La magia della canzone nata dai “posteggiatori”

La magia della canzone nata dai “posteggiatori”
di Anita PRETI
5 Minuti di Lettura
Martedì 14 Giugno 2022, 05:00

Quelli che sostengono di non amare Napoli, per via della sua vivacità a volte esagerata, a differenza dell’innamoratissimo pubblico del teatro Fusco di Taranto convocato stasera per la conclusione della stagione del centenario dell’associazione Amici della Musica “Arcangelo Speranza”, dovrebbero trovare il coraggio dirlo (se solo potessero ma ormai è impossibile) a un grande intellettuale francese, Jean Cocteau, il quale durante un viaggio in Italia con Pablo Picasso nel 1917, spiegava al suo interlocutore che solo lì, a Napoli, avrebbe voluto vivere. Oppure potrebbero dirlo a Goethe che riteneva la città “un paradiso” oppure, ancora, a Richard Wagner che volle essere raggiunto in Germania da Giuseppe Di Francesco detto “’o zingariello”, uno dei fantastici musicisti della “posteggia”, quel passare tra i tavoli dei locali nel piccolo tempo di una canzone (da cui il termine “posteggiatori”: tra i più noti e più recenti Massimo Ranieri). Perché, in fondo, di tutta quella straordinaria vivacità napoletana, la parte più sublime è la musica. E, di conseguenza, la canzone.

"Avvenne a Napoli", un libro e un disco

Quel che avvenne a Napoli, nell’epoca d’oro di questa espressione artistica, fornisce un argomento interessante a due napoletani anch’essi di grande caratura: il giornalista Federico Vacalebre e il musicista Eduardo De Crescenzo. Il primo è uno dei massimi conoscitori della napoletanità, alla testa della redazione spettacoli dello storico quotidiano “Il Mattino”; il secondo è tra i migliori esponenti del cantautorato italiano. Il progetto comune, “Avvenne a Napoli” è diventato un libro per Vacalebre pubblicato da “La Nave di Teseo” e un cd per De Crescenzo e il pianista Julian Oliver Mazzariello distribuito dalla Betty Wrong. E così Betty, che sta per Elisabetta, e “Wrong” (parola inglese che significa sbagliato, inesatto ma non c’è nulla di ciò nella storia di Elisabetta Sgarbi fondatrice della Nave di Teseo e direttrice artistica delle edizioni muiscali) ha colpito “ancora” e si potrebbe aggiungere fortunatamente per coloro che hanno preso le distanze dai dilaganti suoni usa e getta. Dopo gli Extraliscio, da lei segnalati all’attenzione, arriva ora il recupero della canzone napoletana dalla quale, tutti lo sanno, discende la canzone italiana.

Venti motivi per raccontare la storia della canzone napoletana tra '800 e '900

Ancora”, poi, è un avverbio caro alla vicenda artistica di Eduardo De Crescenzo che lanciò questa canzone dal palcoscenico del Festival di Sanremo nel 1981 quasi con il tacito accordo (tra l’artista e il motivo) di non uscire mai da una hit-parade celebrativa della bella musica italiana. Nella tracklist del nuovo lavoro di De Crescenzo, ci sono venti motivi che disegnano un arco di tempo dalla prima metà dell’Ottocento agli anni Cinquanta del Novecento e, tra di esse, un’altra canzone da primato: la bellissima “Era de maggio” che Lucio Dalla indicava come una delle più significative nel panorama mondiale, anteponendola addirittura a “Imagine” di John Lennon.

Le creazioni del tarantino Mario Costa

Quello che riempie di orgoglio il pubblico del teatro Fusco è sapere che ne è autore il tarantino Mario Costa (le parole sono di Salvatore Di Giacomo). E Paolo Ruta, presidente e direttore artistico degli Amici della Musica, scegliendo di invitare Eduardo De Crescenzo ha tenuto conto del fatto che tra le venti canzoni del recital ne figurano anche altre composte da Costa: sono “Luna nova” (la prediletta da un pontefice), “Serenata napulitana” e “Scétate”. Un invito a ripercorrere la vicenda del musicista tarantino, studi a Napoli al conservatorio San Pietro a Majella, che dapprima ottempera alla obbligatoria fame a Parigi (alloggio in una soffitta sì ma nei pressi del Bois de Boulogne); poi “il Custiciello” (il soprannome) decolla verso altri scenari, dalla corte d’Inghilterra alla Costa Azzurra.

Ultimo desiderio: il ritorno delle sue spoglie a Taranto. 

Altri sono i grandi nomi della canzone napoletana scelti da De Crescenzo per comporre l’antologia: Tosti, Gambardella, De Curtis, Tagliaferri, Di Capua, E.A.Mario e, se fosse vero, Donizetti per “Te voglio bene assaje”; quindi i parolieri Vincenzo Russo, Libero Bovio, Salvatore di Giacomo, l’ottico Raffele Sacco ricordato per i 150 anni dalla nascita e persino D’Annunzio con “’A vucchella”. Le loro canzoni sono lo specchio della crescita di una città, Napoli, e di una nazione, l’Italia, che nata dal Risorgimento si avviava alla ricerca di quella felicità e di quel benessere sfiorati negli anni del miracolo economico ma passando prima sotto il giogo di due guerre mondiali e del profondo disagio dell’emigrazione italiana. E qui basterebbe ricordare “Munasterio ‘e Santa Chiara” che descrive la distruzione fisica e morale delle cose e della gente, una volta cessati i bombardamenti (Eduardo a riguardo scrisse quel capolavoro che è “Napoli Milionaria!”) e poi “Santa Lucia luntana” con quello struggente inizio “Partono ‘e bastimente/ pe’ terre assaje luntane…”. Tra gli altri motivi, accanto alle imperdibili “Marechiare”, “Voce ‘e notte”, “I’ te vurria vasà” ci sono “Uocchie ch’arraggiunate” che tanto piaceva a Eduardo De Filippo e “Passione” che ispirò a John Turturro un documentario sulla canzone napoletana.

Federico Vacalebre che la conosce alla perfezione ed è il biografo del primo rivoluzionario, Renato Carosone, sostiene che per un’antologia di questo genere non potesse esserci che un interprete, Eduardo De Crescenzo, in quanto ha Napoli nel dna (non solo perché è nipote dell’autore di “Luna Rossa” ma per la tanta musica suonata sulla sua fisarmonica fin da quando aveva cinque anni). De Crescenzo adesso fa della tracklist del cd una filigrana di bellezza insieme al pianista dell’italo britannico Julian Oliver Mazzariello, in momentaneo allontanamento dall’amato jazz. Insieme compongono via via quella “passione per voce e piano” che è la vera sostanza del concerto. Un omaggio, dichiara Eduardo De Crescenzo, ai tanti artisti che “per la prima volta, riuscirono a parlare al colto e all’inclita e fecero di Napoli la città dei musicisti e dei poeti, la meta più ambita da tutti gli artisti e gli intellettuali del tempo”. In fondo lo è ancora oggi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA