L'intervista/Mario Desiati: «Allo Strega ho rotto una consuetudine, brinderò con i miei pugliesi. Il mio look? Vicinanza alla comunita Lgbt»

L'intervista/Mario Desiati: «Allo Strega ho rotto una consuetudine, brinderò con i miei pugliesi. Il mio look? Vicinanza alla comunita Lgbt»
di Massimiliano MARTUCCI
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Sabato 9 Luglio 2022, 14:10

«"Mai contento, mai nel mio centro", diceva Giacomo Leopardi» spiega Mario Desiati, fresco vincitore del Premio Strega, spiegando il senso del termine che ha dato il nome al romanzo, ma che indica anche una condizione esistenziale: «Ho usato "spatriati" un po' come sinonimo elevato alla potenza di queer, persone che non si danno una definizione non solo in ambito sessuale, ma anche professionale e geografico. Ho usato la parola del nostro dialetto martinese, traslandola in italiano, giocando con la sua polisemia, che in italiano vuol dire "essere andati via", unendo questi due significati per aumentarne il significato» 

Una condizione che vive chi non si sente di appartenere. Pensi che negli ultimi anni ci siano state delle mutazioni?
 «In questi due anni siamo stati in qualche modo obbligati a ridurre i nostri spostamenti, le nostre possibilità di fare alcune cose. Molte persone, a causa dell'impossibilità di spostarsi, hanno cambiato vita. Ma molti sono andati via, trovando la forza per farlo. Questo è un dato da tenere presente, perché questa diversità che c'è oggi, dipende da qualcosa che è successo. Mi riferisco a quella parte di Europa dove c'è stato il lockdown più duro. Queste misure ci hanno segnato, magari questo ha generato di più la voglia di andare via. L'Italia è uno dei paesi dove c'è un alto tasso di emigrazione, in Europa. Io sono uno scrittore italiano, sono di Martina Franca e dalla mia città vanno via tantissimi. Quanti vanno via? Magari tornano, e tanti sono tornati dopo la pandemia. Ma il fatto che siano andati via da cosa dipende? Uno scrittore italiano questo dubbio se lo deve porre, io lo faccio da vent'anni. Sono andato via, sono tornato e sono andato via di nuovo. Per questo ho scritto un libro che si chiama "Spatriati"».

E tu perché sei andato via? 
«Non ho una definizione. Sono andato via per tante ragioni, perché quello che volevo fare, non potevo farlo restando fermo in un posto più di tanto tempo». Hai finito di esplorare il tema dell'andarsene? «In parte l'ho finito. Nel prossimo romanzo, anche se ci saranno personaggi che si sposteranno, in realtà non è il fulcro». Gli spatriati sono condannati a vagare o hanno speranza di trovare una condizione di felicità? «Questa domanda vale per tutti, non solo per gli spatriati. Ma sono certo che è possibile trovare un equilibrio in un posto, che non è solo fisico o geografico, ma una comunità, una famiglia, in un lavoro, dove si può essere vicini a quello che si vuole essere. Ieri, durante la premiazione, ho ricordato che non si riesce ad essere se stessi anche per la pressione sociale, come succede a Francesco nella prima parte del libro». 

Chi ha visto la premiazione o le sue foto non ha potuto non notare alcuni accessori del tuo look. Volenti lanciare un messaggio?
«Nella serata del Premio Strega gli scrittori parlano pochissimo, solo quel minuto e mezzo in televisione, nell'intervista finale. Ma è il coronamento dei mesi in cui si è stati a portare il libro in giro, con altri scrittori, e ho giocato. Ho giocato a vestirmi come si sarebbero vestiti i protagonisti di "Spatriati", richiamando il libro. Ero truccato come lo sarebbe stato Francesco nella famosa sera della seconda parte del libro, e la camicia che richiamava un po' le stole da giovane catecumeno che partecipa alla processione. E poi le scarpe e la mascherina arcobaleno che usciva dalla giacca che voleva essere un riferimento alla comunità LGBTQ+ alla quale mi sento partecipe, per tante ragioni». 

Alla fine, hai ringraziato Mariateresa Di Lascia e Alessandro Leogrande, scrittori pugliesi. 
«L'ho dedicato agli scrittori pugliesi con cui sono cresciuto, rompendo il cerimoniale che vuole che lo scrittore stappi la bottiglia e poi la beva. Ho deciso di farlo in Puglia, vedremo dove».