Addio a Eugenio Scalfari, il saluto della Puglia al grande maestro

Addio a Eugenio Scalfari, il saluto della Puglia al grande maestro
di Claudia PRESICCE
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Venerdì 15 Luglio 2022, 05:00

«Il giornalismo in genere, e il mio in particolare, è un viaggio nel mondo, al di fuori di noi, tra tutto quello che ci circonda, mentre i miei scritti letterari sono un viaggio dentro me stesso. Io ho fatto quindi un viaggio all’esterno di me attraverso il giornalismo e un viaggio all’interno di me con i miei libri…». Eugenio Scalfari, scomparso ieri all’età di 98 anni, raccontava così il suo viaggio a Nuovo Quotidiano di Puglia quando, in una delle sue tante incursioni in Puglia, arrivò a Lecce a presentare il suo “Meridiano” Mondadori, l’opera omnia dedicata agli intellettuali più importanti che per lui era solo uno degli ultimi grandi riconoscimenti di una carriera infinita. Era l’ottobre del 2012, arrivò nella sala più grande, gremitissima, del Multisala Massimo con il giornalista Paolo Mieli; a moderare c’era Gianluigi Pellegrino, avvocato leccese che lo accompagnava spesso nei suoi tour in città. Il titolo del Meridiano dedicato ad Eugenio Scalfari raccontava già il personaggio, e l’uomo: “La passione dell’etica”. 

Un'etica laica contro retorica e moralismi


Discordante sempre rispetto a retoriche o facili moralismi, la sua propensione è stata sempre orientata ad un’etica laica che badasse ai volteggi dell’umana convivenza. «Noi siamo una specie socievole e per convivere con gli altri ci vogliono delle regole che assicurino una certa visione del bene comune – ebbe a dirci – però l’etica è anche cosa molto variabile, da individui, a luoghi, a tempi. La mia passione per l’etica riflette il mio tentativo di studiarla, come ho cercato di studiare tutti gli istinti. La materia del mio pensiero e di tutti i miei libri è lo studio dell’inconscio e di come l’inconscio agisce quando arriva a contatto con la mente…».
Se n’è andato lasciando un grande vuoto nel dibattito culturale italiano di cui era dagli anni Sessanta protagonista, dopo aver superato il mezzo secolo di giornalismo, intensamente, con la sua voce libera sempre in trincea, instancabile ed erosiva fino alla fine.

Eugenio Scalfari, classe 1924, ideatore di giornali, imprenditore, poeta, fine osservatore di vizi e virtù del Belpaese dalla metà del secolo scorso ai nostri giorni, scrittore connesso alla speculazione filosofica, ci ha lasciati ieri, appena due anni prima dei suoi 100. Come per i grandi intellettuali scomparsi, restano a parlare tante scritture che, nel suo caso, sono un viatico illuminante, per i giornalisti soprattutto, tra giornali e tanti libri scevri dalla cronaca rutilante e puntati verso un approfondimento latitante sui media più accelerati. Ma questo la Puglia lo sa bene. 

La laurea ad honorem a Lecce

 

Infatti Scalfari ha sempre tenuto molto a spingersi verso l’ultimo lembo dell’Italia sud-est per portare qui i suoi libri, con una lucidità camaleontica, capace di cavalcare il tempo. Ne ricorderemo alcuni di questi incontri. Certamente un appuntamento decisivo con Lecce fu la Laurea ad honorem dedicata al fondatore di Repubblica da un neonato corso di laurea in Scienze della Comunicazione nel 2005, allora presieduto da Angelo Semeraro. Tra le motivazioni si legge: “Il suo esempio di rigoroso professionista della notizia e dell’opinione, nonché di intelligente operatore editoriale, costituiscono un irrinunciabile approdo per tutti coloro che nelle professioni editoriali vorranno testimoniare un’etica della responsabilità nell’informazione e nella comunicazione…”. 
Come ricorda Stefano Cristante, Delegato del Rettore per Unisalento, in una nota di cordoglio, Scalfari «nell’accettare la laurea honoris causa, dichiarò: ‘ho accettato perché credo sia importante mantenere un contatto diretto con gli studenti soprattutto in questo tipo di studi che coinvolge molto chi come me ha trascorso la vita nei giornali».

Le chiavi della città di Bari

Da allora la frequentazione restò costante, tanto che a Bari ricevette le Chiavi della città nel 2010 dall’allora sindaco Michele Emiliano che oggi, da Presidente della Regione, ricorda: «I tuoi scritti sono e resteranno per tanti di noi un riferimento e una guida, per orientarci nel mondo, per comprenderlo meglio, per conoscere noi stessi, il nostro profondo, per dare un senso alle cose. Essere tuo amico è stato un dono». E anche il Sindaco di Bari Antonio Decaro parla oggi di “un rapporto speciale con la nostra città”. 
La storia racconta che veramente attraversare il sole pugliese divenne un’abitudine per Eugenio Scalfari. Nello stesso anno, in giugno tornò nel Salento con il suo bellissimo testamento letterario “Per l’alto mare aperto” (Einaudi) nella sala del castello di Carlo V, anche lì con gli stessi accompagnatori. È un libro necessario, che in qualche modo segnalava l’avvento di una nuova era e presagiva la fine della civiltà moderna, come l’arrivo dei barbari dopo la fine dell’epoca romana. Spiegò, al nostro giornale, che “quando cambia un’epoca vuol dire che arriva un nuovo popolo che parla un nuovo linguaggio e non riconosce i valori precedenti: nel libro parlo di ‘barbari’, cioè di uomini nuovi, con un’altra lingua, che non riconoscono più il valore della memoria”. In parte intravedeva l’inizio di una nuova epoca, però non poteva basarsi sul linguaggio scarno previsto dai social e dal web. Perché meno parole vuol dire meno pensieri, in sostanza. La partecipazione fu clamorosa. E l’altro appuntamento appena un anno dopo, è del giugno 2011 con il libro “Scuote l’anima mia Eros” (Einaudi): arrivò al Multisala Massimo per parlare di filosofia, religione, letteratura, lasciando la politica fuori dalla porta. “La politica la lascio ai miei articoli” disse, testimoniando di non gradire la miscellanea incongrua tra filosofia, letteratura e cronaca sostanzialmente. Però parlò di egolatria, per lui la principale malattia dell’Italia politica, soffocata da individualismi imperanti e lontana dalla più sana progettualità. Manca già la sua analisi profonda dell’oggi, l’Italia da ieri rimpicciolisce. 

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