Una vita per la danza. È stata più volte sintetizzata così l’eccezionale carriera artistica di Carla Fracci, capace di interpretare oltre 300 ruoli, dal romantico al tragico, fino al lirico. E sempre con immutata passione e rispetto per il lavoro.
«È una città che mi piace moltissimo e dove ho fatto tanti spettacoli, all’Apollo in particolare. Portavo l’intera compagnia. Anche perché era un promuovere il repertorio, la tradizione, il balletto, e spaziavamo dai grandi classici come “Giselle” e “Bella addormentata” fino alle proposte contemporanee. E soprattutto portavo lavoro».
«Senza sicurezze, purtroppo. L’importante è difendere questa categoria con orgoglio. L’arte della danza è un arte nobile e non sottovalutata. Ci sono alcune compagnie come quella di Franzutti che sono eccezionali, ma lo Stato cosa fa, cosa pensa di fare? Manca la volontà. Ma le compagnie che offrono un lavoro continuativo sono ancora poche. E questo ci fa perdere talenti. Molti fuggono all’estero. Poi certo bisogna rinnovare la compagnia, fare spazio ai giovani, ma bisogna farlo con molta cautela, perché comunque servono i giovanissimi ma anche i meno giovani in base ai personaggi. Margot Fonteyn, che ho venerato in maniera totale, con il passare degli anni in “Romeo e Giulietta” è stata donna Capuleti, mentre io ero Giulietta».
«Sono felice di collaborare nuovamente con Franzutti, che ho invitato diverse volte a Roma. Ha vero talento, è intelligente, e lo dimostra anche in questo spettacolo con il mettere in evidenza un aspetto simbolico con riferimenti a Calliope e Tersicore. So che c’è molta attesa e come sempre questo mi crea molta ansia!».
«Ci vorrebbe una compagnia nazionale, lo chiedo da tempo e non ho avuto nessuna risposta. Ora accade che le fondazioni liriche, che devono fare anche danza, non hanno più il loro gruppo. Il ballo c’è sempre ma le compagnie sono quasi sempre straniere, di livello per carità, ma non è questo il problema».
«Ho incontrato questo mondo per caso. Non sapevo cosa fosse un teatro. Alcuni amici di famiglia, vedendomi ballare il tango e il valzer, dissero ai miei genitori: “Perché non la iscrivete alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala? Ha molta musicalità ed anche grazia”. Scoprire questo mondo fu una rivelazione ma è stata una costrizione anche cominciare gli studi di danza classica. A dodici anni però mentre facevo una comparsa nel balletto “La bella addormentata”, vidi Margot Fonteyn e dentro di me scattò una molla. In quell’istante ho capito anche l’importanza di studiare e impegnarmi con sacrificio, per arrivare al livello di Dame Margot Fonteyn. E così ho lavorato tanto, tutti i giorni. Anche ora. Puoi viaggiare, andare ovunque, ma non bisogna ma smettere di studiare. In molti mi chiedono perché continui a farlo. Ed io continuo a rispondere che è necessario farlo tutti i giorni con il maestro che ti corregge. L’insegnamento e l’esercizio sono fondamentali».