Wagner e l'Olandese Volante strappano applausi al Petruzzelli

Wagner e l'Olandese Volante strappano applausi al Petruzzelli
di Eraldo MARTUCCI
4 Minuti di Lettura
Lunedì 22 Gennaio 2018, 21:45 - Ultimo aggiornamento: 21:47

“Der Fliegender Hollander” apre ed è grandissimo successo: il primo vero capolavoro di Richard Wagner, titolo inaugurale della Stagione d’Opera 2018 della Fondazione Petruzzelli, è stato infatti accolto da calorosi e meritatissimi applausi ieri sera nello splendido teatro barese. Si replica domani, il 26, 27 e 28 gennaio.
In generale la presenza di Wagner non è mai stata particolarmente frequente nei due principali teatri pugliesi, e di fatto il “Lohengrin” del 1906 andato in scena nella traduzione italiana sia a Bari che al Politeama Greco di Lecce è restato per molto tempo un unicum. Ma se “L’olandese volante” ha rappresentato una novità assoluta per il palcoscenico barese, l’opera romantica del genio tedesco era già stata rappresentata al Politeama Greco nel 2009 con un risultato apprezzabile.
L’esecuzione di un’opera wagneriana è sempre irta di numerose difficoltà, ma quella ascoltata ieri è stata strepitosa sotto tutti i punti di vista. Merito intanto dei due protagonisti, ad iniziare dalla bravissima Maida Hundeling nella parte di Senta, quanto mai complessa sia nella regione centrale e grave della voce che in quella acuta. Ebbene, il soprano tunisino ha superato senza sforzo tutte le asperità del ruolo sfoggiando un registro acuto fenomenale, e ha onorato tutte le esigenze dinamiche previste dal compositore sia nei duetti che nella celebre ballata che, come Wagner stesso sottolineò in più occasioni, rappresenta il cuore dell’opera anche per la posizione assiale (parte centrale dell’atto centrale) che ricopre.
 

 

Di grandissimo livello è stata anche l’interpretazione di Tomas Tomasson, bass-bariton dalla voce compatta per tutta l’estensione, dalle note gravi piene e sonore agli acuti incisivi.   Autorevole in scena, ha conferito al suo personaggio una umanità amara e disillusa, molto moderna nell’allontanarsi da quell’aurea fiabesca con cui nasce questo lavoro. Efficaci Yorck Felix Speer nella parte di Daland e Brenden Gunnel in quella di Erik. Completavano adeguatamente il cast Kismara Pessatti e Cameron Becker.
Per molto tempo considerato dall’ortodossia wagnerista un “Musikdrama” embrionale, “L’olandese volante”, nello sfruttare le forme convenzionali dell’opera tradizionale, in realtà le asservì agli scopi che Wagner già vedeva chiaramente per definire un proprio ed inconfondibile mondo poetico e teatrale. Nel quale ovviamente il flusso musicale, se ancora non raggiunge la continuità che avrà nel “Ring”, pur tuttavia ne costituisce una parte essenziale, che la strepitosa direzione di Giampaolo Bisanti, sul podio dell’ottima Orchestra del Petruzzelli, ha messo pregevolmente in risalto nei momenti più attesi dell’opera (e non solo) quali l’ouverture, il monologo dell’Olandese, la Ballata di Senta, il duetto Der Hollander-Senta e gli episodi corali del terzo atto, in cui peraltro il Coro del Petruzzelli, ben diretto da Fabrizio Cassi, ha offerto una prova di grandissimo livello.  
Regia, scene e costumi sono stati firmati da Yannis Kokkos, che ha ripreso ed integrato l’allestimento pensato per Bologna nel 2000.
Oggetto allora di contrastanti e opposti giudizi, la scena con lo specchio inclinato che funge da parete di fondo e riflette il piano del palcoscenico con l’aggiunta delle proiezioni a cura di Eric Duranteau, è risultata oggi più che mai di una suggestiva modernità, anche grazie alle impeccabili luci di Guido Levi (il cui disegno è stato ripreso da Daniele Naldi). Rendendo così ancora più chiaro perché la critica e la musicologia più avvedute hanno avvicinato il teatro di Wagner a quello del coevo Ibsen. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA