L'intervista: «Elisabetta è stata una regina pop. Carlo discreto e concreto»

L'intervista: «Elisabetta è stata una regina pop. Carlo discreto e concreto»
di Claudia PRESICCE
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Sabato 10 Settembre 2022, 12:09 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 00:02

L’eredità della Regina. Qualcosa che resta di lei è già futuro. Dell’Inghilterra, dell’Europa, del mondo. È Storia e contemporaneità. Qualcos’altro va via con lei, per sempre. La sua immagine iconica, l’equilibrio impeccabile che ha rappresentato, un’idea di eternità che ha conquistato anche i più recalcitranti e cinici. Queen Elizabeth è il regno d’Inghilterra: ieri, oggi e lo sarà domani. Tuttavia è all’interno della sua corte e dei suoi progetti che c’è un principe che “studia da re da oltre mezzo secolo”. Quindi? «Re Carlo potrebbe stupirci, e gli inglesi lo hanno capito molto prima di noi…». Si muove con fiducia l’analisi sul “dopo” Elisabetta di Daniele De Luca, docente Unisalento di Storia delle Relazioni Internazionali, frequentatore del Regno Unito e profondo conoscitore delle dinamiche politiche internazionali. 
 

Professor De Luca che cosa tramonta per sempre con la Regina Elisabetta e che cosa invece resta, che cosa è già futuro?
«Partirei dalle parole della nuova Prima Ministra inglese Liz Truss, che ha detto che la regina Elisabetta è stata la roccia su cui si è costruita la moderna Gran Bretagna. È esattamente così, perché non sono solo 70 anni di regno, ma è un’epoca cambiata completamente dal 1952 al 2022. Quando è salita al trono era un mondo diverso, non c’era ancora ad esempio la decolonizzazione, e lei ha accompagnato quel processo di indipendenza. Ma anche nella politica interna, è stata la regina il punto di equilibrio e di stabilità di un paese che ha cercato di superare, riuscendoci a volte, una serie di crisi: dalla rivoluzione culturale di fine anni Sessanta ai ‘troubles’ dell’Irlanda del Nord (conflitti nordirlandesi; ndr) nei Settanta, la guerra delle Falkland negli Ottanta e una serie di depressioni economiche, senza dimenticare la brexit».
 

È stata un grande faro di equilibrio. Ma il ruolo del sovrano è soprattutto simbolico in Inghilterra, vero?
«Sì, lei è stata la stabilità. Ed è importante capire che il sovrano inglese indirizza, non governa. È un capo di Stato di stampo moderno in un sistema esclusivamente parlamentare. Va ricordato che quando viene aperto il Parlamento in Inghilterra, la regina o il re leggono un discorso che non è scritto da loro, ma dal Primo ministro in carica. In quel momento quindi il re comunica gli obiettivi del governo, non i suoi. Dopo la rivoluzione inglese i reali non governano, ma orientano come un capo di Stato repubblicano».
 

Il dopo Elisabetta: qual è secondo lei il clima tra la gente, tra i politici? Quali sensazioni su re Carlo, c’è incertezza?
«C’è una sorta di pregiudizio nei confronti di Carlo, che arriva al trono tardi, a quasi 74 anni, ma quindi per molto tempo ha studiato da re. È una persona sottovalutata, ma basterebbe ricordare che negli anni Settanta il Principe di Galles è stato tra i primi ad occuparsi di ambiente, ecologia, di riscaldamento climatico, e fu anche preso in giro, diceva qualcuno che ‘parlava alle piante’ che era ‘troppo sensibile’. Ma invece, per la sua grandissima cultura, prima di altri si è reso conto dei problemi del pianeta e di altre cose importanti. Quello che forse gli manca è un carisma pop, ma non è importante perché Carlo, insieme alla regina consorte Camilla, ha fatto molto dietro le quinte con attività a favore dei meno fortunati, partecipando personalmente con viaggi continui e presenze».
 

Quindi, che cosa cambierà?
«Poco direi. Cambierà il fatto che la regina molto simpaticamente era una chiara icona pop, basti pensare ai ritratti di Andy Wharol, alle canzoni scritte su di lei, come ‘God Save the Queen’ dei Sex Pistols a “The Queen Is Dead” degli Smiths e altre. Carlo non lo è, ma è un uomo che bada al sodo, è discreto, è stato sempre due passi indietro a sua madre ma è anche quello ha molto condizionato sua madre».
 

Potrà conquistarsi la scena re Carlo? Era in ombra anche vicino a Diana, ma in fondo il re d’Inghilterra è già una figura iconica.
«In Inghilterra Carlo ha già un’immagine molto diversa da quella che noi vediamo da lontano, solo per un brevissimo periodo offuscata da Diana. Basta ricordare che non ha mai risposto alle accuse dell’allora principessa del Galles, neanche alle offese. Non lo ha fatto perché capiva l’importanza del suo ruolo e non poteva scendere su un piano non consono. Se ha meno carisma della regina Elisabetta, non vuol dire che nel tempo non possa costruirselo come ha fatto lei stessa. E non è più lo stesso del ’97 quando morì Diana, perché in questi anni, anche con l’aiuto di Camilla, è cresciuto dal punto di vista mediatico. Ieri è stato accolto con grande calore ai cancelli di Buckingham Palace da un pubblico eterogeneo, come età ed etnie. È il valore della monarchia: è morta la regina, viva il re».
 

’è un attaccamento al simbolo monarchico in sé dice...
«Sì, la monarchia non è in pericolo in Inghilterra, perché è una tradizione.

Ci sono altre sfide per Carlo, tra cui il rapporto con la Scozia e tenere unito il regno. L’altra è tenere uniti gli Stati del Commonwealth, 50 e oltre paesi indipendenti che avevano come punto di riferimento la regina. Sarà in grado Carlo? Io penso di sì. E poi c’è William che studia per diventare re, ma non è ancora il suo momento».

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