Dante, l'uomo, il politico, il poeta. La vita dello scrittore nelle pagine del libro di Barbero

Dante, l'uomo, il politico, il poeta. La vita dello scrittore nelle pagine del libro di Barbero
di Eraldo MARTUCCI
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Mercoledì 15 Dicembre 2021, 05:00

Era nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 che si spegneva l’anima del padre della lingua e letteratura italiana. L’immagine di Dante, le sue parole, il suo genio, nel corso di questo celebratissimo settecentesimo anniversario sono stati declinati in ogni modo possibile, e tra questi un contributo originale è venuto da Alessandro Barbero con il suo libro “Dante”, Editori Laterza. 
Il più noto storico italiano ne ha infatti disegnato un ritratto a tutto tondo, avvicinando il lettore alle consuetudini, ai costumi e alla politica di una delle più affascinanti epoche della storia. Barbero, quando nel 2006 l’editore Giuseppe Laterza ebbe la felice intuizione di creare le “Lezioni di storia”, forse non immaginava l’enorme successo che avrebbero avuto. 
Dal punto di vista di uno storico come lei, seguitissimo dal vivo e in Rete, a cosa è dovuta questa benemerita attenzione?
«Io farei una premessa, e cioè che in Italia c’è un pubblico colto che ha una gran voglia di ascoltare lezioni e dibattiti in un orizzonte che va molto oltre la storia. Lo prova l’enorme successo di festival che coprono praticamente l’intero scibile, come quelli della letteratura a Mantova, dell’economia a Trento e in futuro a Torino, della comunicazione a Camogli, e così via. Poi, è un fatto che in tutti questi festival, anche quando il filo conduttore è un altro, c’è sempre spazio per gli interventi degli storici, e che un ciclo di lezioni come quello creato dalla Laterza esiste solo per la storia. Come spiegarlo? A me che faccio questo mestiere sembra ovvio che la storia è la cosa più affascinante e appassionante del mondo...». 
Laterza ha recentemente pubblicato la riedizione de “L’aristocrazia nella società francese del Medioevo”, uno dei suoi primi importanti saggi medievistici uscito nel 1987. Come è cambiato in questi anni il suo approccio con la ricerca e la scrittura? «L’approccio alla ricerca è cambiato nel senso che questo è un mestiere in cui non si finisce mai di imparare, di affinare le proprie competenze, di aprirsi a nuovi punti di vista; per cui mi rendo conto che rispetto al passato oggi in certi casi ne so di più o posso cogliere più sfumature. Ma non si tratta di un cambiamento sostanziale, e non comporta nessun cambiamento nella scrittura, quando si fa ricerca bisogna scrivere con chiarezza e lucidità e questo me l’avevano già insegnato a vent’anni quando ho fatto la tesi di laurea. Rispetto ad allora oggi ho spesso l’occasione di scrivere anche per un pubblico più ampio, a cui bisogna spiegare più cose, mentre quando si scrive per gli specialisti molto si può dare per scontato». E veniamo al libro su Dante: come è nata l’idea di scriverlo?
«Poiché lei ha già citato l’inventiva di Giuseppe Laterza, non ho alcuna difficoltà a riconoscere che è nato da una sua idea, come del resto altri miei libri! Un grande editore ha la capacità di immedesimarsi nei suoi autori, e far loro delle proposte che li convincono e li entusiasmano...».

Un libro in cui parla di Dante come uomo e come uomo del proprio tempo. Esemplificando al massimo, chi era veramente l’Alighieri? 
«Era un uomo del suo tempo, come tanti altri: un cittadino di una grande e ricca città, il figlio di uomini d’affari che si vergognava un po’ del modo in cui suo padre aveva fatto i soldi, e aspirava a fare qualcos’altro nella vita, a scrivere poesie e frequentare il mondo intellettuale, e sentirsi parte di un’élite, spirituale ma anche sociale; era un giovane che amava i cavalli e le armi, e le donne, e poi si è innamorato anche della politica - tutte cose comuni al suo tempo e nel suo ambiente sociale. E poi, come per caso, era anche uno dei più grandi poeti mai vissuti su questa Terra...». 
Lei affronta tanti aspetti della sua vita, dall’amore all’amicizia, dagli studi alla politica e alla guerra. Com’era il Dante combattente e a quali battaglie ha partecipato? 
«Nel suo mondo tutti combattevano.

Quando Firenze faceva la guerra, e lo faceva spesso, tutti i cittadini dovevano partecipare. Ma il modo in cui si andava in guerra rifletteva direttamente la disponibilità economica e la classe sociale: la città si divideva fra chi combatteva a cavallo e chi combatteva a piedi. I nobili combattevano a cavallo - ma anche i mercanti che avevano fatto i soldi. Dante, che non era nobile, ha combattuto a cavallo alla battaglia di Campaldino, al fianco dei giovani delle grandi famiglie cittadine, e ne era sicuramente orgoglioso, così com’era orgoglioso dell’antenato Cacciaguida, cavaliere e morto alle crociate».

Fra le vicissitudini di Dante l’esilio sicuramente rappresenta uno snodo cruciale. Quanto ha influito nella composizione della Divina Commedia? 
«Oggi si discute molto sul fatto che ci possa essere un nucleo di verità nella tradizione, raccontata da Boccaccio, secondo cui Dante aveva cominciato a scrivere la Commedia già prima dell’esilio, se n’era poi dimenticato per qualche anno, e l’aveva ripresa quando sua moglie Gemma e gli amici avevano ritrovato il manoscritto dei primi canti e gliel’avevano mandato. Anche se Boccaccio lo racconta in forma leggendaria, è possibile che i primi canti fossero stati in effetti abbozzati già allora. Ma l’esilio cambiò profondamente Dante, e il poema a partire dal canto V dell’Inferno diventa qualcosa di profondamente diverso, e molto più originale. Senza lo shock dell’esilio noi non avremmo la Commedia come l’abbiamo oggi».
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