Carla Fracci, una vita per la danza
«Mai smettere di studiare»

Carla Fracci
Carla Fracci
di Eraldo MARTUCCI
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Domenica 23 Marzo 2014, 20:00 - Ultimo aggiornamento: 20:29
LECCE - l’ultima vera diva della danza internazionale e l’icona della danza italiana nel mondo: parliamo di Carla Fracci, ospite straordinaria del Balletto del Sud per il terzo titolo della 45ma Stagione lirica della Provincia di Lecce, “Orfeo ed Euridice” di Gluck, in scena il 28 marzo alle 10.30 (matinée per le scuole), sabato 29 alle 20.45 (turno A) e domenica 30 marzo alle 18 (turno B).

Una vita per la danza. È stata più volte sintetizzata così l’eccezionale carriera artistica di Carla Fracci, capace di interpretare oltre 300 ruoli, dal romantico al tragico, fino al lirico. E sempre con immutata passione e rispetto per il lavoro.

Signora Fracci, cosa significa per lei questo ritorno a Lecce?

«È una città che mi piace moltissimo e dove ho fatto tanti spettacoli, all’Apollo in particolare. Portavo l’intera compagnia. Anche perché era un promuovere il repertorio, la tradizione, il balletto, e spaziavamo dai grandi classici come “Giselle” e “Bella addormentata” fino alle proposte contemporanee. E soprattutto portavo lavoro».

Come vede ora il futuro dei giovani nella danza?

«Senza sicurezze, purtroppo. L’importante è difendere questa categoria con orgoglio. L’arte della danza è un arte nobile e non sottovalutata. Ci sono alcune compagnie come quella di Franzutti che sono eccezionali, ma lo Stato cosa fa, cosa pensa di fare? Manca la volontà. Ma le compagnie che offrono un lavoro continuativo sono ancora poche. E questo ci fa perdere talenti. Molti fuggono all’estero. Poi certo bisogna rinnovare la compagnia, fare spazio ai giovani, ma bisogna farlo con molta cautela, perché comunque servono i giovanissimi ma anche i meno giovani in base ai personaggi. Margot Fonteyn, che ho venerato in maniera totale, con il passare degli anni in “Romeo e Giulietta” è stata donna Capuleti, mentre io ero Giulietta».

A proposito di Franzutti, per lei non è una novità lavorare con il coreografo leccese...

«Sono felice di collaborare nuovamente con Franzutti, che ho invitato diverse volte a Roma. Ha vero talento, è intelligente, e lo dimostra anche in questo spettacolo con il mettere in evidenza un aspetto simbolico con riferimenti a Calliope e Tersicore. So che c’è molta attesa e come sempre questo mi crea molta ansia!».

Lei ha dato tantissimo alla danza, ma c’è ancora qualcosa che non è riuscita a realizzare?

«Ci vorrebbe una compagnia nazionale, lo chiedo da tempo e non ho avuto nessuna risposta. Ora accade che le fondazioni liriche, che devono fare anche danza, non hanno più il loro gruppo. Il ballo c’è sempre ma le compagnie sono quasi sempre straniere, di livello per carità, ma non è questo il problema».

Signora Fracci, come è nata la sua grande passione per la danza?

«Ho incontrato questo mondo per caso. Non sapevo cosa fosse un teatro. Alcuni amici di famiglia, vedendomi ballare il tango e il valzer, dissero ai miei genitori: “Perché non la iscrivete alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala? Ha molta musicalità ed anche grazia”. Scoprire questo mondo fu una rivelazione ma è stata una costrizione anche cominciare gli studi di danza classica. A dodici anni però mentre facevo una comparsa nel balletto “La bella addormentata”, vidi Margot Fonteyn e dentro di me scattò una molla. In quell’istante ho capito anche l’importanza di studiare e impegnarmi con sacrificio, per arrivare al livello di Dame Margot Fonteyn. E così ho lavorato tanto, tutti i giorni. Anche ora. Puoi viaggiare, andare ovunque, ma non bisogna ma smettere di studiare. In molti mi chiedono perché continui a farlo. Ed io continuo a rispondere che è necessario farlo tutti i giorni con il maestro che ti corregge. L’insegnamento e l’esercizio sono fondamentali».
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