Peter Cameron, «Sono speciali tutte le persone normali»

Peter Cameron, «Sono speciali tutte le persone normali»
di Claudia PRESICCE
5 Minuti di Lettura
Giovedì 25 Maggio 2023, 05:00

“Che cosa fa la gente tutto il giorno?”. È una domanda che ha un retrogusto incantevole. Sa di empatia e passione nei confronti dell’esistenza umana, di voglia di conoscere la gente e di sapere come sta, una cosa questa che, nel nostro mondo all’incontrario, sembra non interessare più a nessuno. Chiedersi come vivono gli altri e volerselo raccontare è un modo per riaccendere le luci sul valore delle persone, di ognuno di noi. Che sembriamo diventati numeri impazziti di un meccanismo economico inceppato nel quale continuiamo a girare a vuoto. E in quel moto perpetuo inutile, chi si guarda più negli occhi? È partendo dall’attenzione per l’interiorità delle persone che lo scrittore americano Peter Cameron ha composto i racconti raccolti nel suo ultimo libro che si intitola proprio “Che cosa fa la gente tutto il giorno?” (Adelphi; 188 pagine; 18 euro), uscito in Italia con lo stesso editore italiano di sempre, Adelphi, e la sua traduttrice di sempre Giuseppina Oneto (dal lontano 1990).

Ci sarà Cameron in persona sabato a Lecce a presentarlo in occasione della seconda edizione del “Festival delle Letterature”, ideato e organizzato dall’Accademia di Belle Arti di Lecce, che prende il via oggi in via Giuseppe Libertini 3. Sabato alle 20 quello con Cameron sarà l’appuntamento conclusivo e, facile immaginarlo, tra i più attesi. Molti lo ricorderanno anche come autore di “Un giorno questo dolore ti sarà utile” romanzo del 2007 (da cui è stato tratto l’omonimo film nel 2011), ma Peter Cameron è uno degli scrittori statunitensi più amati che ha spesso alternato i racconti ai romanzi. Questi racconti in particolare sono piccoli grandi spicchi di esistenze “normali” e quindi, come lui spiega molto bene, traboccano di vita vera, di pathos e di quella pura semplicità che ci rende eccezionali.

Cameron che cosa hanno di speciale le persone “normali” protagoniste dei suoi ultimi racconti? Crede anche lei che la nostra vita quotidiana spesso superi ogni immaginazione?

«Non credo che alcune persone siano normali e che alcune persone siano speciali. Poiché ogni essere umano è unico, ogni essere umano è, per definizione, speciale. Ma il modo superficiale in cui interagiamo nella società non permette di scoprire cosa rende speciali le altre persone perché ci vediamo solo esternamente, come gusci di conchiglia, facciate, corpi senz’anima. Credo che sia attraverso la finzione, attraverso i romanzi e le storie, che possiamo vedere chiaramente oltre l’esteriorità dei nostri corpi e guardare nelle menti e nelle anime degli altri. Perché la finzione è l’unica forma d’arte che consente a una persona di entrare nella mente di un’altra persona e valutare i suoi pensieri, le paure e i desideri più privati».

Queste storie sono state scritte in diversi periodi della sua vita: la sua visione del mondo è cambiata nel tempo? E quanto per lei è cambiato il mondo intorno?

«Penso che, poiché le mie storie si sono sempre concentrate sulla vita intima e privata delle persone, la mia visione del mondo non sia cambiata durante i 40 anni in cui ho scritto.

Certo in questi anni sono stati compiuti incredibili progressi tecnologici, e altri progressi e poi battute d’arresto ci sono stati nella lotta per i diritti civili delle persone, ma penso che alla fine i mondi interiori delle persone, che sono i mondi che a me piace esplorare, rimangano straordinariamente gli stessi da un periodo all’altro».

E questi suoi protagonisti parlano molto tra loro: si incontrano e nascono molti dialoghi, ma poi sembrano mantenere tutti uno spazio interiore in cui nessuno entra: è vero? 

«Sì, direi che è vero. Penso che sia impossibile condividere se stessi completamente con un’altra persona o capire completamente un’altra persona. Gli esseri umani sono troppo complicati e volubili perché ciò accada. Credo che dentro di noi ci siano profondità che noi stessi non comprendiamo o non riconosciamo, quindi come potremmo condividerle con gli altri? E penso che sia bello avere uno spazio dentro che sia solo nostro, che solo noi possiamo capire e toccare. Altrimenti diventiamo troppo dipendenti dalle altre persone e perdiamo il nostro senso di autonomia e fiducia».

Le piace vedere i personaggi che ha immaginato nei libri diventare attori nei film? C’è un attore che le è sembrato molto simile a uno dei suoi protagonisti?

«Quando scrivo i miei libri ho sempre in mente un’immagine del personaggio che non corrisponde mai agli attori, quindi vedere i personaggi dei miei libri diventare personaggi di un film può essere inquietante. La visione del regista infatti abbinata alla visione dell’attore stesso crea sempre un carattere nuovo e quindi diverso. Questo è uno dei tanti motivi per cui ritengo che i film tratti da un libro non siano una versione diversa del libro, ma un’opera d’arte completamente separata, creata da artisti (attori, registi, scrittori, editori, designer) il cui rapporto con il libro è molto diverso da quello dell’autore originale».

Ci parli dell’Italia vista dagli Stati Uniti: che cosa pensa del nostro Paese, anche dal punto di vista letterario?

«Penso che oltre ad amare la bellezza fisica del paesaggio italiano, la ricchezza di grandi architetture, dipinti e sculture e il delizioso cibo e vino che l’Italia produce, gli americani siano impressionati dallo stile di vita civilizzato dell’Italia che comprende l’amore per le arti, per la Storia, la famiglia e la bellezza in tutte le sue forme. Adoriamo i libri di Elena Ferrante, i film di Luca Guadagnino tra molti altri scrittori e artisti italiani».
 

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