Interviste/ Renzo Arbore a Lecce:
«E' la mia città ideale»

Interviste/ Renzo Arbore a Lecce: «E' la mia città ideale»
di Anita PRETI
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Lunedì 1 Aprile 2013, 19:01 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 12:02
LECCE - Il figlio del dottor Giulio, medico dentista, e della gentile signora Giuseppina, valente pianista, il bis-bisnipote di Carlo Cafiero, anarchico “risorgimentale”, ovvero il mancato avvocato Renzo Arbore sta arrivando. Il 5 aprile terrà un concerto al Politeama Greco di Lecce con l’Orchestra Italiana, con un omaggio al grande Roberto Murolo a dieci anni dalla scomparsa. Ma Arbore era anche ieri sera su RaiUno per la prima puntata de “L’altra”, nuovo programma di Stagno & Minoli. In più è in libreria con il volume “Vita opere e (soprattutto) miracoli” di Giovanni Garrucciu (Eri). Quanto ad internet, il sito renzoarborechannel.tv è in crescita, con il suo titolare conquistato dal web»

Quando le è chiara, all’orizzonte, la sua terra, arrivando da nord?

«Comincio a sentirmi a casa già a Termoli, appena si profilano i trabucchi sul mare. Poi, il Tavoliere. Infine inizia la discesa degli ulivi fino al mare, quello serio, celeste, pescoso, profumato. Invincibile rispetto al Tirreno che Marisa Laurito mi continua a proporre in confronto».

E di Lecce cosa pensa? Sia galante, per favore.

«Non ce n’è bisogno. Città ideale. Questa è una Puglia strana per noi settentrionali foggiani, è quasi Sicilia. Con i suoi colori, le luci, i profumi, le belle donne».

C’è un Rinascimento cinematografico che ha nel Salento uno dei suoi punti di forza.

«Sì, ma non dimentichiamo personaggi come Fernando Di Leo, foggiano, amato da Quentin Tarantino. Ne ho parlato nel documentario “Un pugliese a Roma”».

Che verrà presentato fra pochi giorni a Lecce, al Festival del Cinema Europeo dove ci sarà anche un tributo a Di Leo. E degli altri cosa dice?

«Potrei raccontare dei miei amici di Altamura, di “Focaccia blues” e di Nico Cirasola. O di Sergio Rubini che sta celebrando Matteo Salvatore. Prima eravamo quasi soffocati da una forma di provincialismo autocritico: ma chi te lo fa fare; se non vai via da qui, non combini niente. Adesso, anche grazie al lavoro dell’Apulia Film Commission, le cose sono molto cambiate».

E di quello che non è cinema? Cosa c’è di interessante?

«A parte la Taranta che va benissimo, tra i musicisti amo Gianluca Petrella, il più bravo trombonista che ci sia. Adesso gli americani devono imparare da noi. È cresciuta una formidabile generazione di jazzisti. Sono i figli, i nipoti dei nostri bandisti».

La prima canzone napoletana che ha amato?

«“Passione”, cchiù luntana mme staje, cchiù vicino te sento….la suonava mia madre al pianoforte e la cantava mia sorella Elena».

Che lavoro ha fatto invece lei sulle grandi melodie napoletane?

«Non ho toccato né la melodia, né l’armonia. I testi poi sono così poetici, alla pari solo con quelli messicani e francesi. Ho solo ritoccato i ritmi. Ed ho recuperato il suono dei mandolini».

Cosa pensa di Arbore compositore?

«Nel libro ho inserito una sola canzone, “Io faccio ’o show”. Forse quella fatta con maggiore sentimento. Le altre corrispondo al mio versante ironico. A me sono sempre piaciute le canzoni della gita, da cantare a squarciagola in compagnia: “La canzone del sole” di Lucio Battisti, “Azzurro” di Paolo Conte. le mie hanno quell’impronta. Forse la più importante è “Sud”, cantata da Pietra Montecorvino».

Lei considera un maestro Rodolfo De Angelis, l’autore di “Ma cos’è questa crisi”. E il filone ironico di oggi?

«Elio e le Storie Tese. Sono irripetibili. E sono anche dei grandi musicisti. E poi il grandissimo Enzo Jannacci, che è appena andato via, il primo a rispolverare un certo genere con “Vengo anch’io”»

Ha attraversato tanta musica, tanta televisione, radio, cinema. E la popolarità. Come ha fatto a rimanere un uomo semplice?

«Credo che sia importante prendersi in giro. Io lo faccio. Anche se adesso, con l’età, con questi libri, comincio a capire che devo darmi un po’ di arie. Se penso alla tv, per esempio, i miei programmi erano dei prototipi: primo contenitore, “L’altra domenica”; primo talk- show, ancora prima di Costanzo, “Speciale per voi”».

La sua casa è molto colorata e piena di collezioni folli, vero?

«Sì, ma sto pensando di regalare ad un museo la raccolta di oggetti di plastica. Non c’è più spazio».

Ma adesso manca anche un colore.

«Non riesco ancora a parlarne».

Quando il dolore sarà un po’ mitigato, cosa si potrebbe fare per ricordare meglio Mariangela Melato?

«Mi sento in dovere di renderle giustizia come donna. Giancarlo Giannini, ricordandola, ha detto che era la più grande nel teatro drammatico e nel cinema impegnato come in quello comico. Ma c'è dell’altro: in 42 anni, anche quando siamo stati lontani, non abbiamo mai litigato. Vorrei far conoscer le sue qualità, la sua generosità, la nobiltà d’animo».

Concludendo, chi è Renzo Arbore?

«Uno che sta appresso alla musica. Lo diceva mio padre: “Stai sempre appresso alla musica, studia!, non riuscirai mai a laurearti”. Era il suo slogan».
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