Tutto questo il trentaduenne neretino lo racconta nel libro “Dalla Luce alla notte”, edito da Bompiani, che sarà presentato stasera, alle 18.30 a Gustoliberrima, alla presenza dell’autore. Uno scrigno di ricordi tracciati per parole e immagini (ci sono, infatti, quaranta foto scattate da Alemanno durante i viaggi con Dalla) che ci restituiscono un ritratto inedito dell’uomo e dell’artista.
«Quando ho sentito che era il momento giusto, né troppo presto né troppo tardi: ho trasformato il dolore in racconto, ricordandomi che non ho mai smesso di essere uno dei fan più grandi di Lucio. Volevo fosse un regalo per lui e per i suoi ammiratori che non hanno avuto la fortuna di conoscerlo così bene, come invece è successo per caso a me».
«Lucio che, appena nato, avrebbe urlato “Luce!”, stando ai suoi racconti surreali - già da questo si capisce il personaggio, l’animo bambino che nascondeva dietro il suo aspetto - e poi inevitabilmente il nostro primo incontro, nel 1997, a Bologna».
«In maniera precisa e lucida: rivivo gli stati d’animo, lo stupore, l’imbarazzo, la curiosità, risento l’odore della casa, del camino acceso, della pelle del divano su cui ero seduto. Aver detto subito che sono pugliese è stata la mia fortuna».
«Lucio si sentiva metà pugliese, io lo sono completamente. Lucio amava le Tremiti a tal punto che avrebbe voluto esserci seppellito, io me ne sono innamorato grazie a lui, che mi ha fatto scoprire altri luoghi unici, come le Isole Eolie e l’Etna».
«Mi piace rispondere, citando quasi il brano “Comunista”, scritto da Lucio con Roberto Roversi: avevo appena dieci anni e mi sentivo quello stesso ragazzo del Sud, Andrea Del Vento, che sarebbe partito per andarsene lontano. Sognavo la vita, l’arte, il futuro. E un giorno tutto questo è arrivato».
«Mi rigenera, mi ricorda le mie profonde radici, mi riporta al grembo materno: non credo si spezzerà mai il cordone ombelicale che mi lega alla Puglia, alla sua luce benedetta, alla sua incredibile e generosa terra rossa, agli ulivi secolari e ai muretti di pietra. Nelle mie fotografie io cerco il mio Sud, anche a Mosca o a New York».
«Oggi in quello dello scrittore. La mia vera (e unica) formazione è quella attoriale, ma di giorno in giorno varia: la stessa emozione o sensazione d’arte può far nascere un verso, una foto o un pensiero musicale, oltre che aumentare di nuove sfumature la valigia dell’attore. Cerco di coglierle tutte. Il sogno nel cassetto è quello della regia».
«Portare in scena, anche come interprete, un monologo teatrale inedito di Roversi, scritto negli anni Settanta per Gian Maria Volonté e mai andato in scena. E poi una mia mostra dedicata a Luigi Ghirri, grandissimo fotografo e amico di Lucio».
«Per ora il libro. Dopo si vedrà».