Berengo Gardin e l'Italia narrata nelle vere foto: la mostra a Otranto

Berengo Gardin e l'Italia narrata nelle vere foto: la mostra a Otranto
di Luciano Maria PAOLI
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Mercoledì 15 Luglio 2020, 09:52 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 22:03
«Quando fotografo amo spostarmi, muovermi. Non dico danzare come faceva Cartier-Bresson, ma insomma cerco anch'io di non essere molto visibile. Quando devo raccontare una storia, cerco sempre di partire dall'esterno: mostrare dov'è e com'è fatto un paese, entrare nelle strade, poi nei negozi, nelle case e fotografare gli oggetti. Il filo è quello; si tratta di un percorso logico, normale, buono per scoprire un villaggio ma anche, una città, una nazione. Buono per conoscere l'uomo».

Gianni Berengo Gardin ha quasi 90 anni (li compirà il 10 ottobre prossimo) e lo spirito di un ragazzino. Nato a Santa Margherita Ligure (ma solo perché i miei genitori si trovavano lì in vacanza), è cresciuto e ha studiato a Venezia e al mondo della fotografia, prima passione, poi lavoro, è approdato quasi subito, appena ventenne. Dopo essersi trasferito a Milano si è dedicato principalmente al reportage, all'indagine sociale, alla documentazione di architettura e alla descrizione ambientale. E' stata proprio questa specializzazione che nel 1979 lo ha portato alla collaborazione con un altro personaggio di grande carisma e straordinaria fantasia, l'architetto Renzo Piano. Accanto a lui, ha seguito e documentato tutte le diverse fasi di realizzazione dei più importanti progetti architettonici.

Gianni Berengo Gardin è il fotografo che forse più di tutti ha raccontato il nostro tempo e il nostro Paese negli ultimi cinquant'anni. La sua vita e il suo lavoro costituiscono una scelta di campo, chiara e definita: fotografo di documentazione sempre, a tutto tondo e completamente. Essere fotografi per lui significa assumere il ruolo di osservatore e scegliere un atteggiamento di ascolto partecipe di fronte alla realtà, così come hanno fatto i grandi autori di documentazione del Novecento. Vera fotografia è il timbro che autentica il retro di ogni stampa fotografica di Gianni Berengo Gardin. Ma è soprattutto la chiave per far comprendere quanto le sue immagini siano vere e non illustrazioni, come direbbe lui: cioè, non frutto di elaborate manipolazioni, ma frammenti di realtà colti da uno sguardo attento e partecipe.

Una produzione enorme la sua: Gianni Berengo Gardin ha pubblicato oltre 250 volumi e le sue opere sono state organizzate in molte importanti mostre internazionali. Nel 1995 ha vinto il Leica Oskar Barnack Award, il prestigioso riconoscimento che dal 1979 viene assegnato a fotografi professionisti i cui infallibili poteri di osservazione catturano ed esprimono il rapporto tra uomo e ambiente.

Una scelta oculata e significativa di 85 tra le sue fotografie più famose sarà in mostra da domani sera all'interno del Castello Aragonese di Otranto. Curata da Alessandra Mauro con il coordinamento di Lorenzo Madaro, prodotta da Mostrelab, promossa dal Comune di Otranto e organizzata da Mostrelab, Contrasto e Fondazione Forma per la fotografia, la mostra dal titolo Vera fotografia. Reportage, immagini, incontri resterà aperta fino al 20 novembre.

«Osservando le fotografie di Berengo Gardin come possibili tracce - spiegano gli organizzatori - noi costruiamo una mappa complessa e affascinante di tanti possibili percorsi ritrovando le emozioni che quelle immagini hanno generato. Sono sentieri che a volte conosciamo ma che possono ramificarsi in nuove strade e rivelare altre deviazioni, a volte inaspettate. Seguirle significa partire sempre, ogni volta, per un nuovo viaggio».
«Nonostante i problemi generati nell'organizzazione degli eventi dal coronavirus abbiamo lavorato intensamente per continuare a offrire ai nostri turisti la qualità dei servizi culturali degli altri anni - aggiunge il sindaco di Otranto Pierpaolo Cariddi - così siamo pronti a ospitare nel Castello Aragonese la mostra Vera Fotografia di Gianni Berengo Gardin, fotografo italiano che ha fissato nei suoi scatti la nostra Italia degli ultimi decenni, nelle sue componenti migliori ma anche nelle parti da migliorare».
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