Di mestiere faccio il linguista/Una foglia di fico sull'italiano: come gli anglicismi hanno cambiato vita (e linguaggio)

Di mestiere faccio il linguista/Una foglia di fico sull'italiano: come gli anglicismi hanno cambiato vita (e linguaggio)
di Rosario COLUCCIA
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Domenica 21 Novembre 2021, 16:37

Qualche settimana fa ho scritto di una vecchia copia del «Corriere della Sera illustrato», 12 maggio 1979. intitolata «Ma in Italia si parla ancora l'italiano?». Partivo dai pezzi li contenuti per paragonare la situazione dell'italiano di quarant'anni fa a quella di oggi, discutevo di cosa nel frattempo è cambiato nella lingua. Quella puntata di «Parole al sole» ha incuriosito i lettori, molti mi chiedono di continuare a confrontare ieri recente e oggi, capire cosa è successo, riflettere sulle tendenze di anni lontani compiutamente realizzate e sui fenomeni effimeri. Ci provo, riportando tra virgolette alcuni brani di quel supplemento giornalistico di decenni addietro e aggiungendo il mio commento.


Tra le tendenze che quattro decenni fa erano solo incipienti c'è l'onnipresenza dell'inglese nella lingua italiana, tema che allora appena si profilava e oggi colpisce e interessa molto. A partire dai linguaggi settoriali, veri e proprio laboratori di sperimentazione, gli anglicismi si travasavano nella lingua comune. «Parole come cash, dispatching, trend sono obbligatorie per un vero boss del marketing. È vero, si potrebbe anche parlare di cassa e di incasso, spedizione e linea di tendenza, che sono gli equivalenti italiani. Ma vuoi mettere la differenza tra il suono esoterico di leasing e il banalissimo affitto?».


Non cambierei una parola, rispetto a quanto scriveva allora Walter Tobagi. Sì, proprio il giornalista che un anno dopo, il 28 maggio 1980, sarebbe stato ucciso a pochi passi da casa sua da uomini della Brigata XXVIII marzo, formazione terroristica di estrema sinistra. Era intuitivo, meticoloso, attento ai fenomeni che attraversavano la società italiana. L'abuso degli anglicismi inutili, allora incipiente, è aumentato in maniera intollerabile ed è diventato pervasivo. Non esiste ormai possibilità di scegliere (come ancora si poteva fare tempo addietro) tra vocaboli italiani quali «calcolatore» o «elaboratore» e il prestito «computer»: quest'ultimo ha soppiantato ogni possibile alternativa, tutti diciamo computer e basta.


Il Tema del mese (giugno 2021) dell'Accademia della Crusca, di Claudio Marazzini, si intitola «Perché è utile tradurre gli anglicismi». Un articolo intitolato «Conto corrente out per tutti! Il dramma!», apparso nella rivista «Trend online», offre una copiosa campionatura di anglismi, sul significato dei quali è lecito interrogarsi, non in una prospettiva passatista, puristica, o di difesa di una lingua ritenuta intangibile. Già il titolo della rivista contiene la parola «Trend» tendenza', andamento' anglicismo che Tobagi censurava ma oggi straripante ovunque, non solo nel contesto tecnico-economico del linguaggio della finanza. Il titolo dell'articolo esibisce un altro anglicismo: «out» per essere fuori', tipico del linguaggio informale inglese. Trattando della possibile eliminazione del bancomat, il giornalista riporta le dichiarazioni di un dirigente finanziario. «Stiamo evolvendo verso un modello cashless e sempre più mobile-first. Questo per rispondere alle preferenze dei nostri clienti, il 96% dei quali opera solo tramite canali digitali, 7 su 10 prediligendo lo smartphone, ha spiegato ** **, country manager di ***».


In poche righe gli anglicismi sgorgano a ogni piè sospinto, assumono quasi una funzione di carattere retorico-formale, segnano la specificità di quel tipo di lingua, che dal recinto ristretto dell'economia intende proporsi come modello generale da mettere a disposizione degli italiani. Parla il «country manager» della banca, espressione che tradurremmo come direttore generale nazionale per l'Italia'.

Ma l'espressione inglese può suscitare un effetto curioso nella mente del parlante italiano. Nella percezione comune, il termine «country» è associato a «musica country», musica popolare americana, quindi appare fuorviante in un contesto economico e bancario. Siamo invece abituatissimi all'impiego di «manager» che significa dirigente d'azienda con funzioni e responsabilità imprenditoriali' e, in maniera più ampia, procuratore'. Può valere anche come chi cura gli interessi di un artista o di una compagnia teatrale' (nel linguaggio dello spettacolo) e chi cura gli interessi di un atleta o di una squadra' (nel linguaggio dello sport). Anche in composizione. Non si dice più capotreno, termine ormai rimpiazzato da «train manager», da collocare nella serie «railway manager», «general manager», «training manager», «disaster manager», «emergency manager», ecc. (mentre scrivo mi accorgo che il sistema di scrittura del mio computer non sottolinea più manager come termine straniero, mentre continua a farlo per railway, training, disaster, emergency. Come se mi dicesse: bada, manager non è parola inglese, ormai è tutta italiana). Non richiede spiegazioni o commenti «smartphone». Le chiose sarebbero necessarie per «cashless» (molto meno trasparente di senza contanti') e per «mobile-first» (che vorrà dire telefonia mobile da preferire', con il costrutto sostantivo + «first», che ha generato nella nostra lingua moduli come «prima gli italiani», espressione inaccettabile anche politicamente, perché è razzista).


Torniamo a «country manager», qualifica inglese che compare anche nel sito della banca, dove è collocato il profilo del dirigente. Dunque non si tratta di un vezzo o di un abuso del giornalista; al contrario, si tratta del linguaggio ufficiale di una banca internazionale, scelta aziendale operata con finalità specifiche. L'espressione italiana «direttore nazionale» potrebbe far pensare che esista un direttore internazionale, di rango superiore, e che la decisione di cui parla l'articolo (eliminare il bancomat) potrebbe esser stata presa a livello globale, quindi non per interesse dei clienti italiani. In questo senso, «country» è più comodo di nazionale e di fatto maschera le implicazioni politiche ed economiche delle scelte, che vengono collocate in una dimensione sfumata e indistinta. Il cliente capisce poco e, per quel poco che capisce, non riesce a individuare un vero responsabile delle decisioni prese. Il significato complessivo del messaggio è chiaro. Il comunicato, in cui gli anglismi si combinano con le parole italiane, mira a conseguire un fine emotivo, quasi pubblicitario: la banca sta «evolvendo» verso qualche cosa di nuovo. Il verbo non è neutrale: l'evoluzione è sempre di segno positivo, mentre un generico sta «cambiando» potrebbe essere negativo o sgradevole.


Una parafrasi con traduzione dei forestierismi avrebbe comunicato più chiaramente il contenuto del messaggio. Eccola.
Abbiamo deciso di imporre un modello senza soldi contanti, che costringa prima di tutto all'uso del telefono cellulare nel rapporto con la banca e con il denaro. Lo si può fare, in quanto risulta dalle nostre ricerche di mercato che i nostri clienti operano già al 96% solo tramite canali digitali, 7 su 10 prediligendo il telefono cellulare - ha spiegato ** **, Direttore nazionale per l'Italia di ***.
Tutto più chiaro, con benefici per la democrazia linguistica e per la democrazia in generale (e inoltre per i clienti, che capirebbero meglio quello che la banca ha in animo di fare).

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