Giancarlo Moscara, addio al grafico visionario

Giancarlo Moscara, addio al grafico visionario
di Alessandra LUPO
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Giovedì 14 Novembre 2019, 08:20 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 16:08
Si dice che l'artista sia colui che vive la sua opera prima ancora di produrla. Ed è stata infatti una vita artistica ricca e impossibile da condensare in poche righe quella di Giancarlo Moscara, pittore, grafico, sperimentatore e una delle menti creative più poliedriche del Salento, che si è spento ieri nella sua casa studio alle porte di Lecce, lasciando un grande vuoto nell'universo culturale salentino.

Nato a Lecce nel 1940, Giancarlo Moscara viveva e lavorava tra Cavallino e San Cesario: in un ex magazzino di tabacchi aveva costruito la sua bottega dal sapore rinascimentale, in collaborazione con la moglie Titti Pece, storica e critica d'arte, e il figlio Marcello, fotografo. Una famiglia molto diversa dalle altre, in cui lo scambio tra competenze, linguaggi e sensibilità è stato motore di numerose produzioni.

Un'officina del pensiero oltre che una casa ad alto tasso di creatività, diventata col tempo anche un luogo conviviale in cui sperimentare forme di valorizzazione del territorio nei suoi aspetti più autentici. Del 2015 il progetto fotografico Lemme Lemme, intento a svelare il Salento immaginifico e slow nascosto dietro i percorsi turistici convenzionali. Un dialogo con il territorio filtrato da sensibilità mature e sempre curiose, frutto di un'azione intellettuale.

Una scelta di vita, quella di esprimersi attraverso il segno, cui l'artista ha tenuto fede fino alla fine: gli amici raccontano che l'ultimo quadro lo abbia dipinto un mese fa, finché la salute glielo ha consentito.
Alla fine degli anni Cinquanta, appena diplomato all'Istituto d'Arte di Lecce, Moscara fu chiamato a insegnare decorazione pittorica nella stessa scuola, dove rimase fino al 1982, legato alla cerchia di quegli artisti che innestavano processi di rinnovamento in una cultura ancora sostanzialmente conservatrice.

La sua attività di maestro ha avuto un peso importante per molte generazioni di allievi, anche grazie alla densa dose di impegno e di concettualizzazione pur nello stile aperto e sorridente con cui si accostava ai diversi linguaggi dell'arte.
Il gusto del colore, espresso frequentemente anche nella leggerezza dell'acquerello, ha caratterizzato anche la sua lunga esperienza di grafico che lo ha portato a collaborare con importanti testate e aziende italiane (Arca, Olivelli, Iri, Agip, solo per dirne alcune), con un segno inconfondibile, strettamente legato alla produzione pittorica come nella serie di ritratti di personaggi storici condotti sulla linea leggera che corre tra celebrazione e ironia. Negli anni Settanta, insieme all'urbanista Marcello Fabbri, fu tra i creatori dei Giornali murali dell'Arci, poi diventati degli introvabili e preziosi fogli da collezione. A partire dagli anni Ottanta la sua fama di grafico lo ha portato a lavorare per numerose grandi aziende, conquistando le committenze con la sua sensibilità e la forza della sua ricerca, sempre a cavallo tra i linguaggi.

Dopo le esperienze figurative e astratte di quegli anni, il suo segno - sempre riconoscibile ma mai simile a se stesso - ha proseguito sulla strada della sperimentazione, dell'ironia, del dialogo con chi osserva.
Nel 2007 l'ex Convitto Palmieri aveva dedicato a lui la prima esposizione dei suoi spazi restaurati e recuperati con la mostra la città ad Anabasi, un viaggio avventuroso, un omaggio all'opera di Moscara, curata da un'altra sensibilità importante strappata al territorio, quella dell'ex direttore del museo provinciale, Antonio Cassiano.
Una produzione irrequieta e nomade eppure sempre ragionata, generosa, in un percorso nomadico e intellettuale.

Negli anni 2015 le sue opere sono tornate abitare gli spazi dell'Università del Salento con una rassegna: nell sale tra i due chiostri dell'ex Monastero degli Olivetani
Giancarlo e suo figlio Marcello Moscara collocarono infatti la loro installazione forse più familiare: la sezione fotografica di Marcello ragionava su aspetti che hanno a che fare con il visibile e il non visibile, evocando i paradossi surreali di René Magritte, ma in questo caso il protagonista era Giancarlo, fotografato dal figlio in un bosco nei pressi di Borgagne. 
Nel 2017 la sua arte era cambiata ancora con i grovigli, fatti con scarti di tipografia utilizzati prima di andare al macero, un materiale di recupero connesso a complessi meccanismi cerebrali. Poi sottili strisce di carta nella mostra L'intreccio, ospitata nella galleria Art&co di Lecce.
In tanti in queste ore gli hanno dedicato un saluto, sui social o in privato. I funerali saranno celebrati in forma laica nei prossimi giorni.
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