Nobiltà e marketing all’ombra di un boia

Nobiltà e marketing all’ombra di un boia
di Claudia PRESICCE
5 Minuti di Lettura
Lunedì 27 Giugno 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13:14

“Sia chiaro, io non smanio dalla voglia di mettere davanti al mio nome una qualifica di conte o di marchese. Quella coroncina, se mai riuscirai a rintracciarla, voglio metterla sopra il marchio dei miei prodotti per lanciare il messaggio che quella che noi produciamo è seta degna di un re”. Ipse dixit.

Per questo intento, pressoché inequivocabilmente riconducibile a un’operazione di puro marketing tipico di una contemporaneità che concentrata su loghi e forme (e molto meno sui contenuti), per vendersi meglio sul mercato escogitando malie efficaci l’imprenditore Ferdinando Brusapaglione decide di affidare l’incarico di indagare sulla propria storia familiare al giovane genealogista Carlo Maria Beccuti. È a caccia di una presunta nobiltà familiare spendibile per far crescere l’immagine della sua azienda.

È l’inizio del godibile sorprendente intreccio dell’ultimo brillante romanzo di Bruno Gambarotta, dal titolo non casuale (e si capirà leggendo) “L’albero delle teste perdute”, pubblicato da Manni Editori.
E però, chi lo sa che cosa può scoprirsi se si indaga sul proprio cognome, andando a spiare all’indietro nei secoli? In pochi in realtà conoscono le loro lontane origini, e se le conoscono è perché ci sono tracce storiche generalmente nobili, ci sono quadri di famiglia e archivi con documenti, epistolari e testimonianze. Per gli altri invece, spesso, è meglio lasciar perdere, e non solo per la difficoltà dell’impresa. In casi analoghi a quello di questo romanzo, si tratta di evitare che al posto delle patrizie origini compaiano invece delle bizzarrie. Pensiamo a mestierucoli a cui tanti avi si sono dedicati e che ora, ormai scomparsi, appaiono strampalati, o anche proprio inadeguati. Ma non di questo qui trattasi. Qui la partita è altra, e ora si svela perché già è ben spiegata nella quarta di copertina del libro. Recita così: “Un conto è sentirsi dire che fra i tuoi antenati non ci sono nobili. L’altro conto è scoprire che discendi da uno che faceva rotolare le teste nel paniere...”. Ecco qua.

L'ultimo boia di Torino

Se tale mestiere rientra di fatto tra quelli sopracitati, scomparsi-strampalati-inadeguati, qui ci sarebbe da aggiungere ben altro: odiosi e inquietanti per esempio. A tutti insomma sconcerterebbe la scoperta che il nonno del caro nonno discenda da uno che faceva il mestiere del boia. E per la precisione era pure famoso perché l’ultimo boia di Torino, che durante l’era napoleonica giustiziò oltre cinquecento condannati a morte prima di cambiare nome e ritirarsi a vita privata. Forse un convinto serial killer potrebbe pure provare empatia per l’ardito avo, ma gli altri... Tant’è.
La storia dell’imprenditore e del suo genealogista però sarebbe già finita qui, viste premesse “ipse dixit” e relativo desiderio di gloriarsi della progenie da cui si credeva discendere. Ma, come si sa, il mondo oggi va spesso all’incontrario. E con tanta sagacia lo ha dimostrato ben bene negli sviluppi di questa bella storia il nostro abile Gambarotta.
Infatti i setaioli che ambivano a scoprire antenati illustri, si scoprirà nella lettura che potranno comunque usufruire in qualche modo fruttuoso del progenitore… boia.

Tutto è lecito nel mondo del marketing

L’economia, si sa, conosce leggi che noi umani non abbiamo mai visto. E tutto, anche quella che potrebbe essere una miserevole vergogna familiare, può essere cavalcato nel meraviglioso mondo del marketing. Perché non potersi giocare meglio le carte come insegna l’etica impazzita mossa da ingranaggi sempre meno umani? Se ci guardiamo bene intorno, di elementi di dubbio gusto ne troviamo a iosa tra loghi, pubblicità, trovate geniali per vendere meglio, potentissimi influencer compresi ingaggiati dai marchi più gettonati.
E perché allora non enfatizzare e sfruttare una condizione che non è neanche evitabile? Solo qualche esempio perché il libro è denso e tutto da leggere: foulard di seta col volto stampato di Maria Antonietta, e pure una bella ‘partita del cuore’ tra amanti della ghigliottina contro forcaioli, perché ci sono ancora nel grande Belpaese, patria del Cesare Beccaria che pochi ricordano ancora chi sia, tanti cittadini favorevoli alla pena di morte (purtroppo).
Sullo sfondo l’amore che vola è un altro registro del libro, serio questo per quanto può esserlo un sentimento capace di sorprendere sempre, un giorno per caso. Carlo Maria sarà, in un romanzo colorito da vari personaggi, l’uomo che terrà in piedi quest’altra faccia della storia, nonostante la sua totale assenza di arditezza. E anche nonostante una mamma manager rampante che, come affascinata dalla più rutilante corrente modaiola della società, gradirebbe un figlio con tutt’altra estetica dello studioso curvo sui libri: più macho, magari tatuato e certo meno secchione.

D’altronde dove mai si è visto oggi un influencer o un personaggio considerato “vip” che sponsorizzi la categoria “topo da biblioteca”? Non esiste, se mai c’è stata questa categoria si è estinta nel mondo delle apparenze fondamentali. E una mamma deve o non deve sempre aiutare il suo figliolo spingendolo al meglio nel pianeta in cui dovrà competere, emergere, vivere? Gambarotta a scrivere di queste cose si sarà divertito quanto il lettore si divertirà a leggere questa storia, toccante alla fine e tremendamente verosimile. Da far ridere di paura, pure più paura del boia ottocentesco.

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