Fusioni e scissioni: il pendolo dei Comuni nel nuovo libro di Luigino Sergio

Fusioni e scissioni: il pendolo dei Comuni nel nuovo libro di Luigino Sergio
di Luigi MELICA
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Giovedì 16 Dicembre 2021, 05:10

Pubblichiamo stralci della prefazione scritta dal professore Luigi Melica, ordinario di Diritto costituzionale comparato ed europeo Università del Salento, al libro di Luigino Sergio: «Reversibilità della fusione e limiti alla scissione dei comuni», edito da Cacucci (Bari).

La questione dell’accorpamento dei comuni diverge, da sempre, tra l’opinione di chi non la vuole perché “il piccolo, è sempre più bello” e chi, rievocando i federalisti, la raccomanda all’insegna del detto che l’”unione fa la forza”. Luigino Sergio ripropone questa dicotomia con una ricerca non solo approfondita, ma anche originale per gli spunti di riflessione che offre al lettore. La questione dell’accorpamento dei comuni in Italia, infatti, ha attraversato diverse fasi storiche: ad un’operazione di accorpamento avvenuta d’imperio durante il ventennio fascista, è seguito, dopo la caduta del regime, l’intervento del legislatore repubblicano (L. 15 febbraio 1953, n. 71) finalizzato alla ricostituzione dei comuni soppressi dopo il 28 ottobre 1922.
Nei decenni successivi, poi, l’istituzione di nuovi comuni è diventato un fenomeno sempre più frequente, tanto da arrivare a superare nel nuovo millennio le ottomila unità, in netta controtendenza al dato europeo. Ad un certo punto, però, benché la Costituzione avesse dato loro la stessa dignità degli altri Enti territoriali, non distinguendo, fatta eccezione per le Città metropolitane, tra un Comune di centinaia di migliaia di abitanti ed uno di poche centinaia (art.114 Cost.), il legislatore ha dovuto fare i conti con le urgenti problematiche imposte dalla razionalizzazione amministrativa e, a partire dalla legge Delrio, ha tentato di favorire le unioni e fusioni di comuni, ponendosi finalmente il problema della maggiore efficienza, efficacia ed economicità dell’azione politico-amministrativa. A quel punto, però, si è dovuto fare i conti con la volontà degli Enti locali in ragione di un mai sopito campanilismo tra le popolazioni limitrofe.
La Costituzione, all’art. 133, comma 2, Cost. richiede due requisiti: l’adozione di una legge regionale e l’obbligo di acquisire il parere delle popolazioni coinvolte. Anche in Assemblea costituente, come ci ricorda Luigino Sergio, non vi era unanimità di vedute su più di una questione: a partire dal potere delle Regioni di modificare le circoscrizioni comunali (Nobile), alla necessità o meno di sottoporre il quesito alle popolazioni interessate (Leone) ed a quella di finalizzare la fusione in una legge statale, ovvero, di limitarsi a richiedere la libera determinazione dei comuni interessati (Zuccarini). I compromessi raggiunti nel 1948, duole rilevare, non hanno sopito quelle “storiche” divergenze, tant’è che ancora oggi le leggi regionali che disciplinano la materia sono molto diverse le une dalle altre, soprattutto in ordine alla partecipazione popolare, divergendo tra chi ritiene di imporre un quorum di votanti e chi lo esclude. Come si diceva, a sollecitare le fusioni sono, soprattutto, le esigenze di riorganizzazione dei governi locali ed una migliore razionalizzazione dei servizi pubblici che, se garantiti a più comuni, dovrebbero migliorare il servizio sotto il profilo dell’efficacia ed efficienza, assicurando benefici anche in termini di costi alle rispettive popolazioni. Per corroborare questo dato, Luigino Sergio, compie un encomiabile sforzo approfondendo le soluzioni adottate in altri ordinamenti europei (Spagna, Regno Unito, Danimarca, Belgio) nei quali la riduzione del numero dei piccoli comuni è stata compiuta addirittura attraverso procedure di fusione coatta, ritenendo non più rinviabile la citata razionalizzazione amministrativa anche per effetto delle crisi finanziarie, delle emergenze naturali e delle instabilità economico-politiche degli ultimi anni. 
Al contrario, il trend italiano si allontana da questa tendenza: non solo, infatti, non è stata considerata la prospettiva della fusione coatta, ma accanto alla tendenza a realizzare le fusioni e/o la costituzione di unioni di comuni, si registra, negli ultimi tempi, la tendenza opposta, finalizzata ad ottenere la reversibilità della fusione e la ri-istituzione di comuni con poche migliaia (o addirittura centinaia) di abitanti.

Attualmente, come ci ricorda Luigino Sergio, la maggior parte (70%) degli enti locali italiani risulta costituito da piccoli comuni con popolazione inferiore a 5mila abitanti, di cui il 23% addirittura inferiore a mille. In questo contesto, il presente lavoro ha l’indubbio merito di porre sotto i riflettori una questione che – ben lontana dall’essere risolta – continua a oscillare negli stessi termini, sostanzialmente, del dibattito avvenuto in Assemblea Costituente. La questione, come conclude opportunamente l’Autore, deve essere, certamente, affrontata in termini giuridici, ma senza dimenticare, dal punto di vista politico, che l’Italia deve competere economicamente con gli altri Stati europei e la questione dell’efficienza, efficacia ed economicità dell’azione politico – amministrativa è un tassello fondamentale della strategia adottata da ciascun Paese.

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