Addio a Yntema, l’olandese che amò studiare il Salento

Addio a Yntema, l’olandese che amò studiare il Salento
di Francesco D'ANDRIA
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Giovedì 2 Aprile 2020, 21:55 - Ultimo aggiornamento: 21:59
A rendere ancora più triste queste grigie e piovose mattinate, nella reclusione domestica da CV19, è giunta la notizia che, ad Amsterdam, si è spento Douwe Yntema. Il Salento perde un amico, grande, gentile e sapiente. Il suo lavoro di archeologo si era, sin dall’inizio della sua carriera, indirizzato allo studio delle culture antiche dell’Italia meridionale; conosceva in modo straordinario le produzioni ceramiche della Magna Grecia e dei vari popoli che abitavano questa parte del Mediterraneo, ma il suo occhio guardava in particolare al Salento e, già nel 1974, aveva scritto, nella principale rivista olandese di archeologia, un saggio dedicato proprio alla ceramica dipinta della Messapia ed alle trozzelle. 

La nostra profonda amicizia era nata proprio da quell’articolo, che io avevo commentato nel volume su Leuca (1978), con una garbata critica sulla necessità di uscire dal metodo tipologico per avviare una ricerca moderna sui contesti, insediamenti, territori in cui queste ceramiche erano state prodotte. Mi aveva subito scritto dichiarandosi d’accordo con questa impostazione ed era immediatamente scattato l’invito a partecipare agli scavi che stavano per avere inizio a Cavallino, nell’ambito di una Convenzione tra Università di Lecce, Scuola Normale Superiore di Pisa ed École Française di Roma; una presenza olandese non poteva che rafforzare il quadro internazionale.

Iniziò così una vicenda che ha portato risultati decisivi alla conoscenza delle culture, degli abitati e del territorio messapico. Dopo Cavallino iniziarono gli scavi ad Otranto, nel cantiere 3, dove era emersa una stratigrafia dell’età del Ferro: i vari livelli del IX, VIII e VII secoli a.C. restituivano, per la prima volta, materiali greci e indigeni in associazione. Un’occasione unica per poter datare anche le produzioni ceramiche più antiche della Messapia e dalle discussioni con Douwe, nelle aule nella Scuola Elementare di Otranto dove erano sistemati i partecipanti allo scavo, nacque il suo libro “The Matt-Painted Pottery of Southern Italy” (1990), che volli fosse pubblicato nella serie del Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Lecce, un’opera fondamentale che raccoglie per la prima volta tutte le ceramiche dipinte dell’Italia Meridionale in una classificazione complessiva. Era questo il primo manuale dedicato a questi materiali, ancor oggi di validissima consultazione, ineludibile per qualsiasi lavoro che si occupi delle culture dell’Italia meridionale pre-romana. 

Intanto Yntema aveva ottenuto la cattedra di Archeologia classica presso la Libera Università di Amsterdam, e, grazie al progetto Erasmus, si erano attivati numerosi scambi di docenti e di studenti lungo la rotta Lecce-Amsterdam. E i nostri avevano anche partecipato, nel 1985, agli scavi archeologici nell’Olanda meridionale, in una villa di età romana ad Hoogeloon, nel Nord Brabante, lungo il limes del Basso Reno. Un’esperienza indimenticabile per il metodo di scavo, completamente diverso da quello praticato nel Mediterraneo, sfogliando con speciali pale di alluminio il candido banco di sabbia per far emergere le tracce, a dire il vero labili, delle antiche costruzioni in legno. 

In quegli anni l’attività di Douwe si intensificava man mano che veniva a costituirsi ad Amsterdam un’equipe di giovani archeologi suoi allievi, che hanno indubbiamente portato da noi forti elementi di innovazione metodologica, concentrando la loro attività nel Brindisino. A Oria in particolare, dove la prospezione sistematica del terreno portò alla pubblicazione di un fondamentale volume dal titolo “In Search of an Ancient Countryside” (1993), in cui concetti come archeologia del territorio e dei paesaggi, modelli interpretativi degli insediamenti, come quello dell’agrotown, diventarono parte della riflessione comune, rinnovando gli approcci interpretativi e ponendo nuovi obiettivi alla ricerca sul campo. Seguirono i progetti di scavo a Valesio e poi nel sito, fondamentale per le tematiche della colonizzazione greca in Italia, di L’Amastuola (Crispiano), sempre seguiti da pubblicazioni monografiche ineccepibili che costituiscono oggi la base di ogni studio futuro sull’archeologia del Salento.

Sempre l’attenzione di Yntema seguiva le attività che le varie equipes internazionali (francesi, inglesi, australiane etc, in collaborazione con Lecce) svolgevano nei nostri territori così ricchi di storia, proponendo alla discussione temi, anche provocatori, sul modo di interpretare il fenomeno della “colonizzazione” greca in Italia o delle vicende seguite alla conquista romana, spingendo alla verifica e alla discussione di tanti concetti che molti davano per scontati. E i convegni di Taranto dedicati a questi temi non potevano sfuggire agli spunti che ci venivano dalla sua opera scientifica e dalle ricerche sul campo che i suoi allievi continuavano a svolgere da noi. 

La sua figura scientifica era ormai divenuta un punto di riferimento internazionale e in Olanda egli aveva assunto impegni sempre più prestigiosi in varie commissioni presso il Ministero della Pubblica Istruzione, giungendo sino alla carica di vice-presidente dell’Accademia Reale delle Arti e delle Scienze. Dopo il pensionamento, divenuto Emerito della sua Università, aveva voluto rinunciare a ogni incarico, dedicandosi alla sua passione per l’ambiente e alla lettura dei classici latini. 

In una lettera di questi ultimi anni, in cui lo invitavo a venire da noi, mi scriveva nel suo italiano perfetto: “Finora non ho deciso di tornare in Italia. Le memorie di questa fase della mia vita sono bellissime… lascio il campo ai più giovani. Tocca a loro decidere sul futuro dell’archeologia e delle scienze umane”. E infatti i suoi allievi, come Gert-Jan Burgers, continuano a coltivare la sua passione per il Salento e l’Italia meridionale, con progetti di grande impatto sociale e culturale, come quello nel sito messapico di Muro Tenente, tra Mesagne e Latiano. Si è costituito così un Parco Archeologico di straordinaria rilevanza che promuove la difesa dei beni culturali del territorio, in stretta relazione con le istituzioni locali e il coinvolgimento dei nostri giovani: un esempio concreto di Archeologia Pubblica, attenta al valore dell’impegno civile nelle nostre attività.

Una carriera di grande prestigio quella di Yntema e che ha segnato profondamente i nostri studi, sostenuta però da una personalità lontana da ogni manifestazioni di superbia intellettuale e ricca di un humour particolare, amichevole e mansueto. Negli anni di Cavallino, dopo lo scavo di una trincea stratigrafica nelle case messapiche del fondo Pero, insieme con lui e Mario Lombardo eravamo intenti a osservare la sezione per interpretare le varie fasi e Douwe a un certo punto esclamò: “E’ troppo piccola!”, e Mario: “La trincea? Pensi che dobbiamo allargarla?” a cui seguì immediata la replica di Douwe: “No, la mia testa, per capire tutto questo”.
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