Elisabetta e il valore dei simboli costruttivi

Elisabetta e il valore dei simboli costruttivi
di Paolo Maria MARIANO
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Martedì 20 Settembre 2022, 05:00

Giovedì 8 settembre 2022: London Bridge down. Muore Elisabetta II, regina del Regno Unito. L’annuncio evoca un simbolo della Londra reale e di quella fantastica, modellata dalla letteratura: London Bridge, il ponte di Londra. Un oggetto inanimato, un ponte, indica chi è stato un simbolo per lo meno per i cittadini del Regno Unito e diventa monumento implicito prima che monumenti raffiguranti Elisabetta II siano eventualmente eretti, semmai lo saranno. Spiegare di cosa Elisabetta II sia stata simbolo è un affare complesso, ed è probabile che ciascuno di coloro che l’abbiano considerata tale abbia una spiegazione personale. Comunque, è innegabile che simbolo di qualcosa e per non pochi Elisabetta II lo sia stata.

Ernst Cassirer, filosofo di Breslavia che l’avvento del nazismo portò lontano dalla Germania, sosteneva che l’essere umano è un animale simbolico; discutere della cultura era per lui pensare al modo in cui i simboli s’inseriscono nelle manifestazioni dell’intelletto umano e le strutturano.

Ludwig Wittgenstein, austriaco, ingegnere che si occupò in tal veste di una sola abitazione, quella di una sorella, ma soprattutto uno dei grandi filosofi, non solo del Novecento, annotando “Il ramo d’oro”, testo di un principe dell’Antropologia quale era James Frazer, sosteneva in più che l’essere umano è un animale rappresentativo. Non solo fa uso di simboli per riferirsi a qualcosa e rappresentare relazioni tra eventi, ma ha bisogno di simboli anche per riconoscersi

Di sistemi simbolici, però, ce ne sono molti, con aree d’impiego, regole e finalità alquanto diverse tra loro. Adattarsi o adottare l’uno o l’altro di essi è comunque associato a questo desiderio di riconoscere sé stessi. La domanda sottesa è sempre se abbia o no un senso il nostro fare giornaliero.

La discussione pertinente è infinita. In realtà è possibile che la domanda sia in un certo senso indecidibile. Ciò non vuol dire che non si possa trovare la risposta corretta, ove ce ne sia solo una, ma che non si riesca a comprendere che essa sia corretta. Per rispondere, infatti, dovremmo guardare il mondo e noi stessi dall’esterno, come si fa in laboratorio quando si studia un qualche fenomeno: lo si guarda dall’esterno e nel contesto in cui esso si presenta e che è ad esso esterno. E far questo, per tutto il complesso dell’esistenza, è per lo meno improbabile che accada. 
Così ciascuno cerca o ha una propria risposta intima al senso dell’esistere, quella a cui almeno momentaneamente crede, dettata dalle proprie esperienze, dalla propria indole.

Emil Cioran e il nichilismo radicale

Vale anche per chi, come Emil Cioran, rumeno, figlio di un sacerdote ortodosso, di famiglia benestante, accasatosi a Parigi, s’immerge in un nichilismo radicale negando qualsiasi senso. In realtà, Cioran oscillò tra estremi opposti: dall’antisemitismo a un sentimento di fratellanza ebraica, dall’anticattolicesimo al sentirsi vicino a Pascal e a Dostoevskij, dal provare simpatia per il bolscevismo al rifiutarne il materialismo, e così via.

Comunque sia, professò il suo nichilismo radicale ben accomodato sul divano. Si trovò anche a insegnare nell’anno scolastico 1936-1937 nel liceo di Brasov; “l’unico anno della mia vita in cui mi sia capitato di lavorare”, annotò. Nel 1937 si trasferì in Francia da apolide e, soprattutto, insonne, privato della cittadinanza rumena: aveva 36 anni. A Parigi criticò aspramente gli intellettuali impegnati, ma forse le espressioni definitorie usate in quelle stesse critiche valevano anche per se stesso, in un certo senso. 

Di certo, se tutti si fossero lasciati andare alle conseguenze di quel radicalismo nichilista, lasciandosi affogare dalla convinzione che nulla abbia senso, e quindi non abbia senso fare alcunché, cosa a cui Cioran tese, sarebbe stato difficile trovare qualcuno che andasse al lavoro alle sei del mattino, lasciando prole di un mese, e facendolo anche (e forse principalmente) per quella prole, e che poi pagasse le tasse da cui fu estratta la borsa di studio di cui beneficiò Cioran per andare a Parigi. O anche non avrebbe avuto senso - se nulla lo ha - comprare i suoi libri che descrivevano questa mancanza di senso, e poi pagare a Cioran (diventato progressivamente un autore di bestseller dopo un esilio in povertà) con i diritti d’autore il pasto o la casa o un vestito, insomma quanto serviva per farlo andare avanti, fino a quando le conseguenze dell’Alzheimer non lo portarono via nel 1995.

Di tanto in tanto il nichilismo, soprattutto quello radicale, viene a noia. È un ottimo modo per rifuggire alla responsabilità. È anche la migliore giustificazione per tutti i fallimenti, soprattutto quelli letterari. Ma questo, dentro di loro, lo sanno tutti i mestieranti del nichilismo radicale, di cui fanno patetiche orazioni su fogli minori o su siti autogestiti, ripetute ossessivamente per sfogo di mancato talento. Cioran di talento letterario ne aveva; si veda per esempio il suo “Finestra sul nulla” (e che altro?), appena edito da Adelphi, suo tradizionale editore italiano (ma se nulla ha senso… allora non ha neanche senso leggerlo, vero Cioran?).Da qui, da quel talento di scrittura, è essenzialmente emersa la sua fama, eretta convenientemente sul piedistallo della critica corrosiva. Imitarlo in tono minore, porta solo a fallire miseramente.

In realtà, parlare del nulla, vuol dire implicitamente renderlo attuale, farlo diventare cosa, quindi negare alla radice quel radicalismo che si vuole professare. In matematica, il nulla è l’insieme vuoto, ma non è qualcosa in cui immergersi con deliquio, abbandonandosi sul divano o passeggiando insonne per le vie di Parigi: ha una funzione costruttiva per tanti enti; determina un gran numero di proprietà matematiche. Crea senso.

Un insegnamento silenzioso e prezioso

Quel senso, Elisabetta II lo ha trovato - si può immaginare - nella pacata dignità con cui ha retto per settant’anni il suo ruolo. E se quella dignità ha rafforzato quella di qualcun altro, allora quel comportamento ha aiutato altri a costruire un senso interiore. Si tratta di un insegnamento silenzioso, di certo un insegnamento prezioso.

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