Blanca, nuova indagine: la scrittrice Patrizia Rinaldi torna in libreria con la detective non vedente

L'attrice foggiana Maria Chiara Giannetta che interpreta Blanca
L'attrice foggiana Maria Chiara Giannetta che interpreta Blanca
di Titti MARRONE
4 Minuti di Lettura
Sabato 15 Gennaio 2022, 12:13 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 13:44

«Siamo tutti diversamente abili, la vita ci leva pezzi, fa come le pare». Eccola, la frase-paradigma di Patrizia Rinaldi, la più adatta a racchiudere ispirazione, senso e segreto racchiusi nel personaggio della sua detective ipovedente. Transitata dai libri a una celebrata fiction Rai interpretata dall'attrice foggiana Maria Chiara Giannetta, la commissaria di polizia selvatica, l'amazzone guerriera e in verità tenerissima inventata dalla scrittrice napoletana, torna in campo nell'ultimo libro, Blanca e le niñas viejas con una nuova indagine.

Il nuovo volume sulle indagini della poliziotta

Come una persona vera su cui il tempo lascia le sue tracce, appare maturata rispetto ai libri precedenti, meno ruvida, forse ancora più solitaria e taciturna, quasi la fatica di vivere avesse lasciato in lei scorie interiori non esibite per pudore ben nascosto. Ed è questo il difficile punto di equilibrio del suo personaggio, in bilico tra l'esigenza di credibilità, dunque di realismo, e un suo connotato di creatura quasi magica amplificato nella fiction ma attribuito con mano delicata nelle pagine scritte.


Patrizia Rinaldi trova quell'equilibrio perché fa di Blanca una persona vera. Non semplicemente una disabile e nemmeno un essere dotato di qualche superpotere: i suoi occhi ciechi sono un escamotage letterario o, se si preferisce, una metafora. Sono le stimmate di una diversità che riguarda tutte le donne obbligate, in un mondo a dominio maschile, a padroneggiare realtà rese a loro oscure. A tale connotato, la creatrice della detective ipovedente aggiunge, in questo come negli altri romanzi della serie, un'osservazione della contemporaneità capace di stemperare il gioco fantasioso del giallo ampliando l'orizzonte della trama.


E se ne "La danza dei veleni" il racconto s'inseriva nel traffico di contrabbando degli esseri umani, stavolta l'ambiente prescelto è quello del mondo a parte degli amanti del tango. Tutto comincia dal ritrovamento di due cadaveri nella palestra di una scuola di Pianura, quartiere alla periferia nord di Napoli: si tratta di Carminia e Berenice, due tanguere appassionate, maestre della danza più seduttiva che ci sia. Sono due donne avanti con gli anni, dalla pelle avvizzita e i segni di antiche bellezze sopravvissute nei loro sguardi ardenti e nel portamento da regine.

Ma sono, appunto, due regine assolute specialmente Carminia ambìte da chiunque ami il tango e capaci ancora di sprigionare sulla pista un fascino senza pari. Rinaldi annota che il tango argentino non bada all'anagrafe e anzi apprezza sopra ogni altra la bellezza appassita quando si coniuga con l'esperienza e la maestria. Così, scavando nel passato delle vittime, la detective scopre le scie di desiderio che le due, e soprattutto Carminia, sanno lasciare dietro di sé. Fino ad affatturare il giovane Saverio Leopoldi Bignone, diviso tra entrambe e sulle prime principale indiziato del doppio omicidio.


Nell'intrico della trama spunta l'ombra di un bambino che, suo malgrado, ha visto troppo, e qui la nuova Blanca mostra un'inedita vulnerabilità e vocazione alla protezione. La disobbedienza sua e dell'autrice alla regola base dei protagonisti dell'inflazionato genere del giallo seriale, quella che siano sempre uguali a se stessi, viene così infranta a vantaggio di una nuance di umanità in più maturata nella detective.


Per il resto, i personaggi sono quelli di sempre: il fascinoso e tormentato Liguori, eterno ragazzo invecchiato male, il commissario Martusciello provinciale arguto, il bigamo agente Carità, la figlia adottiva Ninì resa più inquieta dal procedere verso la prima giovinezza, il cane di casa. Poi c'è il misterioso Uomo Giovane, tormentato da un conflitto insanabile con la madre, e c'è il Poeta. E infine, sopra tutti, c'è una Napoli corporea, che partecipa alla storia apparecchiando scenari di strade, tramonti e albe sul golfo espliciti come stati d'animo.
La città s'insinua anche nella lingua letteraria di Patrizia Rinaldi: è una lingua opulenta e mai ridondante, intessuta di lemmi, sonorità e cadenze in napoletano, che si salda ai singoli personaggi caratterizzandoli con efficacia e scorrendo nelle pagine a costruire fondali fisici ed emozionali espressivi. Ed è proprio la scrittura a rendere gradevole la lettura, anche a chi non fosse particolarmente appassionato ai gialli né interessato al proliferare di commissari, detective e poliziotti seriali.
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