“Destini”, Clio Evans e Lele Spedicato raccontano in un libro la loro battaglia contro la malattia

“Destini”, Clio Evans e Lele Spedicato raccontano in un libro la loro battaglia contro la malattia
di Eleonora MOSCARA
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Martedì 13 Settembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 00:07

Destini”. Ovvero “due cuori e la vita che vince”. Non poteva avere un titolo diverso il libro firmato dall’attrice Clio Evans e da suo marito Lele Spedicato, il chitarrista dei Negramaro. Un’autobiografia forte, dettagliata, a tratti inaspettata, che attraversa due vite destinate a incrociarsi “nella gioia e nel dolore”, dove l’amore ha la meglio sulle paure più assolute. Il libro è scritto a quattro mani e nasce «in maniera naturale» racconta Clio, «dal bisogno impellente di vuotare il sacco. Di tirare fuori il vissuto, la sofferenza e fare spazio alla vita che cresceva dentro». È stato Lele, il suo amore, a consigliarle di scrivere, conscio delle difficili esperienze attraversate da sua moglie in età giovanissima: «scrivi, scrivi», le diceva, perché «la scrittura può solo essere d’aiuto». Ancora ignaro del fatto che presto, alcuni di quei capitoli, sarebbero stati dedicati anche a lui. Con il racconto delle loro vite e la testimonianza della loro battaglia contro la malattia, Clio Evans e Lele Spedicato mandano un messaggio di speranza e un abbraccio virtuale a coloro che vivono un dramma: «Abbiate pazienza, vivete la vostra tristezza ma non la rabbia, toglierebbe del tempo al recupero di voi stessi».

Clio, nel libro racconti i tuoi problemi di salute da giovanissima, sei riuscita a superarli ma ti hanno segnato per sempre. Cosa ha significato per te la malattia?

«Un fulmine a ciel sereno, ero giovane e in vacanza e tutto mi aspettavo meno che un intervento d’urgenza.

Inizialmente è stato pesante ma, appena mi sono svegliata, ho avuto la sensazione che fosse un evento salvifico. Forse il percorso che stavo intraprendendo nella mia vita non era quello più giusto per me».

Quando hai incontrato Lele hai pensato che la vita ti stesse ricompensando di tutto ciò che avevi patito?

«All’inizio no, non potevo credere che fosse tutto vero. Avevo patito così tanto anche in amore che non credevo fosse possibile che un uomo come lui potesse davvero innamorarsi di me. Poi dopo il matrimonio l’ho pensato eccome».

Quando Lele all’improvviso è stato male, come sono cambiati i pensieri nella tua testa?

«Nella mia testa c’era il caos totale, cercavo di stare con i piedi per terra, di fare il mio dovere di madre e moglie. Non riuscivo a pensare a nulla per non piombare nella paura e nel terrore del domani. Tutto quello che io avevo passato negli anni, lui l’ha racchiuso in dieci giorni. Il contesto della sofferenza di chi ami è più profondo. Per fortuna però, il mio trascorso medico mi consentiva di non impazzire, riuscivo a mantenere la calma».

Come è cambiato il vostro amore?

«Si è rafforzato ancora di più, prima eravamo innamorati e spensierati, poi siamo diventati innamorati consapevoli di avere la gioia anche solo di poter bere un caffè insieme la mattina. Quella consapevolezza che vorrei avessero tutte le persone che si amano».

Qual è oggi il messaggio che vuoi trasmettere con questo libro?

«Quello di reagire alle avversità della vita, e di goderne appieno. Oggi ci siamo, domani non si sa, questa è la mia certezza: la nostra intangibilità davanti allo scorrere degli eventi».

Grazie a questo libro Lele e Clio testimoniano come la malattia non sia sempre e solo un tunnel verso l’oscurità, ma una battaglia vinta grazie alla potenza dell’amore. Se il racconto inizia con le vicissitudini di Clio e i problemi di salute davanti a cui una ragazza di vent’anni, giovane, bella e piena di vita non dovrebbe mai trovarsi, all’improvviso tutto cambia e Lele diventa il protagonista di quelle stesse sofferenze. La storia si fa paradossale e Clio si trova ancora a scrivere di un dolore, diverso ma ancora più forte, quello della sua famiglia, come se tutto quello che lei aveva già attraversato fosse un disegno divino per darle la forza di sopportare quello che non avrebbe mai immaginato. E così arriva quella mattina del 17 settembre del 2018. Lei incinta di otto mesi, lui nel pieno della sua forza fisica si prepara per il nuovo tour con i Negramaro. Insieme nella casa che hanno sempre sognato, nella vita che hanno sempre desiderato. È una mattina come tante, ma improvvisamente lui ha una fitta alla testa e crolla al suolo. Lei guida con il suo pancione dietro l’ambulanza. Lui ha un’emorragia cerebrale, e si sveglierà dal coma solo 10 giorni dopo.

Lele cosa ricordi di quel giorno?

«Un grande mal di testa, passavano i minuti e mi rendevo conto di quanto poco fosse comune un dolore simile. Ero certo di avere bisogno di un’ambulanza. L’ultima immagine che ricordo è Clio a cui chiedo un bicchiere di acqua naturale, lei che mi rassicura e mi dice “Amore, sono qua”, io che le rispondo “Grazie amore, grazie».

Cos’hai provato quando hai scoperto attraverso la scrittura del libro, gli stati d’animo di chi era al tuo fianco?

«In quel momento ho provato il dolore più forte. Capire cosa avevano passato Clio, i miei genitori, la mia famiglia, i miei amici mi faceva male. Più prendevo coscienza e più mi preoccupavo per gli altri».

La tua ripresa è stata miracolosa, cosa ti ha aiutato più di tutto?

«La nascita di Ianko due mesi dopo. Il desiderio di prenderlo in braccio. Ogni mio secondo era dedicato al recupero di un micro movimento solo per lui. E poi la musica e l’obiettivo di salire sul palco e suonare di nuovo la mia chitarra. Sono ripartito da zero, dal giro di Do, ma era la mia vita e dovevo farlo».

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