Corto Maltese nacque a Genova nel 1967. Il suo autore, il quarantenne Hugo Pratt, si era trasferito nel capoluogo ligure dietro insistenza del costruttore Florenzo Ivaldi, improvvisatosi editore sotto la spinta di un travolgente amore per il fumetto. Corto Maltese comparve per la prima volta sotto forma di naufrago legato a una croce di sant’Andrea, galleggiante sulle onde dell’oceano Pacifico in versione tropicale. La rivista che lo ospitava era “Sergente Kirk”, altro personaggio prattiano scaturito dalla penna di Hector Hoestereld, il formidabile sceneggiatore argentino con cui Pratt collaborò nei suoi anni sudamericani.
Tornato in Italia, Pratt aveva intrapreso una collaborazione con il “Corriere dei Piccoli” ma era alla ricerca del suo personaggio “definitivo”. Corto Maltese si impose come protagonista in corso d’opera: la sua prima avventura, “Una ballata del mare salato”, lo vide crescere di tavola in tavola fino ad affascinare i lettori e, primo fra tutti, il suo stesso autore. Corto Maltese è infatti il risultato, persino inconsapevole, di un’elaborazione dei personaggi maschili prediletti da Pratt, a cominciare dal controverso El Muerto fino al rinnegato Simon Girty, passando per l’alter-ego biondo di Corto, il marinaio veneziano Luca Zane. Il carisma di Corto Maltese ha attraversato da allora 33 romanzi grafici, ripartiti tra lunghe e complesse avventure di caccia al tesoro, e fulminanti racconti brevi in cui compaiono personaggi storici e leggendari come il Barone Rosso.
L'eterno straniero
Ma chi è davvero Corto Maltese? Nella “Ballata” appare da principio come un vero e proprio pirata dei primi del ‘900, riscattatosi grazie a un’evidente propensione per la giustizia, screziata di feromoni romantici (come testimoniato dal primo dei suoi amori impossibili, quello per la giovanissima Pandora Groovesnore).
In sostanza, Corto Maltese è un avventuriero, un apolide, un eterno straniero. Le sue battute sono taglienti, la sua cifra è l’ironia ma il suo distacco dalle cose non è mai completamente cinico; si sposta instancabilmente fra i quattro angoli del pianeta alla ricerca di tesori sepolti e misteriosissimi, sfoggiando un sapere esoterico, pieno di riferimenti a tradizioni antiche, per iniziati. D’altronde, questo era anche il profilo intellettuale di Hugo Pratt, una sorta di Borges della “letteratura disegnata” (definizione del fumetto secondo lo stesso Pratt). L’artista morirà nel 1995, a soli 68 anni, dopo aver consegnato all’industria editoriale mondiale un Corto Maltese sempre più astratto nel segno e filosofico-esoterico nei testi.
Si può dire di Pratt e Corto Maltese ciò che John Lennon disse ai funerali di Elvis: “Il re è morto, ma il rock’n’roll non morirà mai”. Pratt ci ha lasciato ma il suo personaggio continua a vivere in nuove storie che si muovono in due direzioni differenti, una tradizionale e una innovativa. Quella tradizionale è affidata a Juan Diaz Canales e Ruben Pellejero, che in tre volumi realizzati (con un quarto in lavorazione) a partire dal 2015, hanno costruito una continuità letterale con l’opera di Hugo Pratt, in termini stilistici, iconografici e narrativi.
"Oceano nero", il nuovo romanzo
La linea dell’innovazione è invece affidata a due autori francesi, lo sceneggiatore Martin Quenehen e il disegnatore Bastien Vivès, che proprio in questi giorni pubblicano “Oceano nero”, con la supervisione di Patrizia Zanotti, principale collaboratrice di Pratt, erede e garante del suo patrimonio artistico. La mossa più eclatante di “Oceano nero” consiste in un salto cronologico incompatibile con la biografia finzionale di Corto Maltese, nato a La Valletta nel 1887; le nuove vicende si svolgono infatti nel 2001 e ci mostrano un Corto piuttosto giovane, all’incirca trentenne.
Eppure il Corto Maltese di “Oceano nero” è sempre Corto Maltese. Come è possibile? Gli autori francesi in realtà hanno sottoposto il personaggio e il suo mondo narrativo a un’analisi molto lucida, capace di distinguere strutture e sovrastrutture, ponendosi come obiettivo quello di giungere all’essenza di Corto. Tale essenza consiste nel riconoscere le contraddizioni della modernità, vissuta e attraversata in tutte le sue pieghe; l’unico carisma possibile, in un mondo come il nostro, è solcarne i mari perennemente agitati dalla iper-complessità del Sapiens di multiforme ingegno. In questo senso, Corto siamo noi, auspicabilmente.