E sul Gazzettino rifiorì la letteratura leccese

E sul Gazzettino rifiorì la letteratura leccese
di Giorgio MANTOVANO
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Mercoledì 4 Settembre 2019, 13:32
Questa è la storia di un memorabile periodico, il Gazzettino Letterario di Lecce, fondato nella seconda metà dell'Ottocento in una piccola città del Sud, ricca di fermenti culturali. È la storia di una creatura letteraria, frutto di una grande passione, bravura e fantasia, che merita di essere narrata. Sorta tra non poche difficoltà in una modesta stanzetta della Lecce vecchia, quella preziosa rivista, malgrado la breve vita, è sopravvissuta all'oblio del tempo. La si può trovare, perfettamente custodita, nella Biblioteca Interfacoltà dell'Università del Salento, intitolata alla memoria di Teodoro Pellegrino, eminente studioso della cultura e della storia cittadina, indimenticato direttore, per lungo tempo, della Biblioteca Provinciale di Lecce.

Per meglio comprendere il fascino antico di quel periodico occorre provare a ripercorrerne le origini. Corre l'anno 1878 quando Luigi Tinelli, docente, prima, e poi insigne preside del liceo classico Giuseppe Palmieri, concepisce l'idea di raccogliere in quelle pagine i contributi dei migliori ingegni. Tinelli ha appena compiuto trentotto anni e ricopre da cinque anni la cattedra di lingua e letteratura italiana in quel liceo leccese che diverrà noto per i suoi fasti ottocenteschi. È un fervente garibaldino. Prima di dedicarsi all'insegnamento si è distinto tra i patrioti che a Villa Glori, nel 1867, hanno combattuto per liberare Roma dal governo pontificio ed unirla all'Italia. È un professore appassionato, amato dai propri studenti e stimato dai colleghi che ne apprezzano la dirittura morale, la modestia e l'erudizione. Malgrado la giovane età, possiede già un tale carisma da riuscire a coinvolgere intorno a quell'idea le migliori energie intellettuali del Salento e non solo.

La città di Lecce, con le sue librerie, con i suoi giornali, con le accese diatribe post unitarie e con un fulgido Foro, va aprendosi a nuovi stimoli culturali, ben testimoniati dalla fondazione, nel 1863 della Biblioteca comunale e, nel 1868 da parte del Duca Sigismondo Castromediano, del Museo. I tempi paiono maturi per diffondere, al meglio, la cultura. Il manifesto del Gazzettino è chiaro e merita di essere ricordato. Ci siamo posti in capo, scrive Tinelli, di voler fare un giornaletto letterario che costi poco, e si faccia leggere da molti, possibilmente senza sbadigli. Non si vuole spandere dottrina o abbagliare coll'erudizione, né far di critica o di saccenteria; non miriamo a risplendere e ad illuminare; miriamo a fare un po' di bene agli altri e a noi stessi, e farlo alla buona. L'idea nasce dal diffuso e percepito bisogno di rifondare la vita letteraria in questa punta estrema del tacco dello stivale, consapevoli che circolano pochissimo i nomi degli scrittori contemporanei di maggior fama, specialmente se stranieri. Da ciò il desiderio di cominciare a scuotere un po' quest'inerzia.

Il periodico ha cadenza quindicinale, viene pubblicato il 10 ed il 26 di ogni mese. È stampato presso lo Stabilimento Scipione Ammirato di proprietà di Leonardo Cisaria. Nel Gazzettino Letterario è espressamente bandita la discussione politica o il far pettegolezzi di alcun genere. Vi collaborano i poeti Vincenzo Ampolo e Bicci Ersilio; lo scrittore, medico e scienziato Cosimo De Giorgi; il drammaturgo Francesco Bernardini; lo storico Pietro Palumbo che illuminerà la storia di Terra d'Otranto e il Risorgimento salentino; l'artista Stanislao Sidoti; i giuristi Francesco Rubichi e Leonardo Stampacchia; lo scrittore e traduttore di autori stranieri Francesco Muscogiuri; il letterato Aleardo Trifone Nutricati Briganti; il rievocatore della Grecìa salentina Vito Domenico Palumbo; il futuro sindaco di Lecce Giuseppe Pellegrino; il pedagogo e medico Pietro Siciliani, collega del Carducci a Bologna; il commediografo Roberto Bracco, per citarne solo alcuni.

Sono tutte figure di primissimo piano. Francesco Rubichi, il futuro principe del Foro, dotato di una vasta erudizione e noto per la raffinata capacità oratoria, ha solo 27 anni quando recensisce, nel primo numero apparso il 10 luglio 1878, l'Histoire d'un crime di Victor Hugo e L'Assommoir di Èmile Zola. Conoscitore della lingua francese e di quella tedesca, il Rubichi letterato ha studiato i grandi romanzieri, come Hugo, Balzac, Poe, Daudet, Dostoevskij, Tolstòj, Zola, Turgenev. Dai classici e soprattutto da Ibsen ha imparato a scandagliare le esplosioni dei drammi individuali e i tormenti della coscienza. Francesco Muscogiuri ha la stessa giovane età di Rubichi quando recensisce Gérard de Nerval e Charles Baudelaire, di cui critica Les Fleurs du mal.

Il giovane Leonardo Stampacchia pubblica, nello stesso periodo, per i tipi della Tipografia Salentina, l'opera Dei rapporti tra legge giuridica e legge etica, mentre appronta per il Gazzettino un'accurata rassegna bibliografica. Pietro Palumbo, dal canto suo, seduce i lettori del periodico con la pubblicazione a puntate di Castelli in Terra d'Otranto. La rivista di Tinelli è elegante nella sua semplicità, è ben curata, con articoli anche di divulgazione scientifica, cui si alternano bozzetti ed elzeviri, allora in gran voga. È un gran piacere scorrere quelle pagine così intense e, per certi versi, sorprendentemente attuali. Esse hanno avuto il merito di trattare, con disinvoltura e competenza, ogni argomento letterario, hanno sollecitato curiosità e studi, hanno stimolato dibattiti di grande interesse, hanno promosso una svolta culturale di radicale importanza. Ma, soprattutto, hanno testimoniato come, in quel frangente storico, in una piccola città del profondo Sud, malgrado la povertà dei mezzi materiali e la modestia dell'abito esteriore, la passione per la diffusione della cultura prevalesse su tutto.

Purtroppo, quel periodico cessò di essere pubblicato alla fine del 1880. La figura di Luigi Tinelli, pochi mesi dopo la sua precoce scomparsa, sarà celebrata dal liceo classico leccese con una lapide apposta l'11 gennaio 1891 all'ingresso dell'aula magna dello stesso istituto, nella bella piazzetta intitolata a Giosuè Carducci. Sono toccanti le parole che ricordano il patriota e docente, scomparso a soli cinquant'anni, che dal 1873 al 1888 educò la gioventù con cura mirabile al culto delle lettere e della patria. Quella lapide è ancora lì, in quel complesso in cui si formò la maggior parte dei personaggi che, a vario titolo, hanno concorso alla storia della Terra d'Otranto. E Tinelli probabilmente sarebbe rimasto incredulo se gli avessero detto che, ben oltre un secolo dopo, la sua amata rivista, frutto di mille sacrifici, sarebbe stata custodita anche oltreoceano e digitalizzata, in ossequio alla sua importanza e al suo respiro internazionale, dall'Harvard College Library.
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