Politica dell'emergenza: strategie di adattamento alla crisi. Lo studio di Unisalento in un volume appena dato alle stampe

Politica dell'emergenza: strategie di adattamento alla crisi. Lo studio di Unisalento in un volume appena dato alle stampe
di Patrizia MIGGIANO
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Giovedì 29 Aprile 2021, 20:17 - Ultimo aggiornamento: 20:19

S'intitola “Politica dell'emergenza” la complessa opera di ricostruzione dei fenomeni emergenziali, dalla prospettiva interdisciplinare delle scienze sociali che ha interessato trentadue autori del Dipartimento di Storia, Società e Studi sull'Uomo dell'Università del Salento (Dsssu). La ricerca, che accoglie una pluralità di approcci metodologici e prospettive disciplinari, è curata da Mariano Longo (direttore del Dipartimento Dsssu), Gianpasquale Preite, Emiliano Bevilacqua e Vincenzo Lorubbio.


Il progetto, avviato nel 2019 e sostenuto dal Magnifico Rettore Fabio Pollice, intende indagare i meccanismi sociali di risposta alle emergenze, analizzandoli nella molteplicità delle loro declinazioni e mettendo, così, in evidenza la loro natura polisemica, che impone l'individuazione di strategie di adattamento alla crisi e, conseguentemente, la riorganizzazione temporanea della società su una pluralità di livelli interconnessi.


D'altronde, la natura stessa del concetto di emergenza impone un'osservazione di tipo transdisciplinare, che sappia tener conto della serie di significati ad esso connessi, tra cui l'emersione dell'inatteso e la conseguente riorganizzazione delle risorse, personali e collettive, le repentine mutazioni che intervengono a modificare i comportamenti e le relazioni, le ripercussioni in termini di sanità, ambiente, occupazione, crimine, migrazioni, denatalità ecc.

Una definizione


Difatti, nell'accezione comune, emergenza significa improvvisa alterazione di ciò che percepiamo e convenzionalmente consideriamo come usuale. In seguito a un accadimento emergenziale, l'ordine degli eventi nella sua conformazione quotidiana e, per così dire, normale viene infranto, con conseguenze che incidono sui singoli e sulla collettività. In questo senso, appare emblematico il caso dell'emergenza da Covid-19, che è intervenuta a modificare profondamente le abitudini relative alla mobilità e alla socialità e lo ha fatto in maniera continuativa, al punto da ridefinire il quotidiano, costringendo all'individuazione di strategie di adattamento alla crisi (si pensi, ad esempio, alla necessaria riorganizzazione del lavoro che ha interessato larga parte del settore pubblico e privato).


Le emergenze, dunque, producono cambiamento e possono, in linea di principio, favorire l'innovazione sociale, a patto che le società siano in grado di accogliere la sfida e mobilitare risorse culturali e sociali per fronteggiarle, gestirne gli impatti e, laddove possibile, volgerli a loro favore.


Ciò conduce a una doverosa quanto interessante considerazione, relativa al nostro sguardo sulle emergenze e alla possibilità di imparare a guardare ad esse non esclusivamente come a eventi rovinosi e dirompenti, bensì in chiave di occasioni per riflettere sulle possibili criticità di alcune condotte politiche, economiche e sociali e per trarne indicazioni utili per future strategie e piani di azione sostenibili. Ecco che, nella risoluzione delle emergenze, più che puntare al ripristino della situazione pre-emergenziale, sarebbe forse più auspicabile l'approdo a un nuovo equilibrio, che rechi in sé le riflessioni e gli insegnamenti ricavati dall'esperienza della crisi.


Ed è proprio a questa forma di addestramento di un nuovo sguardo che Politica dell'emergenza mira, mettendo insieme spunti diversi, eppure complementari, che compongono un mosaico di visioni che si arricchisce, lettura dopo lettura, di nuove suggestioni e significati.

Le sezioni dell'opera


Il volume, edito da Tangram Edizioni Scientifiche Trento per la collezione editoriale Isegorìa, è strutturato in tre macrosezioni i Temi, i Contesti e le Emergenze contemporanee che offrono una prima panoramica sull'architettura degli aspetti trattati.


Nella prima sezione, sono compresi i contributi relativi all'analisi delle tematiche che entrano necessariamente in gioco quando si discute di emergenze: la paura e la vulnerabilità; il rischio e l'aumentata richiesta di sicurezza, la crisi; il tempo quale fattore determinante sia nella percezione che nella risoluzione dell'emergenza; la fiducia e i processi di re-investimento di senso degli orizzonti esistenziali, individuali e collettivi; i territori, intesi come il dove dell'emergenza, lo spazio in cui essa dipana i suoi effetti.


La seconda sezione presenta, invece, una rassegna di possibili contesti emergenziali dalle catastrofi naturali alle epidemie, dal terrorismo al razzismo al cui interno è possibile ravvisare complesse e significative azioni di riorganizzazione affettiva e cognitiva, in termini di introduzione di nuove pratiche comunitarie e reti di solidarietà, processi di cooperazione e riassesto dei sistemi sanitario, politico, giuridico ed economico.


La terza sezione raccoglie, infine, una serie di riflessioni sui tratti emergenziali tipici della contemporaneità (disuguaglianze, immigrazione e asilo) con un particolare riferimento agli effetti delle narrazioni mediatiche come possibili generatrici di sentimenti collettivi di inquietudine e incertezza, in ragione sia del sempre più diffuso e critico fenomeno della disinformazione, sia della problematicità dei suoi effetti in termini di formazione di discorsi d'odio e intolleranza.

Dalla genesi alla finalità


Proprio rispetto a quest'ultimo punto, è interessante notare come la modernità si trovi nella particolare e paradossale condizione di dover gestire emergenze che spesso è essa stessa a determinare: si pensi, in tal senso, ad alcuni fenomeni sociali come le migrazioni e la criminalità, che, nella percezione collettiva, assumono tratti emergenziali in seguito alla costruzione di macro e micro narrazioni mediatiche che comportano una sovrastima del rischio. I dati sulle migrazioni o sui crimini, ad esempio, possono rimanere invariati o, addirittura, segnare un trend negativo e tuttavia può permanere, nell'opinione pubblica, una diffusa sensazione di pericolo. In questo senso, si può dire che l'emergenza abbia sia una genesi sia una finalità eminentemente politica poiché crea condizioni che legittimano misure di contrasto, collettivamente percepite come necessarie, ma di fatto iscritte in un'azione più generale di formazione di consenso politico.


Oppure, si prendano in considerazione i rischi ambientali legati allo sfruttamento non sostenibile delle risorse naturali, laddove vige una sorta di circolarità negativa, per cui alla rischiosità insita nei processi di produzione è posto rimedio attraverso l'implementazione di ulteriori massicce attività, atte al suo contenimento. Ecco che la società contemporanea diviene, al tempo stesso, fonte di inquietudine e rassicurazione, di problemi e soluzioni, in una fitta trama di implicazioni che interconnette il globale e il locale.

Ciò anche attraverso una significativa serie di risonanze territoriali dei fatti globali, sulle quali, senza dubbio, agisce quella particolare catena normativa che si innesca come risposta alle emergenze e che accende la complessa questione della necessità di articolare su più livelli il principio democratico di legalità e di bilanciarlo con la richiesta di pubblica sicurezza (come accadde, per esempio, nel caso del new terrorism).


Si potrebbe, dunque, in questo senso parlare di una stratificazione di emergenze concatenate, evidenziando, così, il carattere profondamente vulnerabile delle nostre società. Ciò, però, lungi dal destare diffusi sentimenti di impotenza circa il nostro destino e quello dei nostri ecosistemi, dovrebbe imporci il dovere di una considerazione sul messaggio che ciascuna emergenza reca in sé, fino quasi a considerarla alla stregua di una bussola per orientare i nostri piani di sviluppo e il nostro sguardo sul mondo.
 

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