Rivoluzione al Valle d’Itria, Triola lascia. Inizia l’era Schwarz

Rivoluzione al Valle d’Itria, Triola lascia. Inizia l’era Schwarz
di Anita PRETI
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Mercoledì 11 Agosto 2021, 05:10 - Ultimo aggiornamento: 15:25

Le rivoluzioni si fanno in silenzio, o almeno così vengono pensate, ma poi producono un grande rumore. Per la quarta volta il Festival della Valle d’Itria, orgoglio di Martina Franca e della cultura musicale italiana, cambia la sua guida. Alberto Triola, da dodici anni direttore artistico della prestigiosa rassegna, ha dato ieri le dimissioni dall’incarico. Al suo posto arriva Sebastian Schwarz, già sovrintendente e ora direttore artistico del Regio di Torino. Nell’ambiente musicale internazionale questo avvicendamento è una specie di tifone, solleva pensieri, opinioni, commenti. E, come nella natura di un evento meteo, arriva inaspettato appena cinque giorni dopo la conclusione del Festival. 
Giunto alla sua 47esima edizione il Valle d’Itria aveva mietuto, come sempre, apprezzamenti e consensi. 

Le dimissioni di Alberto Triola 


Alberto Triola, che nel contempo è sovrintendente della Fondazione Toscanini di Parma, incarico che richiede attenzione ed impegno, ha rilasciato ieri una lunga dichiarazione in parte della quale afferma: «Lascio il Festival della Valle d’Itria dopo dodici intensissimi e splendidi anni. Il bilancio del lavoro fatto sarà scritto a tempo debito, ma vorrei ricordare le 51 produzioni mandate in scena, di cui 7 di opere novecentesche e 4 di autori contemporanei in prima rappresentazione. Il repertorio esplorato va dal Seicento a oggi e comprende 40 diversi compositori, tra i quali tutti i principali della scuola napoletana. Sono centinaia gli artisti con cui ho condiviso questo percorso. Lascio la direzione artistica nelle mani di un caro amico prima ancora che di un validissimo collega: sono sicuro che il festival vivrà con lui molti altri anni di luce. L’ultimo pensiero va al presidente Franco Punzi e a tutti gli amici e alle persone con cui ho percorso questo lungo tratto di vita, alle maestranze tecniche e a chi opera con generosità davvero ammirevole dietro il palco. E poi c’è Martina Franca: il suo abbacinante bianco, con tutto quello che contiene, è ormai una seconda casa: ha fatto breccia nella mia vita e certamente non smetterà di farne parte». E lo storico presidente del Festival Franco Punzi a sua volta dichiara: «Il capitolo caratterizzato dalla direzione artistica di Alberto Triola è stato lungo e portatore di grandi successi e a lui va la nostra più profonda gratitudine per il lavoro svolto.

Siamo certi che Schwarz saprà raccogliere la sfida di ulteriore proiezione della manifestazione martinese in contesto internazionale e la sua nomina, a pochi giorni dalla chiusura del Festival 2021, è segno di una volontà ferrea: quella di avviare sin da subito i preparativi per le edizioni a venire».

Il bilancio degli ultimi anni


I più assidui frequentatori della rassegna ricordano infatti che una volta, per esempio vent’anni fa, a questo punto dell’estate, a conclusione del Festival, circolavano già i titoli scelti per l’edizione successiva. Ma, una volta, molte cose erano diverse. Per esempio, quando regnava Rodolfo Celletti, primo direttore artistico del Valle d’Itria, i registi godevano di un appellativo implacabile scelto con cura dal rude ciociaro Celletti: “scimmie platirrine”, cioè fastidiosi come gli agili primati. L’edizione di quest’anno del Festival ha registrato grandi lodi sul piano musicale e qualche bordata per le regie. Il che, comunque, è diffusa opinione tra i veri appassionati d’opera (ed anche tra illustri direttori d’orchestra) stufi delle regie “moderne”. E, sempre una volta, alla musica “moderna”, se non proprio contemporanea, non era concesso il passaporto per il Festival. Chiaramente il Valle d’Itria ha cambiato volto, ma è passato anche mezzo secolo. E qualche volta è proprio necessario cambiarsi d’abito. Oppure no, pensa qualcuno: chissà che la vecchia zimarra non sia ancora buona. 

L'arrivo del direttore del Regio


Ora, nell’ambiente musicale, sale l’attesa per quel che vorrà fare Sebastian Schwarz, quarantasettenne di area tedesca (ma da molti anni residente in Italia) che può vantare finora illustri collaborazioni (tra festival, teatri, accademie, istituzioni concertistiche). Conosce e parla fluentemente otto lingue. Gli toccherà imparare subito il martinese, se intende farsi capire. 

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