la moglie ligure destinata a portare “scompiglio” in quel Salento antico. 
“La portalettere” (editrice Nord; 19 euro; 416 pagine; ebook 9,99 euro) è il romanzo di esordio di Francesca Giannone e arriverà in libreria lunedì 9 gennaio con una storia non del tutto di finzione. «Tutto è nato dal ritrovamento di un tesoro custodito in un cassetto della casa dei miei genitori in cui mi trovavo durante il lockdown – spiega Francesca Giannone che si occupa di arte e letteratura, dopo una laurea in Scienze della Comunicazione, studi al Centro Sperimentale di Cinematografia, corso di scrittura con Carlo Lucarelli e varie altre esperienze tra Roma e Bologna – ho trovato una serie di fotografie in bianco e nero, delle lettere e poi un biglietto da visita. Era una cosa rivoluzionaria perché nei primi anni Trenta pochissimi facevano stampare quei biglietti, ma quello che c’era scritto era importante: si legge ‘Anna Allavena Portalettere’».
Quindi apparteneva ad una donna che faceva la “postina” a Lizzanello? 
«Sì, la mia bisnonna. Ho iniziato a fare indagini in famiglia e poi in paese tra gli anziani che si ricordavano di quando erano bambini che una signorina consegnava la posta in bicicletta. Era chiamata ‘la forestiera’ perché veniva dal Nord».
Questa “portalettere” è quindi diventata il centro del suo libro che parte quindi da una storia vera. 
«Sì, Anna è una donna che arriva dalla Liguria con il marito salentino che rientra nel suo paesino, Lizzanello di poche migliaia di anime. Lei viene da Pigna e fa fatica a specchiarsi in questa nuova realtà meridionale. Presto infatti fa una cosa del tutto rivoluzionaria: è l’unica donna a presentarsi a un concorso delle Poste, e lo vince diventando la prima postina donna del suo paese. Ma credo che sia la prima anche di tutto il Salento in realtà, anche se ancora non sono riuscita a provarlo con gli archivi postali di quasi cento anni fa…».
Era una ragazza normale comunque, arriva a Lizzanello vestita a lutto come richiedevano i tempi, non una accanita rivoluzionaria. Semplicemente Anna voleva essere libera, vero? 
«Sì, la sua è la storia di una donna che credeva alla parità di genere, voleva fare le cose a modo suo e non vedeva niente di strano a fare un lavoro fino ad allora destinato agli uomini. Il romanzo è ispirato alla storia di una persona vera e fatti autentici, ma poi il resto è pura invenzione». 
I mariti al tempo ostacolavano queste prese di posizione, il suo bisnonno come la prese? 
«Il mio bisnonno era un figlio del Sud. Una volta rientrati nella propria terra i meridionali difficilmente si portavano dietro i venti di modernità respirati altrove. Lui aveva paura di quello che poteva dire il paese, delle chiacchiere, ma poi si rassegnò. Lei era comunque una donna diversa dalle altre, non capiva il dialetto locale, aveva un accento strano, tradizioni e abitudini differenti. Fece molta fatica all’inizio ad ambientarsi e le affibbiarono subito l’appellativo che avrebbe portato anche dopo decine di anni: Anna qui è stata ‘la forestiera’, mai una di loro, gli anziani la ricordano così a Lizzanello».
Uno spaccato di Salento emerge da questa storia che è anche molto al femminile, ricca di tanti personaggi. 
«Il romanzo racconta una storia familiare, parla di autodeterminazione delle donne e anche di amore declinato in tante forme, da quello familiare a quello sentimentale, all’amor proprio ecc. È una vicenda complessa che segue vent’anni di storia corale, mettendo al centro tanti abitanti del paese che si muovono attorno ai protagonisti. Con Anna si entra nelle case in cui lei va a consegnare la posta».
Che cosa lei vorrebbe che rimanesse di questa storia? 
«La prima portalettere donna merita di essere celebrata e non dimenticata. Tengo fede con questo romanzo a una promessa fatta fare a mia madre da sua nonna sul letto di morte: le aveva chiesto di non dimenticare la sua storia…».
Il suo processo Francesca è stato inverso: se n’è andata dal Salento al Nord. È ancora necessario andare via? 
«Sono stata tanti anni a Roma e poi Bologna sì, ma ora sono tornata e non mi sposto più. Andarsene dal Salento aiuta a vivere altri pezzi di mondo, ma sapevo che dopo tanti corsi, lavori e studi sarei rientrata qui, appartengo a questi luoghi”».
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